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Sabato, 20 Aprile 2024
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Al Seminario di Bedonia commemorato don Renato Costa

Il monsignore che aveva quali pulpiti i bar, il mercato e la piazza

Sacerdote di grandi virtù, personalità importante, una vita intera al servizio della Chiesa, delle comunità parrocchiali ove è stato pastore; dell’Istituto San Marco e della Basilica della Madonna di San Marco alla quale lui era particolarmente devoto. Stiamo parlando di Monsignor Renato Costa, o come tutti erano soliti chiamarlo, Don Costa (1921- 2014). Al Seminario vescovile di Bedonia ieri l’ha commemorato un convegno presieduto da mons. Lino Ferrari, aperto con la lettura del ricordo di Mons. Bruno Perazzoli che pubblichiamo:

Vogliamo ricordare Don Renato Costa, sacerdote di grandi virtù, instancabile operaio del bene, una delle personalità più importanti della nostra diocesi.

La sua fu una vita consacrata al servizio del Seminario e della Madonna di San Marco alla quale lui era particolarmente devoto. I suoi “tre grandi amori” furono: Gesù Cristo, la Madonna di San Marco e il Seminario.

Don Renato è nato a Tiedoli di Borgo Val di Taro il 14 ottobre 1921 ed è stato ordinato sacerdote il 26 agosto 1945. Iniziò il suo servizio pastorale come curato a Vico Barone; nel 1948 fu nominato prima aiuto economo con Monsignor Silvio Ferrari e poi economo del Seminario di Bedonia.

Dal 1° gennaio 1975 fu parroco a Cereseto e amministratore parrocchiale di Credarola. Prima aveva servito la parrocchia di Tasola e anche era stato cappellano a Cavignaga.

Il 6 giugno 1979 giunse per lui la nomina a cappellano di Sua Santità che comportava il titolo di Monsignore.

Importante è stato il suo impegno oltre che per il Seminario e il Santuario anche per la nascita dell’Istituto San Marco, delle case per il clero, e non possiamo dimenticarci della simbolica croce di ferro che Don Renato fece erigere nel luglio 1956 sulla cima del Monte Pelpi.

Don Renato si impegnò molto nel sociale: ha, per così dire, “spianato monti, colmato valli, tracciato e costruito strade” ed altre opere di pubblica utilità che oggi sarebbe bene portassero il suo nome.

In più dobbiamo ricordare che fu un pastore, per dirla con Papa Francesco, con “l’odore delle pecore” e anche fu “Chiesa in uscita” perché sempre impegnato nel sociale.

Rese più produttivi e migliorò i terreni del seminario; ebbe la passione e la cura del verde: a lui dobbiamo la bella pineta che è sorta davanti alla Basilica.

Vorrei però ricordare “Don Costa” non tanto come realizzatore di opere grandiose ma soprattutto come autentico sacerdote e vero uomo di Dio.

La sua vita fu un continuo fare del bene. Aveva un cuore sempre pronto a dare, se non altro una parola amica, un sorriso, un consiglio e parole di incoraggiamento e di aiuto. Grande, indescrivibile, la sua devozione alla Madonna di San Marco, alla quale si rivolgeva nei momenti drammatici della sua vita e dalla quale si riteneva miracolato.

Sapeva gustare e coltivare la gioia dell’amicizia. Viaggiò molto, sempre e soprattutto per fare del bene. La sua vita fu un luminoso esempio di servizio e di laboriosità.

Nei lunghi anni passati in sua compagnia, al di là della scorza burbera, ho potuto ammirare e constatare in lui ricchezza di fede e di carità ed una carica eccezionale di umanità.

Posso assicurare che nessuno ha bussato inutilmente alla sua porta perché era sempre vicino a chi si trovava nel bisogno o nella sofferenza.

Non era un esibizionista e rifiutava categoricamente ogni genere di elogi, però anche Monsignor Renato Costa è passato attraverso “la notte oscura” è cioè stato visitato più volte dalla malattia e dalla sofferenza.

Senz’altro i limiti creaturali e varie pesantezze umane furono presenti anche in Monsignor Renato Costa, ma non voglio assolutamente elencarli.

Voglio ricordare che aveva una grande disponibilità ad ascoltare e a farsi carico dei bisogni delle persone.

Era un prete che ascoltava, che faceva sognare, faceva aprire il cuore e anche… il portafoglio. Fu un vero prete, uomo del dialogo, amico dei lontani che sapeva raggiungere e con cui dialogare.

Fu radioamatore e sapeva usare i mass media appunto per raggiungere anche i cosiddetti lontani.

Sapeva stare in mezzo alla gente: con tutti: con i poveri e con i ricchi, con gli operai e con gli imprenditori, con i politici e con la gente comune.

Era Chiesa in uscita, Chiesa che va verso la gente, Chiesa che va verso l’uomo, i suoi pulpiti infatti erano i bar, il mercato e la piazza.

Fu anche un apostolo degli emigrati, soprattutto quelli degli Stati Uniti e del Canada che lo aiutarono nella costruzione della Basilica della Madonna di San Marco e dell’Istituto San Marco che sempre mantennero con lui uno splendido rapporto umano. Aiutò vari missionari e beneficò tanti.

In tante parti, direi del mondo, si trovano testimonianze del suo operato non solo dal punto di vista materiale ma soprattutto da quello spirituale. Tanti ricordano la sua grande umanità e disponibilità, il suo essere amico di tutti e il suo essere prete secondo il cuore di Dio.

È giusto, è doveroso per noi ex alunni del Seminario di Bedonia, nostra culla e nostro vanto, esternare pubblicamente la nostra gratitudine e la nostra riconoscenza a questo sacerdote più unico che raro. Un vero personaggio che ha saputo vivere da protagonista la sua avventura umana, cristiana, sacerdotale, amando il Signore, la Madonna e la gente.

Don Bruno Perazzoli, già Rettore del Seminario e della Basilica della Madonna di San Marco

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