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Aiutare i ragazzi per uscire dalla quarantena: i servizi educativi del Centro Tandem

«Risulta necessario costruire proposte e attività che non si perdano nella fluidità delle piattaforme, nella freddezza di uno schermo o nel limbo di una chat di gruppo, ma che possano rappresentare un orizzonte di senso condiviso»

«Trarre fuori. Mai come in questo periodo il significato etimologico, di senso e d’azione del lavoro educativo risuona fondamentale. La quarantena, infatti, ha imposto ai servizi educativi di reinventare i propri interventi, di riflettere sulle proprie metodologie, acquisire competenze tecniche, ricalibrare obiettivi e sondare nuovi bisogni specifici, cercando di comprendere il modo migliore per “esserci”. E’ proprio nell’ambito di questa rinegoziazione generale che il confronto con i nostri ragazzi diventa ancora più importante e quel “trarre fuori” risulta necessario per costruire proposte e attività che non si perdano nella fluidità delle piattaforme, nella freddezza di uno schermo o nel limbo di una chat di gruppo, ma che possano rappresentare un orizzonte di senso condiviso». Inizia così la nota inviata dal Centro Educativo Tandem, una realtà per minori dagli 11 ai 18 della cooperativa Casa del Fanciullo.

«Come educatori, operanti al centro educativo Tandem della cooperativa Sociale, Casa del Fanciullo, la prima difficoltà è stata quella di fare a meno del luogo fisico in cui lavoriamo, poiché è difficile sostituire un luogo di relazione così complesso. E’ difficile sostituire l’osservazione, la vicinanza, la varietà dei momenti, degli eventi, delle espressioni, dei bisogni e delle emergenze che in quel luogo trovavano quotidianamente espressione. La nostra prima preoccupazione è stata dunque quella di mantenere il contatto con i bisogni dei nostri ragazzi e garantire a loro la nostra presenza. Il Tandem ha 40 posti divisi tra un gruppo di ragazzi frequentanti le scuole medie e un gruppo frequentante le scuole superiori; 24 posti sono in convenzione con il Comune di Piacenza e dal 15 aprile, insieme ai Centri educativi delle cooperative Eureka ed Oltre insieme a noi in Ati, anche con loro abbiamo ripreso tutte le attività anche se da remoto».

«Uno dei primi bisogni che abbiamo rilevato dai nostri ragazzi è stato quello di sostegno e di relazione. Essere insieme a distanza non è facile, non tanto perché non si possa dialogare, ma poiché le relazioni non si costruiscono solo a parole, ma anche e soprattutto, nei gesti, nei momenti di gioco e nel vivere insieme gli eventi di ogni giorno. Da subito abbiamo cercato di sostenere i nostri ragazzi con una serie di videochiamate quotidiane in singolo e in gruppo. Le videochiamate sono ben presto diventate un rito quotidiano, un’occasione per svolgere i compiti insieme, per chiacchierare, ma anche per condividere i propri vissuti, sia con gli educatori sia con i compagni. Ciò ha contribuito, come le video-lezioni scolastiche, a dare struttura alla giornata dei ragazzi, a creare spazi educativi digitali specifici e di gruppo. Tuttavia questo non è sufficiente per rispondere ai tanti bisogni che i ragazzi facevano emergere ed è stata fondamentale una progettazione che prendesse in considerazione uno spettro più ampio, per tipologia e modalità, di interventi educativi e animativi», continua.

«Per rispondere a questi bisogni è fondamentale, più che mai in questo momento, l’utilizzo di piattaforme social specifiche a seconda delle proposte e delle attività. Da quello che abbiamo potuto percepire ed estrapolare dalla relazione costante con i nostri ragazzi, è importante per loro poter partecipare sia ad attività trasversali e prolungate nel tempo che presuppongono un impegno individuale, come challenge, sfide, consegne creative, tutorial, sia avere la possibilità di partecipare a momenti più strutturati e fissi nel tempo, di tipo laboratoriale, animativo o ludico. E’ proprio da questo punto di vista che, dopo una rilevazione dei bisogni e delle proposte da parte dei ragazzi e dopo un’indagine su quali mezzi di comunicazione e device avevano a disposizione, abbiamo progettato e proposto una serie di stimoli che li accompagnino durante la settimana. Utilizzando, ad esempio, le nostre pagine Instagram e Facebook abbiamo lanciato delle challenge a tema, dove i ragazzi hanno la possibilità di sfidarsi utilizzando creatività e inventiva, in una dimensione di condivisione e divertimento: si va dalla cucina, alle foto, ai disegni, ai video etc. etc, permettendo a tutti di esprimersi in varie modalità. Sempre utilizzando le nostre pagine social abbiamo inaugurato anche alcune rubriche dove i ragazzi possono consigliare pubblicamente film e serie tv che hanno visto, discutendone con i pari e creando così un circolo più ampio di condivisione. Per quanto riguarda invece attività laboratoriali più specifiche, fino a questo momento, attraverso Whatsapp e Skype, è stato possibile proporre momenti di gioco condiviso, sessioni di esercizio fisico e di yoga e un laboratorio di scrittura creativa e arte visiva denominato “Fuga immaginaria dalla quarantena”, con lo scopo di condividere i propri vissuti attraverso immagini e parole, stimolando i ragazzi al pensiero immaginativo e all’espressione di sé».

«In questa situazione siamo consapevoli che i lavoro educativo, anche nelle proposte e negli stimoli, deve essere più che mai frutto di una rinegoziazione continua con i ragazzi. Perciò tutte le attività che abbiamo proposto e che stiamo svolgendo in questo momento diventeranno la base di partenza per nuove esperienze condivise, nuovi percorsi e nuovi tentativi, accompagnando la fluidità e l’interconnessione dei mezzi con le quali sono sviluppate, ad una fluidità e trasversalità progettuale che vive di continue associazioni, idee e rimandi in una relazione continua tra educatori ed educandi. Forse questa quarantena ci permetterà di riflettere in maniera più profonda sulle modalità del lavoro educativo e della relazione, aprendo nuovi scenari di senso condivisi e trasformando un momento di crisi in uno sguardo nuovo su possibilità future», conclude.

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