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Da Piacenza a Hebron, la vicinanza passa dai social

Gli affidatari piacentini di Salaam, Ragazzi dell’Olivo hanno organizzato un incontro virtuale sulla pagina FB di AssopacePalestina, alle 18

«Veramente difficile in tutto quest’ultimo anno alzare lo sguardo e non pensare alla pandemia, ai tanti cari che abbiamo perso, al lavoro – che pure abbiamo perso. E forse ancor più ora che nella primavera scorsa: forse la bella stagione ci aveva dato l’illusione che il peggio fosse passato e che pian piano saremmo tornati – pur tra mille difficoltà – alla nostra vita». Inizia così il comunicato del gruppo di affidatari piacentini di Salaam, Ragazzi dell’Olivo.

«Eppure alzare lo sguardo dalle preoccupazioni quotidiane può aiutarci a guardare oltre, a respirare meglio. Ed è così che noi – gruppo di affidatarie/i piacentini di “Salaam, Ragazzi dell’Olivo” che abbiamo in affido  bambine e bambini del campo profughi di Jabalia, Striscia di Gaza – stiamo tentando di fare. Sì, perché nel mondo – quello che non ci viene abitualmente raccontato da giornali e TV – le guerre continuano, con tantissimi morti, perlopiù donne e bambini; la povertà dilaga insieme alla pandemia e no, non ci sono vaccini né ristori. L’elenco potrebbe esser lungo. Come tante e tanti piacentini ricorderanno – anche grazie a IlPiacenza  – nel febbraio sia del 2018 sia del 2019 invitammo a Piacenza dei giovani di Hebron – Cisgiordania, Palestina. Questi giovani di YAS (Youth Against Settlements), come tutta la popolazione palestinese di Hebron, vivono da anni in un regime di apartheid».

Perché?

«Il 25 febbraio 1994 Baruch Goldenstein sparò con un fucile contro i musulmani riuniti in preghiera nella moschea in occasione del Ramadan, uccidendone 29 e ferendone altri 100. I segni della sparatoria sono ancora visibili sul muro della Tomba dei Patriarchi nella Moschea di Abramo. Ricordiamo, per chi non lo sapesse, che Abramo è un patriarca sacro per tutte e tre le religioni monoteiste. Da allora Hebron è diventata una città fantasma. Tutte le vie  -  compresa la centralissima Shohuada Street – vennero chiuse e con loro anche tutte le botteghe», si legge.

«La situazione è paradossale. A Hebron vivono circa 800 coloni israeliani (le colonie, secondo l’ONU sono illegali) difesi da un immenso contingente dell’IDF (l’esercito israeliano): il tutto a fronte a oltre 35mila palestinsei residenti. Come scrivevamo prima, nel 2018 e nel 2019 avevamo invitato dei giovani di Hebron a portare la loro testimonianza a Piacenza: incontro la mattina nelle scuole (2018 al Volta di Castel San Giovanni, Liceo Gioia nel 2019) e incontro pomeridiano nella sala del Samaritano della Caritas. Avevano portato video, fotografie, cartine: gli incontri, specie con i giovani, molto vivaci: un confronto tra giovani della stessa generazione, ma che vivono in situazioni assolutamente diverse».

«Dal 2020, per le ben note ragioni, non è più stato possibile invitarli in Italiia e a Piacenza. E allora abbiamo pensato di fargli sentire la nostra vicinanza e solidarietà anche in questi tempi, ancor più terribili per loro dove nessun vaccino è ancora arrivato. Abbiamo composto un pannello di foto e oggi, 25 febbraio, glielo invieremo. Inoltre, sempre oggi, si potrà incontrarli virtualmente sulla pagina FB di AssopacePalestina, alle 18. Alzare lo sguardo può far bene ad altre/i e aiutare anche noi».

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