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Claudio Ferrari porta avanti la tradizione della farinata dei “pertusini”

Nel ‘900 a Genova cinquanta negozi di tortai erano originari della stessa frazione di Ferriere. Ora c’è il 35enne, che ha aperto un’attività a Santo Stefano d’Aveto: «Mio nonno faceva lo stesso mestiere»

L’ultimo pertusino a mantenere un’attività di farinate in Liguria è lui, Claudio Ferrari, 35enne che ha deciso di aprire un negozio di gastronomia a Santo Stefano d’Aveto, poco dopo il confine piacentino. La frazione di Pertuso (Ferriere) per un secolo ha infatti “sfornato” decine di specialisti delle farinate - pietanza tipicamente ligure - nel genovese.

«Si è presentata l’occasione di rilevare questo negozio storico di Santo Stefano d’Aveto, il "Guardincerri" – spiega il giovane,gastronomia dolci-2 che porta avanti così il testimone di una lunghissima tradizione centenaria. Il giorno del mio compleanno, il 23 aprile di quest’anno, sono partito con l’attività». Claudio - che è cresciuto nei primi anni della sua vita a Pertuso e poi si è trasferito con i genitori a Genova - fa pasta fresca, gastronomia, torte salate “avetane” (del torrente Aveto), pizza. E la già citata torta farinata. «Ho preso un anno di aspettativa dal mio lavoro per vedere come va, per sentirmi più protetto, però non ho intenzione di tornare a Genova, dove lavoravo in una cooperativa sociale con la qualifica di boscaiolo-giardiniere». La compagna Romina vorrebbe raggiungerlo: lavora come infermiera all’ospedale San Martino, il desiderio è di avvicinarsi a casa, essendo originaria di Amborzasco, paese poco distante da Santo Stefano d’Aveto. «Da quando ci conosciamo coltiviamo il sogno di vivere in montagna. A me piace sia l’Alta Valnure che la Valdaveto genovese, ma anche la montagna parmense».

La Valdaveto genovese è frequentata dai piacentini? «Di piacentini ne vengono tanti – risponde Claudio - il giorno di mercatofarinata-2 sono più loro che i genovesi, da queste parti. Anche questa mattina in negozio ne sono entrati in diversi. L’unica cosa è che spesso mi chiedono anolini e tortelli…E mi tocca spiegare, mediare, far capire che da queste parti sono altre le tradizioni. Però proverò a esportare almeno la torta di patate, vediamo se piace. Di norma punto sulle torte “avetane”, proprio di questa zona».

Claudio aveva nel sangue questa attività di gastronomia. «Mio nonno materno era uno dei tanti tortai pertusini (i “pertusein”) di Genova. In pratica ho ripreso a fare il mestiere che faceva mio nonno. Era emigrato nei primi anni ‘50. Ha imparato il mestiere in via San Vincenzo e poi è entrato nel negozio di suo cugino. Con i soldi guadagnati ha preso la licenza e i muri in pieno centro storico, dove ha dato vita a una trattoria, lo aiutavano mia nonna e mia madre: lavoravano tanto. Purtroppo è venuto mancare presto e la famiglia, di fronte a un impegno così grosso, ha ceduto l’attività, con grande rammarico».

A Pertuso ogni anno, in agosto, Covid permettendo, viene organizzata una festa dedicata alle farinate. «Un anno mi hanno chiesto se volevo imparare, l’ho fatto per mia madre, che ci teneva». Così quando si è palesata la possibilità di rilevare il negozio, si è fatto trovare pronto. Ad aiutarlo, in questo periodo intenso di agosto, Enrica, sorella della compagna.

Una minuziosa ricerca di Nino Nicolini ha messo in luce che sono stati almeno cinquanta i negozi di gastronomia e farinate a Genova condotti nel ‘900 da persone originarie di Pertuso. Uno emigrava dal Piacentino e insegnava il mestiere ad unClaudio-2 parente, che lo raggiungeva più tardi: una catena che si è ripetuta tante volte. «A pensarci è una cosa folle - osserva Claudio - immaginare cinquanta attività di un piccolo paese come il nostro in una grande città. Il fatto è che non c’era lavoro, tutti andavano verso Genova e avevano successo. La gente di montagna era abituata a fare molta, troppa fatica. Gente che tutti i giorni andava a piedi da Pertuso allo Zovallo non sentiva certo la fatica di portare avanti un’attività che, in più, era remunerativa, in confronto all’agricoltura e all’allevamento di montagna. Così tanti hanno fatto fortuna, avevano addirittura i locali di proprietà in centro storico». Molti, poi, hanno venduto i negozi. Così non è rimasto più nessuno.

«I tempi non sono granché cambiati in montagna negli ultimi decenni – aggiunge ancora il 35enne. Anche adesso i giovani faticano a trovare un lavoro da queste parti, così si trovano costretti ad abitare a Piacenza o Genova. Vorrebbero stare a Pertuso, ma non riescono, e questo è un grande peccato».

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