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«Come è complesso educare alla vita»

Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva, è intervenuto a Let’s book, il ciclo di “dialoghi con l’autore” promosso dall’Ufficio Comunicazione della Cattolica di Piacenza nell’ambito dei 20 anni della Facoltà di Scienze della Formazione

I bambini hanno bisogno di tempo e lentezza. Per loro esprimere è molto più importante che performare; gli adulti li vorrebbero perfetti, quasi uno specchio di loro stessi. Ma è davvero questa la ricetta della “felicità” per chi è nato nel terzo millennio? Troppo spesso il sapere e il saper fare viene dagli adulti considerato prioritario rispetto al saper essere, privilegiando il prodotto anziché il processo, la performance alla libera espressività del bambino. Invece è solo nel “saper essere” che un bambino ritrova il senso di sé e del proprio percorso di crescita, oltre che la capacità di costruire un rapporto sano e soddisfacente con se stesso e con chi gli vive a fianco. Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva, è intervenuto a Let’s book, il ciclo di “dialoghi con l’autore” promosso dall’Ufficio Comunicazione della Cattolica di Piacenza nell’ambito dei 20 anni della Facoltà di Scienze della Formazione.

Pellai che ha al suo attivo numerose pubblicazioni dedicate a genitori, educatori e ragazzi, ha trattato del tema “Allenarsi alla vita: educazione emotiva e life skills”, soffermandosi sul processo di costruzione dell’autostima nel corso dell’età evolutiva.

Lo strumento d’eccellenza che sostiene la crescita, la conquista di identità e autostima per il bambino è il gioco. Il gioco è anche un potenziatore spontaneo e naturale dell’autostima del bambino, dimensione, quest’ultima, di importanza cruciale per lui. Sostenere una buona autostima in famiglia e a scuola, i luoghi “relazionali ed educativi” in cui ciascuno fonda l’idea che ha di sé, è importantissimo e significa rendere questi due contesti delle vere e proprie palestre dove scoprire e tenere insieme i propri punti di forza e limiti.

Per vivere con un buon saper essere e appoggiandosi su una autostima adeguata, bisogna conquistare una buona competenza emotiva ed a questo devono puntare gli educatori che vivono a fianco dei più piccoli. Gestire gli affetti e le emozioni che spesso scorrono nel mondo interno dei bambini e a volte si manifestano attraverso “agiti esplosivi” o modalità difficili da decifrare rappresenta un’impresa di complessa fattura. Per questo i bambini hanno bisogno di essere allenati alle competenze per la vita – “le cosiddette “Life Skills” – sulle quali si basa anche il modello dell’Organizzazione Mondiale della Salute chiamato Life Skills Based Education (LSBE). Sapere, saper fare, saper essere, un triangolo pedagogico nel quale è necessario trovare un equilibrio. La scuola può aiutare molto questo processo”.

Pellai ha preso in considerazione due tipologie di studenti di successo, quelli che lo devono al loro sapere e coloro che vi abbinano autonomia, relazione, empatia, ascolto, comunicazione.

“Saper essere è predittivo della vita. Su questi modelli di intervento bisogna dare competenze per la vita di cui la scuola può essere maestra. Dobbiamo porre dei limiti che devono essere rispettati, senza trasmettere ai ragazzi le nostre ansie e ricordarci che non c’è crescita senza rischio. Dobbiamo porci queste domande. Sicurezza: come affrontano il nuovo?  Accettazione dei fallimenti: come vivono gli errori? Autoefficacia: quanto si lasciano rassicurare dagli altri? Responsabilità: quanto sono capaci di mantenere un impegno? Appartenenza: quanto sentono di appartenere ad un gruppo? Autocontrollo: che rapporto hanno con le regole? Come vivono i problemi e gli errori da cui si impara moltissimo! Sono- ha detto Pellai- adolescenti iperconnessi, sovente stressati e soli, che dormano poco”.

Ha poi parlato di LSBE Life skills (Life Skills Based Education) proposta dall’Organizzazione Mondiale della Salute che rappresenta un modello educativo orientato all’insegnamento e apprendimento di specifiche competenze per la vita che permettono a bambini e ragazzi di acquisire un sapere, saper fare e saper essere in grado di proteggerli dal rischio comportamentale e dai fenomeni che rappresentano un’emergenza educativa in età evolutiva.  Come si possono allenare i bambini all’empatia, alla comunicazione efficace, all’ascolto, alla gestione dello stress, all’autoregolazione emotiva?”.

I programmi di LSBE cercano di introdurre principi e metodi educativi orientati a questo scopo Ma la scuola è anche - e soprattutto - maestra di vita. Le molte emergenze educative che connotano la crescita negli ultimi anni e che “fanno notizia” su tutti i media, obbligano la scuola e i suoi insegnanti a rivedersi e ripensarsi proprio in questo ruolo, ad includere la dimensione del “saper essere” all’interno del proprio progetto educativo e dello stesso curriculum scolastico con azioni e interventi mirati in questo senso. “Bisogna- ha ribadito- costruire un dialogo tra due livelli, quello emozionale e comportamentale (il primo è quello della sopravvivenza); gli adulti hanno il compito di aiutare a costruire questa sintonia”.

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