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I (tanti) frutti piacentini a rischio estinzione da «Adottare in giardino e far assaggiare ai bambini»

Lezione e degustazione di varietà antiche di mele, pere e altri frutti minori tipici del territorio piacentino con l’esperto di biodiversità vegetale, Mauro Carboni: «Una ricchezza anche enogastronomica e di cultura»

La pera limone, la pera spadona, la mela rosa dei romani antichi e ancora la fior d’acacia o la più nota cotogna, usata anche per profumare gli armadi e tenere lontane le tarme. Un patrimonio di frutti antichi - oltre sessante solo le varietà di mele e pere locali a inizio del secolo scorso - in parte già dimenticato, come il tipico “pum salam”, vecchio di 500 anni e ormai scomparso in pianura. Una ricchezza da tutelare e soprattutto da degustare, secondo l’agronomo ed esperto di biodiversità vegetale Mauro Carboni, ospite del laboratorio aperto alla cittadinanza di domenica 24 ottobre, organizzato dall’associazione piacentina Cosmonauti nel frutteto degli orti di Santa Maria di CampagnaDegustazione frutti anctichi (2) (FILEminimizer)-2

«Parliamo di tutto il nostro patrimonio di biodiversità - racconta nell'intervista - le uve, le mele, le pere, ma anche i frutti minori, come nespole, giuggiole, sorbe o azzeruoli» spiega Carboni, ricostruendo anche il (glorioso) passato di alcune varietà oggi ai più sconosciute.

Degustazione frutti anctichi (3) (FILEminimizer)-3

«La pera lauro, ad esempio in passato era prodotta nel Ducato ed esportata fuori dall’Italia, tanta era la sua bontà; veniva consumata cuocendola con le castagne o il vino rosso. Legato alla biodiversità non c’è solo un patrimonio botanico - sottolinea - ma anche enogastronomico e di cultura che i nostri nonni hanno affinato in centinaia e centinaia di anni e che noi rischiamo di perdere in pochissimo tempo».

Le varietà già perdute? Potrebbero essere una quindicina, prendendo come riferimento l'elenco presente in un testo del Settecento, anche se risulta difficile fare una stima precisa. Degustazione frutti anctichi (4) (FILEminimizer)-2

Semplici e alla portata di tutti, invece - secondo l'esperto - le misure per salvare e preservare quelle ancora esistenti: «Bisognerebbe adottare nel proprio giardino o frutteto una di queste piante, così le conserviamo e non le estinguiamo, ma soprattutto dobbiamo farle assaggiare alle persone, ai bambini, ai nostri figli, perché questo patrimonio possa essere trasmesso alle generazioni future, così come a noi è arrivato dalle generazioni che ci hanno preceduto».  

Le ricerche dell'agronomo si sono concentrate anche sugli olivi di Parma e Piacenza, un tempo molto diffusi e di cui sono arrivati a noi alcuni esemplari antichi, «da cui piano piano si sta ricostituendo una nuova olivicoltura».

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