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Cinghiali troppo numerosi: l'incontro organizzato dalla Prefettura

Casagrande: «Usiamo il termine “riduzione” perché l’obiettivo deve essere questo»

Il tema della fauna selvatica fuori controllo è stato oggetto di un incontro organizzato, in videoconferenza, dalla Prefettura di Piacenza che, pur non avendo competenza diretta, si è fatta promotrice di un prezioso momento di dialogo. All’appuntamento hanno preso parte i funzionari della Regione Emilia-Romagna competenti in materia, il rappresentante della polizia provinciale e i rappresentanti delle organizzazioni agricole oltre ad alcuni sindaci di comuni collinari particolarmente colpiti dal problema. Per Confagricoltura Piacenza hanno partecipato il direttore Marco Casagrande e la responsabile della comunicazione Elena Gherardi. «Usiamo il termine “riduzione” perché l’obiettivo deve essere questo. Da anni chiediamo che gli agricoltori abilitati e formati possano intervenire direttamente in difesa delle loro colture – ha spiegato Casagrande – si tratta di una possibilità già prevista dall’attuale piano, ma che al lato pratico non trova attuazione perché è subordinata e successiva all’azione degli Atc. Chiediamo che nel prossimo piano faunistico, che verrà varato a settembre, questa possibilità sia slegata dalle attività in capo alle squadre venatorie e ne sia semplificata l’attuazione».

L’assise ha convenuto di dare seguito all’incontro con altri momenti di dialogo e monitoraggio, anche alla luce del nuovo piano e di attuare sul territorio appuntamenti di confronto tra le varie categorie così da mettere a punto strategie più efficaci nelle varie zone della provincia e informare tutti sulle varie possibilità previste per affrontare il problema. Il quadro si è reso ancora più grave con i lockdown che hanno lasciato la fauna libera di appropriarsi anche degli spazi antropizzati. «È fondamentale la concretezza - ha precisato Casagrande – la riduzione dei cinghiali non può essere posta in capo ad una sola categoria, ma ci deve vedere tutti impegnati, anche perché, come è stato giustamente sottolineato, è un’operazione gravosa, complessa e con passaggi articolati. Per inciso, oltre alla cattura e all’abbattimento c’è il recupero della carcassa e il conferimento al centro elaborazione carni. Ancorché l’intervento diretto degli agricoltori abilitati venisse semplificato, cosa che comunque auspichiamo - precisa Casagrande – difficilmente risolverebbe il problema perché la caccia individuale risulta poco efficace. In generale, è comunque necessario agire con squadre che però oggi sono in numero sempre più limitato». Sullo sfondo anche l’incubo di una possibile diffusione nel nostro Paese della Peste suina africana. Significherebbe azzerare per due anni tutta la produzione della filiera suinicola del nostro areale. Un disastro per la filiera e per l’economia. I cinghiali, come è noto, sono il principale vettore di questa malattia.  

«Come è stato evidenziato anche dai funzionari regionali – ha proseguito il direttore dell’associazione – è inoltre importante che l’attività venatoria sia scissa da quella di selezione mirata alla riduzione degli esemplari e all’eliminazione puntuale di presenze in campo su segnalazione degli agricoltori. Sono attività che hanno obiettivi diversi e devono avere tempi di attuazione differenti. È infine importante – ha concluso – che il regolamento attuativo del nuovo piano, che dovrà essere stabilito su base provinciale, declini il regolamento in modo semplice, non semplicistico data la tematica, ma semplice sì, perché i limiti delle procedure in vigore oggi sono sotto agli occhi di tutti, anche in considerazione del fatto che il numero dei cacciatori e delle squadre è in costante diminuzione e che ci sono sempre meno persone in grado di intervenire in modo appropriato.  Ringraziamo sua Eccellenza il Prefetto Lupo per questo momento che consideriamo un punto di ripartenza per un approccio diverso alla questione, perché è evidente che i metodi seguiti sono ad oggi non sono né sufficienti, né efficaci».

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