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Edito da Mondadori

Un Babbo Natale “al contrario”, oltre gli stereotipi «Per accettarci come siamo»

Il libro d’esordio dell’autrice e graphic designer piacentina Matilde Tacchini: «L’ironia per riflettere sulla tendenza a dipingerci tutti perfetti»

«Tutti cerchiamo di essere performanti e questo racconto può essere uno spunto di riflessione sulla tendenza a dipingerci perfetti, quando ovviamente non li siamo». Vale anche per Babbo Natale, protagonista “alla rovescia” dell’opera d’esordio (edita da Mondadori) firmata dalla piacentina Matilde Tacchini, art director per campagne pubblicitarie - ora freelance - con una grande passione per la letteratura dedicata all’infanzia, l’universo “kids” e il graphic design, coltivati nel proprio studio creativo.

Il titolo del volume - “Caro bambino…Una letterina da Babbo Natale” - introduce la prima domanda all’autrice: Come si scrive una storia di Natale che non risulti “trita e ritrita”? «Io l’ho scritta facendola al contrario» premette. «La storia gioca su un escamotage, che vede Babbo Natale mandare la letterina al bambino. Inizia parlando dei suoi buoni propositi: dice di essere stato bravo e ordinato, di non aver mangiato dolci ecc.». Una versione della realtà piuttosto edulcorata, o per meglio dire “finta” e dal risultato comico «perché poi nei disegni - realizzati da Raffaella Bolaffio - vediamo invece che le cose vanno in un altro modo… il testo racconta una cosa, ma le immagini mostrano esattamente l’opposto».

C’è una morale? «No, ma sicuramente ci si possono vedere dentro delle cose. C’è un po' di ironia sull’inclinazione alla perfezione che tutti abbiamo, dai genitori ai bambini. Questo Babbo Natale, che le fa tutte sbagliate, secondo me può essere uno spunto di riflessione su come vogliamo essere, su come vogliamo apparire, su quanto siamo attenti al giudizio degli altri. Soprattutto c’è una tendenza a dipingere i genitori come perfetti e questo poi ci fa sentire in colpa, perché non è così. Il tema è quello dell’accettarci per quello che siamo, sfatando un po' gli stereotipi che cerchiamo di rappresentare e di essere».  Caro bambino... di Matilde Tacchini-2

Spunti raccolti dall’esperienza genitoriale? «Da quella di genitore, ma anche di persona. Nel senso che comunque io sono una di quelle che dice “da lunedì sono a dieta”, e il martedì già non la è più. Poi con i figli questa cosa si amplifica, perché oltre ad avere le aspettative su te stesso, ci sono anche quelle che ti carichi come genitore. Sicuramente avere un bambino in casa stimola molto questo tipo di riflessioni; basta guardare anche loro con occhi sinceri, senza stereotiparli: non sono i santi che vogliamo, ma sono persone come noi, con i propri pregi e difetti».

Com’è arrivata in porto la pubblicazione? «Ho incontrato ad un workshop un editore, a cui mi sono rivolta con un’altra proposta, una storia che avevo scritto per eseguirne le illustrazioni, in quel momento non puntavo sul testo. La storia è piaciuta, quindi mi hanno consigliato di proseguire in questa direzione e poi “è andata”». 

Per il 2022 «c’è già un progetto con altro editore in corso d’opera, sempre come autrice» anticipa, così come l’obiettivo di continuare a portare avanti i progetti nel campo del graphic design, «la mia passione originale, ritirata fuori dal cassetto alcuni anni fa». Giana_Illustrazione_2001-2

«Lavoro con i privati, negli ultimi tempi ho realizzato l’illustrazione per il concorso Giana Anguissola (nella foto a sinistra), per il festival “Profondo giallo”, per delle aziende. Nell’editoria in questo settore c’è molta concorrenza, ma anche spazio un po' per tutti, nel senso che cercano gli stili più disparati. Quindi, se uno lo vuole, lo può fare» sottolinea.  

«Consiglio sempre a chi me lo chiede di continuare, perché non pubblicano solo gli autori famosi e si può riuscire se sì è molto determinati e caparbi. Devi avere uno stile molto definito e dedicarti a quello principalmente, mentre io sono una persona che ama fare molte cose, ho sempre mille progetti aperti, ho anche un profilo social (@toomatoprints) in cui propongo stampe artigianali fatte a mano. Per il momento non me la sento di dedicare l’ottanta per cento del mio tempo ad illustrare, perché mi piace anche scrivere o creare opere singole». «Credo sia una questione di obiettivi - conclude - entrare nell’editoria come illustratrice è uno di questi, e prima o poi avverrà, ne sono convinta».

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