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Eccellenze piacentine / Monticelli d'Ongina

Il Cacio del Po, un unicum sfizioso della Bassa piacentina

E' prodotto dai fratelli Palormi titolari del caseificio Borgonovo di Monticelli, significante esempio di passione e dedizione al lavoro di casaro. Il re dei panini Daniele Reponi lo ha eletto al rango di formaggio “top” coniugato ai salumi Dop piacentini

Nel recente articolo dedicato ai panini ideati dal maestro chef Daniele Reponi che ha concepito una linea di sfiziosi panini da gustarsi per l’ormai tradizionale “apericena” dei piacentini con alla base i tre Dop dei salumi, ovvero coppa, salame e pancetta, tra i prodotti del nostro territorio utilizzati per prepararli, oltre alle giardiniere della Cascina Pizzavacca, abbiamo menzionato il Cacio del Po dei fratelli Palormi del caseificio Borgonovo di Monticelli. Trattandosi di un vero e proprio unicum tra i formaggi prodotti nella Bassa piacentina dove l’indiscusso re è il Grana Padano Dop (che del resto anche i Palormi producono nel loro caseificio), ne proponiamo un piccolo approfondimento perché è giusto far conoscere e diffondere questi poco conosciuti gioielli gastronomici che allietano la nostra tavola e che sono appunto il frutto della duttilità produttiva del nostro territorio e della creatività artigianale di chi opera nel settore agroalimentare.

I Palormi sono un significante esempio di passione e dedizione al lavoro di casaro, un’attività iniziata in questa piccola frazione di Monticelli dove la famiglia aveva intrapreso l’attività dal 1978. Qui il padre Ettore aveva deciso di mettere a frutto il bagaglio di conoscenze accumulate negli anni lavorando per le aziende del settore lattiero-caseario. Come casaro - ci aveva ricordato Ennio, che con il fratello Gianfranco, è il titolare -  aveva girato tutto il Nord Italia ed era poi tornato nel luogo di origine rilevando la proprietà di Borgonovo con l’intenzione di avviare un allevamento di suini. Solo in un secondo tempo decise di rimettere in attività il caseificio dismesso cominciando a lavorare il latte per conto terzi. Anche il loro nonno aveva lavorato tra l’altro in questo settore occupandosi della raccolta della materia prima.

Mancato Ettore nel 1990, i giovani figli Ennio e Gianfranco decisero di continuare l’attività di trasformazione del latte ma in proprio. Iniziò così la produzione di Grana con tre forme al giorno, più qualche altro formaggio che venivano commercializzati nel piccolo spaccio aziendale. Gradualmente sono cresciuti ma sempre rimanendo in una dimensione contenuta:  hanno aumentato la produzione arrivando alle attuali venti forme giornaliere, circa 6.500 forme all’anno, lavorando più o meno 35mila quintali di latte.

Un traguardo raggiunto grazie alla perfetta sintonia che lega Ennio e Gianfranco, diversi come carattere, ma accomunati dallo stesso obiettivo: portare avanti l’attività di famiglia con costanza e tanto impegno. Un lavoro faticoso, tra il calore e l’umidità del caseificio, svolto quasi per 365 giorni all’anno, ma ricco di soddisfazioni. Casari dunque per passione e tra di loro perfettamente intercambiabili. La produzione in caseificio non si ferma mai, neppure nei finesettimana. Ciascuno dei fratelli ha imparato a gestire non solo tutto il processo produttivo del caseificio dalla raccolta del latte, alla trasformazione, dalla commercializzazione ma anche la parte amministrativa. Il loro obiettivo non sono i numeri ma trasformare al meglio, focalizzandosi sulla qualità senza l’intenzione di crescere troppo.

Ma c’è un'altra peculiarità che rende unico il caseificio Borgonovo: la duttilità produttiva che rende il territorio piacentino unico e che permette ai consumatori di imbattersi - spesso per caso - in prelibatezze enogastronomiche frutto di micro caseificazioni particolari. Vi si produce infatti, unici nella provincia, il “Cacio del Po”. Un nome di fantasia ma depositato e registrato che evoca il territorio della Bassa e l’antica arte casearia che sa proporre formaggi straordinari in questo nostro Bel Paese molto di più dei maggiormente celebrati francesi che - alla fine - si somigliano praticamente tutti e si distinguono solo dalle erbe e dalle spezie che contengono.

«Questo formaggio - spiega Ennio - è stato ispirato da quello delle montagne come il  bitto della Valtellina. Ha una forma rotonda, pesa tra gli otto e i dieci chili ed è ottenuto all’incirca con il procedimento del grana, in base alle richieste del mercato, da latte intero, caglio, sale e fermento (batteri lattici). E’ il vero segreto dei mastri caseari delle montagne italiane dove ognuno ha coniato negli anni proprie particolari ricette che si adattano al tipo di latte, al clima e alle temperature di lavorazione. Ovviamente anche il Cacio del Po possiede propri e piccoli accorgimenti di lavorazione risultato di una lunga sperimentazione». «Dopo la cagliata, come il grana, - aggiunge - viene posto nelle fascere, resta in salamoia circa 24 ore, quindi stagionato da un minimo di sessanta giorni ad un massimo di 8-9 mesi».

E’ un prodotto particolarmente apprezzato, bucherellato, con deciso sapore di latte, più o meno sapido in base alla stagionatura che sta incontrando il gusto dei consumatori. «Lo proponiamo - ricorda Ennio - direttamente nello spaccio, ma lo si può acquistare in numerosi negozi della zona. Serviamo inoltre commercianti, ambulanti e qualche grossista ma non la grande distribuzione perché nel nostro lavoro è ancora molto importante il rapporto diretto. Significa “metterci la faccia”, garantire con la nostra presenza la qualità, la genuinità, i peculiari gusti organolettici dei nostri formaggi. Se questo manca, viene meno la soddisfazione nel lavoro». Ed ora anche il re dei panini Daniele Reponi lo ha eletto al rango di formaggio “top” coniugato ai salumi Dop piacentini.

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