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Costantiniani nei secoli XVI e XVII: tra cavalleria ed epica

I contributi scientifici degli studiosi protagonisti del recente convegno sulla dinastia farnesiana

Notevole interesse ha accompagnato la giornata di studi del convegno internazionale organizzato dall’Istituto Araldico Genealogico Italiano e dalla Banca di Piacenza al PalabancaEventi, con il patrocinio della Confédération Internationale de Généalogie etd’Héraldique dal titolo “I Farnese, una grande dinastia, nascita, affermazione ed alleanze nella storia europea”.

La cortese disponibilità del presidente dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano – IAGI, Pier Felice degli Uberti, unitamente a quella di Marco Horak, ci consente di offrire in lettura un’estesa sintesi delle relazioni presentate dai numerosi studiosi protagonisti del Convegno.

Oggi presentiamo la seconda parte del contributo sulla doppia natura dell’Ordine Costantiniano, cavalleresca ed epica, ed il ruolo importante svolto dalla città di Piacenza nel merito.

L’AUTORE: GIONATA BARBIERI, profondo conoscitore del contesto culturale dell'Ordine Costantiniano di San Giorgio, si sta affermando come uno dei ricercatori emergenti più autorevoli in relazione alla storia ed al profilo etico e giuridico dell'Ordine, per il quale segue pure diverse iniziative istituzionali.

In tempi recenti ho avuto modo di affrontare aspetti reconditi del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, indagando un periodo arcaico quanto ancora oscuro della Sacra Milizia, in particolare la fase del Magistero sotto la dinastia Angela Flavia Comnena tra i secoli XVI e XVII. Questa ricerca ha dato luogo a due saggi, di cui il primo è stato pubblicato nella rivista Nobiltà di Settembre-Ottobre 2020, n. 158, alle pp. 423-452 ed intitolato Considerazioni a partire da una “cinquecentina” napoletana con riferimenti all’Ordine Costantiniano di San Giorgio, mentre il secondo è ancora inedito e sarà sempre dato alle stampe nella rivista Nobiltà con titolo Considerazioni a partire dai legami tra la famiglia Zabarella e l’Ordine Costantiniano nel secolo XVII, nel contesto storico e geografico della provincia veneta e dell’alto Adriatico. In questi articoli ho considerato vari aspetti di cui uno mi preme discorrere in questa sede, ossia la doppia natura dell’Ordine Costantiniano, cavalleresca ed epica, ed il ruolo importante svolto dalla città di Piacenza nel merito.

Le mie indagini mi hanno permesso di poter dare uno spaccato della natura sociale dell’Ordine in quei tempi, costituito sia di membri che vi accedevano per “Giustizia”, ossia poiché Cristiani in grado di poter provare e dimostrare il proprio stato nobiliare agnatico, sia di membri semplicemente “meritevoli” dell’ammissione nell’Ordine, perché Cristiani caratterizzati da aspetti caratteriali, umani e culturali tali da poter supplire alla nobiltà del sangue con una nobiltà di spirito. Si noti che in entrambi i casi del passato, come oggi, sempre vi è la pre-condizione di essere fedeli di Cristo, a prescindere dall’estrazione socio-storica.

Abbiamo, quindi, in quell’epoca molti aristocratici che sono Cavalieri Costantiniani, ma anche numerosi ecclesiastici, docenti di prestigiosi atenei, diplomatici, militari e funzionari di Stato di alto rango, con questi ultimi che sovente sono comunque esponenti anche della più varia nobiltà mentre altre volte appartengono al ceto della “civile condizione”. Oltre la Fede individuale, il collante tra questi individui fu una missione che era contemporaneamente spirituale e militare, nel primo caso nel senso di manifestazione alacre ed associata del culto in aggiunta alla sfera privata della Religione (fattore che esiste ancora oggi), nel secondo invece ha una accezione declinata in senso gerarchico (come istituzione con a capo un Gran Maestro e devoto al Santo Padre), in senso di militanza attiva di apostolato (aspetto odierno dell’Ordine), ed infine, preponderante, di propensione all’attività crociata quindi bellica nei confronti del Male e dei nemici eretici ed apostati della Santa Romana Chiesa.

La tensione all’azione crociata è la base da cui nacque il mito epico dell’Ordine Costantiniano e che in parte, con il passare del tempo, lo alimentò. Non mi riferisco soltanto all’origine mitica dell’Ordine nato su impulso dell’Imperatore romano Costantino I il Grande (imperabat: 306-337) al tempo della battaglia di Ponte Milvio (312) contro il pagano usurpatore Massenzio, ma ad una epoca ben successiva, che copre i primi cinque secoli dopo l’anno Mille. Infatti, nel mio primo studio succitato, fornisco una serie di testi in cui viene riferita l’azione belligerante dell’Ordine Costantiniano sui fronti “caldi” della lotta contro gli infedeli musulmani. Questi sono rispettivamente per cronologia discendente:

