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Aiuti alimentari dall’America nel dopoguerra: il latte in polvere proprio non piaceva

Dettagli e curiosità emerse dalla relazione di Sara Fava evidenziate nel corso della videoconferenza dal titolo "Arrivano gli Americani. Gli aiuti alimentari a Piacenza nel secondo dopoguerra" , incontro che si è svolto nell’ambito del ciclo di videoconferenze denominato “Carte da cucina”

Bene farina, cioccolato, zucchero, carne e pesce in scatola, marmellata, baccalà, ma il latte in polvere proprio non piace. Si cerca di proporlo ai bambini, magari corretto con il cacao, ma visto che quello pastorizzato non mancava e che in campagna si trovava un po’ ovunque, anche nei momenti di maggior penuria alimentare in considerazione della capillare presenza di stalle, quasi subito si creano eccedenze e dal ’47 in avanti lo si sostituisce con quello pastorizzato, anche se si cerca in tanti modi di smaltire questo surplus.

Sono dettagli e curiosità emerse dalla relazione di Sara Fava evidenziate nel corso della videoconferenza dal titolo "Arrivano gli Americani. Gli aiuti alimentari a Piacenza nel secondo dopoguerra" , incontro che si è svolto nell’ambito del ciclo di videoconferenze denominato “Carte da cucina”, organizzato dall’Ufficio Attività socio-ricreative del Comune di Piacenza per la terza età, con il contributo dell’Archivio di Stato.

«Dal ’43 al ’47 era attiva - ha ricordato la relatrice - L’UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration), organizzazione umanitaria internazionale, è stata fondata nel 1943 con l'accordo di quarantaquattro paesi allo scopo di fornire aiuto e assistenza immediati ai paesi più colpiti dalla guerra ed ha cominciato a operare in Europa nel 1944, non appena le forze alleate hanno iniziato la liberazione dei paesi mediterranei e balcanici. La sua azione era concentrata in prevalenza in alcuni paesi europei, tra cui l’Italia, (nonostante fosse un paese ex-nemico) attraverso programmi orientati a sostenere le fasce più deboli della popolazione ma anche volti alla ripresa della produzione sia agricola che industriale e alla riorganizzazione delle attività. Gli ispettori riscontrano nel nostro paese una grande penuria di cibo, un problema che si è trascinato fino alla fine degli anni ’50».

«Gli italiani - ha detto Fava - potevano contare su 800/1000 calorie al giorno contro le 3000 dei soldati americani. Gli aiuti venivano inviati per le categorie più deboli, ovvero bambini e ragazzi, gestanti, nutrici e profughi. La delegazione italiana che organizzò la distribuzione era diretta da Ludovico Montini fratello del futuro papa Paolo VI° e si basava sul motto Usa “aiutare ad aiutarsi” perché oltre all’assistenza c’era la riabilitazione, ovvero cercare di ripristinare ciò che era in funzione prima della guerra a livello assistenziale. E’ stata attiva, seppur con modificata connotazione, fino al 1977».

Escluso ogni ente che potesse essere in “odore” di partito comunista (ovviamente gli Usa cercavano di contrastare l’avanzamento diretto o indiretto del blocco sovietico), ci si muoveva a livello assistenziale attraverso Comitati provinciali e comunali di cui facevano parte rappresentanti istituzionali, parroci, medici condotti ecc. Si iniziò con distribuzioni dirette alle famiglie ma poi, per evitare mercato nero o cattiva gestione alimentare, si cominciarono a mettere in funzione, presso scuole, parrocchie o orfanatrofi, i refettori per fornire adeguati elementi nutritivi costituiti sempre da un primo caldo ed un secondo. A Piacenza erano stati istituiti al Giordani, Mazzini, Torricella ed Alberoni, quindi nelle scuole del centro storico. Fava ha poi commentato alcune foto d’epoca che ritraggono questi refettori e risposto ad alcune domande poste da chi era in collegamento.

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