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«Dai film per militari in piazza Cittadella fino al Plaza. Ecco la storia dei cinema a Piacenza»

Al Circolo dell’Unione l’affascinante storia dei cinematografi presentata dal giornalista Giuseppe Romagnoli e da Alessandro Manfredi

L’affascinante storia dei cinematografi a Piacenza: una suggestiva carrellata dalle origini fino alla loro ineluttabile scomparsa sancita dalle nuove tecnologie: l’hanno ripercorsa il giornalista Giuseppe Romagnoli ed il proiezionista (per quarant’anni) Alessandro Manfredi al Circolo dell’Unione di Piacenza. Una serata impreziosita dalle musiche, ovviamente cinematografiche, proposte con leggiadria, anche durante la cena, da Fausto Frontini.

Dopo il saluto del presidente Stefano Sfulcini, Romagnoli, con il supporto di alcune antiche foto, ha ricordato gli albori nei primi anni del ‘900, in piazza Cittadella quando i primi cinematografi erano nomadi, più o meno come i circhi. Giravano nelle varie città, piazzando tende in piazze e sobborghi. In pratica non erano altro che baracconi formato da teloni incerati sostenuti da pali di legno e traversine di ferro da dove entrava la gente attratta dalla magica novità del cinema. Sullo sfondo (come si evince dagli articoli di Giulio Dosi e successivamente da quelli di Giulio Cattivelli) era collocato un candido telone su cui apparivano le tremolanti immagini del film, ovviamente mute. Nello spazio tra cabina e schermo c’erano quattro o cinque file di panche senza schienale: l’arredamento ed il confort era tutto lì. 

Perché in piazza Cittadella? Anche se Dosi non lo scrive, è facilmente arguibile per la presenza della caserma del Genio Pontieri con un gran numero di militari che dovevano trascorrere la libera uscita senza annoiarsi, spendendo il meno possibile.

Il primo vero locale a Piacenza nacque nel 1906 per iniziativa di un brillante funzionario dell’Amministrazione Provinciale di Bologna, appassionato di congegni elettrici, che nel tempo libero si dilettava a preparare le luminarie per le sagre paesane: il geometra Oreste Leonardi. Giunto a Piacenza acquistò la chiesa sconsacrata di Sant’Ulderico all’angolo dell’omonimo violetto con via Garibaldi, e la trasformò in cinematografo chiamandola "Sala Marconi" in omaggio al grande scienziato bolognese padre della radio. Agli esordi l’ampio locale conservò molte caratteristiche che ricordavano il precedente uso. Come si evince dalle testimonianze, c’erano ancora le volte di gusto barocco, il pulpito, le stampe nelle nicchie e le panche che avevano assistito a genuflessioni, preghiere e benedizioni". 

Più tardi la "Sala Marconi" venne modificata ed i posti vennero suddivisi , a seconda della comodità e della visuale, in tre categorie.

Per anni la "colonna sonora del Marconi" fu un pianista cieco, Pietro Tassi, abilissimo pianista e sensibilissimo musicista che, cogliendo immediatamente le reazioni del pubblico, sapeva cambiare tipo e ritmo di musica adeguandola alla scena che si svolgeva sullo schermo. Oppure vi suonava la madre di Giulio Cattivelli insegnante di musica e pianista. L’amore per il cinema di Giulio forse nacque così.

Nel periodo antecedente la prima guerra mondiale aprirono i battenti altri cinematografi cittadini: il Kursal, ubicato in Piazza Cittadella a ridosso del vecchio mercato coperto. Era un locale di discreta qualità, con specchi e poltrone di velluto ed addirittura, all’ingresso, un piccolo bar. Era gestito dal signor Icardi e fu in grande voga per un paio di stagioni, tra il 1908 ed il 1910. Sembra che al Kursaal siano andati inscena anche spettacoli musicali, con le ballerine che crearono amori e scompiglio presso qualche danaroso frequentatore.

Più lunga durata (anche dopo il periodo bellico) l’ ebbe invece il "Roma", inaugurato nel 1912. Era in Piazza Cavalli, al primo e secondo piano successivamente occupato dal "Banco di Roma". Era gestito dalla marchesa Zambelli Dalla Rosa ed era quindi frequentato dalla buona borghesia cittadina, con le più recenti pellicole. 

Più “proletarie” erano la sala "Excelsior" di via Guastafredda ed il cinema "Eden" aperto il 2 marzo del 1913 in piazza Cittadella nella famosa "Balera ‘d Gilè", immortalata da Valente Faustini in una sua celebre poesia. 

Venne la guerra e bisognava far divertire i soldati sempre numerosissimi nella nostra città: in concorrenza all’Excelsior, aprì il cinema Verdi, noto più tardi anche con il nome di “Salon Rosa” (locale da ballo) che venne ricavato nella vecchia chiesetta sconsacrata di S. Matteo nel vicolo omonimo di via Taverna e che proseguì la sua attività fino alla vigilia della 2° guerra mondiale. Poi calò il sipario sullo schermo ormai polveroso del Verdi; non più spettacoli d’arte varia, non più proiezioni di pellicole comiche, ma languide e voluttuose danze ai ritmi di orchestrine vernacole: si trasformò nell’intimistico “Salon Rosa”.

