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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Almanacchi e calendari, è la volta de "La Zecca di Cremona"

Viaggio nel tempo con gli almanacchi di una volta e i calendari 2022

In questa seconda puntata dell’andar per almanacchi e calendari, strumenti adottati dall’uomo per misurare il tempo e come sistema per suddividere, calcolare e dare un nome ai vari periodi del ciclo delle stagioni, ospitiamo una ricerca di Mauro Barchielli di Cremona che tratta dell’acquisto di Guastalla con Luzzara, che fecero i Cremonesi nell’anno 1227, per sole tre mila lire imperiali, operazione della quale fece da garante l’abate di Chiaravalle della Colomba.

Si è già detto della grande capacità degli almanacchi di essere un prodotto quanto mai diverso a seconda del pubblico a cui si rivolgono. La loro polivalenza deriva essenzialmente dalla flessibilità che essi presentano: intorno al nucleo centrale, il calendario, si possono collocare articoli o rubriche che trattano di qualsiasi argomento.

L’almanacco di cui qui si vuol parlare si intitola La Zecca di Cremona e, come si può desumere da titolo, vuole occuparsi di storia e lo fa con un breve saggio che va ad affiancare il calendario e le solite rubriche.

L’opuscolo ricorda che Cremona aveva ottenuto il diritto di battere moneta grazie ad un privilegio concessole da Federico I nell’anno 1155, così come attesta il Muratori. Tre erano i tipi di monete coniate; esse portavano da una parte il nome della città e, dall’altra, quello dell’imperatore. Ma quello che qui si vuole evidenziare era l’elevato valore che avevano queste monete e a dimostrazione di ciò si ricorda l’acquisto di Guastalla con Luzzara, che fecero i Cremonesi nell’anno 1227, per sole tre mila lire imperiali.

L’almanacco, dopo aver ricordato che detti diritti in precedenza erano detenuti dall’abbazia piacentina di San Sisto, descrive la fase finale dell’acquisizione con l’effettivo versamento della somma pattuita da parte dei lombardi. Per la diffidenza esistente tra le due parti in causa, al fine di poter realmente condurre in porto quanto pattuito, fu necessario ricorrere alla mediazione di un'autorità riconosciuta e rispettata da entrambi i contendenti: così spettò all'abate di Chiaravalle delle Colomba di garantire l'ordinato svolgersi della transazione. L’almanacco, riportando un documento custodito nell’archivio di San Sisto, così racconta i fatti.

“Nell’ anno 1227, Indizione 15, il giorno 4 Novembre. Nella Corte del Monastero della Colomba, e d’innanzi al Claustro, cioè entro la prima porta del Monastero, il Sig. Guglielmo Vescovo di Modena, e Gandolfo Abate del Monastero di S. Sisto di Piacenza hanno ordinato di deporsi otto cariche di denaro recate da otto giumenti, il qual denaro era in quindici sacchi, contenenti ciascuno dugento lire imperiali, come il detto abate, e i di lui coristi hanno detto e confessato che nel riceverlo in Cremona lo hanno pesato e numerato. Ed ivi il Sig. Abate della Colomba unitamente a parecchi de’ suoi Frati hanno ricevuto in deposito il soprascritto denaro per riconsegnarlo ne' medesimi sacchi all'ordine del Sig. Papa. Dopo di ciò il detto Vescovo ed Abate hanno fatto riporre li quindici sacchi legati com'erano in uno scrigno ben ferrato entro il Chiostro di detta Casa, avendolo fatto munire con chiavi, e sigillare co' sigilli delli soprascritti Vescovo ed Abate”.

Grazie all'intervento dei monaci cistercensi, tutto andò per il meglio e una vicenda veramente tormentata ebbe finalmente il suo epilogo.

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Per segnalazioni di calendari 2022: renatopasserini@libero.it

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