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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Dalla Valdaveto agli States e ritorno: «I nostri avi emigrati senza nulla in mano»

Da oltre un secolo i Carini americani mantengono stretti legami con Costa-Curletti e Cattaragna. Quattro fratelli, Heather, Brian, Spencer e Angelina con il marito John, per alcuni giorni sono tornati in Valdaveto

Sono tantissime le persone di media età nate negli Stati Uniti e irrimediabilmente legate all’identità italiana che per più di un secolo si è mescolata a quella locale. Tra queste, parecchie originarie della Val Nure – Val d’Aveto, di tanto in tanto amano ritornare nella terra dei loro avi. La signora Beatrice Rebecchi sull’ultimo numero del periodico “La Nuova Montagna” - edito dall’importante strumento di aggregazione Circolo Anspi Santa Giustina Costa-Curletti  - ha pubblicato un interessante articolo sul tema “emigrazione-immigrazione: un passato che ritorna”, nel quale forniva la notizia dell’arrivo in Italia, tra aprile e maggio, di un gruppetto di  oriundi  per visitare alcune città italiane, ma  soprattutto per recarsi a Curletti, Costa e Cattaragna (da dove proveniva una loro trisavola), mossi dalla curiosità di vedere o rivedere  le case in pietra costruite con sacrificio dai loro antenati, magari proprio con i proventi delle trasferte americane. Guardare con i loro occhi quei paesaggi di montagna che i loro bisnonni descrivevano con nostalgia.

Nella foto in apertura di alcuni giorni fa, cinque Yankee a San Giorgio ospiti dei “lontani parenti” Beatrice Rebecchi  e del marito Roberto Segalini. Da sinistra: le italiane signore Anna Carini e Luisa Malchiodi (sorella del sindaco di Ferriere); poi i fratelli Spencer Carini (South Glastonbury, Connecticut), Angelina Carini (San Francisco bay, California), Beatrice Rebecchi, Heather Carini (South Glastonbury, Connecticut), Brian Carini (New York), John Barlow, marito di Angelina (California ), Roberto Segalini. 

Haeter Carini (la maggiore dei fratelli) vive a South Glastonbury con i due figli; così il fratello Spencer ed i genitori che risiedono nella casa ristrutturata che fu dei nonni italiani, poco distante dai frutteti che i Carini impiantarono a inizi Novecento. Il secondogenito Brian, (nella foto il terzultimo da destra), sposato con Kiasa, ha quattro figli, ha portato con sé la maggiore in questa impegnativa trasferta in Italia in quanto gli altri tre maschietti sono ancora piccoli. Lavora a Manhattan per la Banca American-Express conosciuta in tutto il mondo per le speciali carte di credito. Per anni ha abitato nel centralissimo quartiere di New York, ma da quando la famiglia si è allargata ha preferito optare per la campagna e si è reinsediato in Connecticut, facendo la vita da pendolare. L’ultima sorella, Angelina, ha sposato John Barlow (nella foto il penultimo a destra); la famiglia con i quattro figli vive a Sunnyvale, un soleggiato (come dice il nome stesso) borgo californiano, poco distante da San Francisco, nella rinomata e costosa Silicon Valley dove hanno sede le maggiori multinazionali informatiche come Google, Microsoft e Facebook. John Barlow infatti lavora alla Nasa, come ingegnere nel settore sviluppo robotica. Per salvaguardare l’ambiente (e forse per ripulirsi le coscienze, dicono taluni) queste grandi società danno a ciascun dipendente un contributo per non andare a lavoro con l’auto, ma per incoraggiarli ad utilizzare la bicicletta, favoriti dal clima mite, raramente piovoso e dalle comodissime piste ciclabili dedicate ai lavoratori. John infatti percorre 20 chilometri al giorno tra andata e ritorno: sostiene che ciò lo rilassa e lo aiuta a liberare la mente. I fratelli Carini sono venuti in Italia la prima volta nel 2001, sono poi tornati  nel 2004 e nel 2010. In un successivo articolo ne ripercorreremo la storia americana iniziata dai loro avi oltre un secolo fa. Ora, approfittando della loro cortese disponibilità, abbiamo posto alcune domande: 

- L’idea che avevate dell’Italia è cambiata quando ci siete venuti davvero?

Molti italo-americani nati nel terzo millennio quando pensano all’Italia si riferiscono a Roma, Firenze, Venezia, Milano, ma noi siamo ben consapevoli che il mondo delle nostre origini è differente! Ci sono paesini purtroppo sempre meno abitati. Sono luoghi molto diversi dalle grandi città, ma sono bellissimi. Il poterli vedere rinforza i legami tra le persone: è bello essere accolti, come oggi qui da Beatrice e Roberto, stare con loro, pranzare insieme, gustare a chilometro zero il gusto del cibo mediterraneo che, per quanto possibile, adottiamo anche nella nostra quotidianità americana e ripercorrere i tempi e il territorio sfogliando le pagine dei libri di Dina Bergamini e Paolo Labati.  Domani andremo a Curletti, poi ne approfittiamo per visitare le città d’arte. Differenze riscontrate rispetto agli anni passati?  Poche, a parte l’Euro che ha reso tutto più costoso...

- Avete una comunità italo-americana organizzata? 

I nostri avi sono arrivati in America senza niente in mano, scappando dalla povertà, hanno lavorato molto, costruito molto con le loro forze: tutto dal nulla.  E’ bello e giusto essere consapevoli da dove veniamo, anche per onorare lo sforzo delle nostre famiglie. Siamo orgogliosi di quello che hanno realizzato i nostri congiunti; essere italo-americani significa essere italiani e americani allo stesso tempo! Il mondo però cambia rapidamente; le persone adesso vivono vite molto autonome; quando i nostri genitori erano piccoli era diverso, ora non c’è più tanta vita di comunità;  la stessa lingua italiana perde terreno a favore di quella russa e cinese. Resistono però le strade abitate dagli immigrati; un tempo confinate sulle colline avevano prezzi molto accessibili, oggi, ristrutturate, hanno  valori più elevati rispetto a quelle sulla costa. A mantenere vivi i rapporti della comunità ci aiuta la tecnologia Web, ci facilita i contatti, ci consente il piacere di riconnetterci alle nostre origini italiane, di godere di una accoglienza come quella di oggi e che sicuramente avremo domani e dopodomani a Curletti, a Costa e Cattaragna.

(continua...)

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