  • La “Cronica del Regno di Napoli”, pubblicata in Napoli nel 1595, il cui autore è il Nobile e dotto napoletano Cornelio Vitignano, il quale tratta alla p. 43 dei Cavalieri e dei Priori Costantiniani che lottano e periscono per la difesa di Costantinopoli assediata dai Turchi nel 1453.
  • Il sonetto dedicato alla Croce della Sacra Milizia scritto da Luigi Grotto detto il “Cieco d’Adria” e apparso nel libro di Giovan Maria Bonardo intitolato Privilegi, et Autoritadi della Magnifica et Illustrissima Famiglia Bonarda. Al Serenissimo Prencipe Paschal Cicogna Doge di Vinegia, et Successori, edito in Venezia nel 1589. Il sonetto è intitolato “Constantine In Hoc Signo Vinces” ed è alle pagine introduttive del libro.
  • Il volume di Giovan Maria Bonardo intitolato “Gli Illustri et Gloriosi Gesti, et Vittoriose Imprese, fatte contra Turchi, Dal Sign. D. Giorgio Castriotto, detto Scanderbeg, Prencipe d’Epirro”, pubblicato in Venezia nel 1584 e dedicato  per altro al Gran Maestro della Sacra Milizia, il Principe di Tessaglia e Conte di Drivasto, Girolamo Angelo Flavio Comneno.
  • La celebre opera di Torquato Tasso, “La Gierusalemme Liberata” (nelle varie edizioni nota anche come “Il Goffredo” o come “La Gierusalemme Conquistata”), in cui i Cavalieri Costantiniani sono citati nel seguente passo: «[…] Son cinquanta Guerrier che in puro argento, Spiegan la trionfal purpurea Croce […]». La prima edizione di questa opera risale al 1580 in Venezia, ma il Tasso aveva concluso la stesura già intorno al 1575.

In particolare è doveroso fornire chiarimenti sulla citazione tassesca. Infatti su questi versi si è molto dibattuto in letteratura nel tempo, ipotizzando che poteva anche trattarsi di un rimando ai Cavalieri dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, ed il protagonista del poema tassesco Goffredo di Buglione, primo Gran Maestro leggendario di codesto Ordine, così come la colorazione argentea che si avvicina al bianco degli attuali mantelli dei Cavalieri del Santo Sepolcro su cui si staglia una croce di colore rosso, sembrano che siano elementi che vadano in questa direzione. In realtà l’indizio più affidabile è l’indicazione del numero dei cavalieri, che il Tasso indica essere cinquanta, dunque con assoluta certezza riferentesi in questo senso al mitico originario nucleo di cinquanta militi, “aurati o aureati” o “torquati” dal collare in oro che li identificava, che fungevano da guardia imperiale ed erano addetti alla protezione del Labaro Costantiniano, il vessillo con la croce ed il Monogramma di Cristo voluto dall’Imperatore Costantino I. Anche il fatto che la croce sia di “colore purpureo” non esclude che il Tasso avesse voluto associare questa sacra simbologia al Costantiniano, la cui croce nel tempo, così come oggi, è sempre stata di colore aureo ed appunto purpureo. Più in generale, trovandoci in una epoca in cui gli Statuti dell’Ordine Costantiniano furono più volte ripubblicati e riadattati, la descrizione del Torquato Tasso è verosimile che confonda più realtà, più “Religioni”, e cioè l’Ordine Costantiniano, l’Ordine del Santo Sepolcro ed il “Collegium Militum Sancti Georgii”. Resta il dato, inoppugnabile, che la citazione tassesca si inserisce nelle trattazioni letterarie storiche riguardo l’Ordine Costantiniano, e più avanti ritornerò su questo punto dopo aver considerato altri spunti.

Come avevo già definito nelle mie precedenti indagini, queste citazioni che si sviluppavano in parallelo, rispetto a testi o volumi storici dal carattere eminentemente istituzionale, ufficiale o burocratico dell’Ordine o di altre autorità statali, essendo motivi ricorrenti artistico-letterari, delineano una continuità temporale e concettuale dell’Ordine Costantiniano non solo come milizia di difesa della Religione Cattolica e dei suoi simboli, ma segnatamente anche come un topos letterario di tipo poetico, epico o cronachistico, e quindi dimostrando che ebbe ad esistere un vero e proprio filone letterario di “genere Costantiniano” e che durò almeno per alcuni decenni del secolo XVI.

Allora la difesa della Religione propugnata in questo genere cavalleresco Costantiniano si consta in una sorta di Crociata permanente (sia reale che letteraria), contro i Turchi, ossia i popoli musulmani che minacciavano Gerusalemme (nel caso del Tasso), Costantinopoli (nel caso del Vitignano) e le terre d’Albania (nel caso del Bonardo), per cui oltre la “Esaltazione e la Glorificazione della Croce” (missione statutaria perpetua dell’Ordine Costantiniano) si evince l’obiettivo, cantato, di realizzare il “Regno della Croce”, terminologia nata durante l’epoca della Prima Crociata, riassumibile nel verso «Sceglie la Croce, che perfetta regna», secondo una accezione di significato del termine “Militare” dell’Ordine che in precedenza descrivevo.