Il 1920 è un anno cruciale nella storia del cinema di Piacenza. Infatti è l’anno in cui "l'Iris" di via Garibaldi cambiò ancora nome, per assumere quello della via che conserverà fino agli anni 70. E’ anche l’anno in cui, il 1° luglio, venne inaugurato il cinema "Iris" di strada San Raimondo, la prima lussuosa sala cinematografica intesa in senso moderno ed ancora successivamente trasformato. 

I Leonardi ebbero in affitto il "Politeama" fino al 1935-36. Come dice il nome stesso, il "Nuovo Politeama Piacentino" (questa era la sua esatta denominazione quando venne inaugurato il 10 febbraio 1883, conclusa in meno di sei mesi la costruzione iniziata nel settembre 1882 su progetto dell’ing. Perreau) era quello che oggi si chiama "uno spazio culturale" in grado di ospitare i più svariati tipi di rappresentazioni. Infatti, mantenendo fede al suo nome, il "Politeama" vide spettacoli di prosa, lirica, esibizioni circensi, spettacoli di rivista, addirittura riunioni di boxe, adunate di gerarchi fascisti, celebrazioni di regime, operette, pièces goliardiche e, ovviamente, anche il cinema. In origine, l’interno del "Politeama" era costituito da una vasta platea, due ordini di gallerie ed un loggione. Nel 1929 la capienza venne aumentata a 2300 posti di cui 1700 a sedere. Ben più radicale fu l’intervento portato a termini nel 1947 quando dall’interno della sala scomparvero le gallerie ed il loggione per lasciar posto ad una struttura molto simile a quella attuale. 

Qualche tempo dopo passò al dottor Bruno Bergonzi al quale, alla fine degli anni ’60, subentreranno i figli Nino ed Augusto che lo rivoluzionarono, trasformandolo in una "multisala"; i Bergonzi trasferirono i loro interessi a Parma e divenne di proprietà di Giancarlo Leonardi. Nel dopoguerra il "Politeama" ebbe anche, per molte stagioni, una versione estiva all’aperto con poltroncine di vimini nell’ampio giardino che precedeva l’ingresso del cinema.

Sul palcoscenico del “Politeama", si esibirono anche celebri artisti della lirica  tra cui i piacentini Italo Cristalli, Piero Campolonghi, Gianni Poggi, Flaviano Labò, ma anche star della rivista come Macario, Rascel, Totò, Nino Taranto, Carlo Dapporto e  Wanda Osiris. Al "Politeama", nel 1935, Egidio Carella, rappresenta la prima di "Oh che rattasàda", nel ’54 di "Col còr in gùla", nel ’57 "Divieto di afflizione" e nel ’58 "L’ha mangià ‘l mlon". Nel dopoguerra, al "Politeama" furoreggiò l’avanspettacolo che precedeva la proiezione di un film di seconda o terza visione. 

Nel 1932, a dodici anni dalla sua inaugurazione, "l'Iris" di Corso Vittorio Emanuele, viene completamente ristrutturato ed adeguato alle mutate esigenze del nuovo cinema e soprattutto del nuovo pubblico. Nel 1941, anche il "Cinema Italia" rinunciando alle civettuole balaustre floreali ed agli altri fregi liberty, si trasformerà totalmente e da allora si chiamerà "Corso".

Nel 1942, in piena guerra Francesco Leonardi aprì, costruendo su una zona su cui prima sorgevano casupole e stalle (di cui abbiamo trattato per Porta Galera) il cinema "Roma" in via Capra.

Tra i cinema i cinema estivi all’aperto, oltre al "Politeama", c’erano anche il "Diana" in viale Dante ed il cinema "Giardini" davanti ai giardini Margherita, un’area all’aperto vastissima. All’aperto anche il "Taverna" sorto nel cortile del palazzo Barattieri in via Taverna appunto. 

Alla fine degli anni Cinquanta, arrivò il cinema-teatro "Plaza" sotto Palazzo della Borsa.  Anche le sale parrocchiali ebbero un grande successo: il "Sant’Antonino". In San Vincenzo tenne banco per lungo tempo il "Cineforum" animato dall’allora don Ersilio Tonini (poi Cardinale) e da Giulio Cattivelli critico cinematografico di Libertà. Qui ci si andava alla domenica, grazie alla “paghetta”, prima al S. Vincenzo, poi al S. Antonino. C’era anche il "Fumeo" in San Sepolcro, nel quale, giovanissimo iniziò la sua carriera di proiezionista Alessandro Manfredi che nella sua stimolante conversazione ha ripercorso i tanti anni trascorsi dietro il proiettore, sottolineando le caratteristiche tecniche e le diverse modifiche intercorse negli anni.

Nella sua intensa esperienza ha avuto modo, in quel particolare contesto, di osservare mode, frequentatori, i film più gettonati, l’evoluzione del gusto degli spettatori di cui ha trattato con la consapevole amarezza di un mondo che è ineluttabilmente scomparso. Non il cinema, ben inteso, ma i cinematografi. Ma della sua unica, straordinaria esperienza, il dott. Manfredi sta predisponendo l’avvincente storia tutta piacentina che presto si spera di poter leggere.

La serata non poteva che chiudersi con un menù “cinematografico”, ovvero timballo (dal film big nigte), tacchino alla Bud Spencer e Terence Hill e dolce dal film “Cocolat”, e naturalmente la musica del prof. Frontini.

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