La presenza del ricercato genere artistico-letterario Costantiniano in siffatta forma crociata è, del resto, pienamente coerente con lo spirito religioso, teologico e liturgico dell’epoca, quello della Controriforma, che accentua o rinnova il cosiddetto “ottimismo antropologico” secondo cui l’uomo è in grado di discernere il bene dal male, che favorisce lo sviluppo di ordini di vita consacrata dal rinnovamento spirituale in chiave di ortodossia cattolica, e che esalta la “Guerra Santa” contro i miscredenti. Anche il culto particolarmente intenso e la profonda venerazione per la Beata Vergine Maria (compatrona e co-protettrice dell’Ordine) è esattamente collocata in questo fenomeno controriformista. L’Ordine Costantiniano appare dunque come un baluardo difensivo della Fede, rimontando all’antica Cristianità bizantina e sembra essere una forma personificata nel tempo dello spirito che si concentrò nei giorni della gloriosa vittoria della battaglia di Lepanto.

Sulla base di ciò si può riflettere che il genere epico-letterario Costantiniano rappresenta un fenomeno particolarmente interessante se connesso agli sviluppi cronologico e stilistico del tema cavalleresco nella letteratura italiana. In effetti nel Medioevo e fin quasi al Rinascimento veniva basata l’epica su modelli strettamente di “reconquista” o crociati, esaltando solo le virtù guerriere ed eroiche dei personaggi secondo i tipi della “Chanson de Geste”, mentre con l’avvento dell’Umanesimo e dopo la crisi economica del secolo XIV, quando l’azione individuale dell’uomo esplode di egocentrismo e si fanno strada nuovi ceti borghesi arricchiti, la letteratura cavalleresca tende a trasformare in via elitaria e quasi eterea il cavaliere, somma di tutte le virtù e della nobiltà, in quanto uomo “cortese” che sa combattere ma soprattutto sa amare ed essere gentile (per esempio l’Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo). La cavalleria si preparava ad essere intesa piuttosto che un ordine sociale (e militare) come uno stato onorifico, e si raggiunge il culmine di questo processo letterario con l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, agli inizi del secolo XVI quando l’immagine del cavaliere sbiadisce del suo senso tradizionale, diventa astratta, lontana dalla realtà, e si svuota dell’originario scontro tra Cristiani e pagani. La dialettica e il dibattito tra queste ultime due visioni dell’epica giunse ad un vero e proprio scontro, una aspra polemica, che investì le corti di Venezia, Padova, Ferrara e Mantova, e che proprio nel vertice veneziano di questo quadrilatero, espandendosi al resto d’Italia, trovò una evoluzione nella seconda metà del secolo XVI, ossia l’espressione pienamente controriformista del genere epico-letterario Costantiniano, dove l’aspetto della Guerra Santa veniva a primeggiare su tutto tranne che sulla Religione, alimentando allora la storia ma anche il mito dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio.

Questa trasformazione a ben vedere è possibile notarla anche all’interno dello stesso genere epico-letterario Costantiniano, infatti a titolo di esempio, è opportuno ricordare il poema in tre canti (con alcuni sonetti e dediche) del mantovano Alessandro Battaglia, L’Origine, et fatti dell’Illustrissima Casa di Cernovicchi, pubblicato in Venezia nel 1575, quindi grosso modo coevo all’opera del Tasso ed un ventennio primo dell’opera del Vitignani. Gli intervalli temporali suddetti sono quelli intercorsi per far maturare, in conformità al nuovo stile, la scrittura romanzesca, poetica e cronachistica di genere Costantiniano, infatti, il testo del Battaglia anche se mantiene un certo senso di rilievo per la Croce e un senso di dovere crociato, risente ancora fortemente delle maniere espressive e concettuali afferenti all’ambito della cavalleria curiale e dell’amore cortese.

Allo stato attuale delle mie ricerche, l’inaugurazione velata del genere epico Costantiniano della letteratura romanzesca cavalleresca italiana, da intendersi come consapevole per l’Ordine, potrebbe considerarsi il mese di giugno del 1573. Questa data appare cruciale, come ho descritto nel suddetto mio articolo inedito. Infatti, nel giorno I giugno 1573 sono promulgati in Venezia nuovi Statuti dell’Ordine, a cura di Francesco Sansovino nella qualità di Cavaliere e Luogotenente Generale di Esso. Mentre nel giorno 27 giugno 1573, ancora Francesco Sansovino, ristampa in Venezia un proprio volume di grande fama, intitolato “Historia Vniversale dell’Origine, et Imperio de’Tvrchi” dedicato nel prologo al Gran Maestro dell’Ordine Costantiniano il Principe Girolamo Angelo Flavio Comneno). Tale dedica è assente nelle edizioni successive ma testimonia una intensissima fase di attività dell’Ordine in quel periodo, dagli assetti statutari alla propaganda mezzo stampa financo a nuove nomine cavalleresche come nel caso di Sebastiano Mezzegori (avvenuta proprio il giorno 27 giugno), che fu Ammiraglio dei navigli del Duca Alfonso II d’Este (regnabat: 1559-1597).

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