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Giovedì, 25 Aprile 2024
Il dibattito

«Investiamo nell’attuale struttura». «No, il Polichirurgico non si può più incerottare»

Botta e risposta a Palazzo Farnese tra contrari (il comitato e i suoi attivisti) e favorevoli (i sanitari dell’Ausl, l'azienda e il sindaco Tarasconi) alla costruzione del nuovo ospedale

Il comitato con veemenza ha difeso le proprio istanze: i soldi messi a disposizione dalla Regione vanno usati per allargare e migliorare l’attuale Polichirurgico. I sanitari non sono per niente d’accordo: quello attuale è già saturo, senza la possibilità di ricavare nuovi spazi, e già ampiamente rattoppato. Il dibattito andato in scena alla Cappella Ducale di Palazzo Farnese, richiesto dal comitato “Salviamospedale” e concesso dal Comune di Piacenza con l’Ausl, ha scavato ancora più un solco tra chi vuole il nuovo ospedale e chi tutela quello attuale. Due posizioni inconciliabili che non trovano neanche un punto di contatto.

«Noi vogliamo tenerlo dov’è – ha ribadito il portavoce del comitato, Augusto Ridella - non come è. Non è un ospedale vecchio, il Polichirurgico ha meno di 30 anni, alcuni reparti hanno meno di dieci anni. Non vogliamo perdere il finanziamento, ma ci sono già gli spazi per intervenire sulle criticità che ci sono». Concorde l’altro portavoce, Giovanni Ambroggi. «Idea affascinante, suggestiva, definita una grande, storica e irripetibile opportunità quella di costruire un nuovo ospedale. Nel giro di 70km abbiamo tre ospedali universitari. Gli stipendi dei sanitari andrebbero adeguati, durante la pandemia si sono spesi per salvare le vite. La ristrutturazione dell’attuale ospedale andrebbe portata avanti per gradualità. Il Polichirurgico è il 70% dei posti letto del complesso ospedaliero e ha 29 anni. È costato 130 miliardi di vecchie lire. Il pronto soccorso è del 2014, alcune parti sono giovani». E sulle difficoltà di accesso del “Guglielmo Da Saliceto”? «Non è in piazza Cavalli – è l’opinione di Ambroggi - ma è raggiungibile facilmente da autostrada, ci sono alcuni problemi di traffico, ma non siamo messi malissimo. Proponiamo di concentrarci sulla parte vincolata dell’ospedale, quella vecchia. Per il problema dei parcheggi c’è l’ex Acna, con i 9 milioni di euro di Pnrr per bonificarla: 800-1000 posti auto ci stanno». «Non dubitiamo della buonafede del sindaco - ha incalzato ancora Ambroggi, in passato assessore a Piacenza - è difficile fare gli amministratori. Però con coraggio proviamo a proporre una rigenerazione urbana, chiediamo di rivedere gli studi di fattibilità e garantire le risorse che ha già deliberato modificando la destinazione. La soluzione è questa».

L’Ausl è convinta del percorso verso il nuovo ospedale. «Non è una novità per me la nascita di un comitato quando si decide di abbandonare un ospedale in centro storico – ha preso la parola la dg Paola Bardasi. Poi quando l’opera è realizzata, nessuno vuole tornare più indietro. Il Covid ha creato una cesura profonda nel modo di fare sanità. L’ospedale non è più quello che era 10 o 5 anni fa. Deve essere flessibile. Chi ha strutture rigidi, non flessibili, con una logistica difficile, vive difficoltà. Solo negli ultimi mesi abbiamo dovuto trasferire la diabetologia, lavorare sulla geriatria, riconvertire la struttura psichiatrica, rivedere a breve alcuni ambulatori. Il progetto del nuovo ospedale è sostenibile dal punto di vista economico, organizzativo, dell’innovazione e armonizzato con gli altri servizi del territorio. Il polichirurgico non è espandibile, ha vincoli che impediscono la sua evoluzione. Tutti gli anni spendiamo 7,5 milioni di manutenzione dell’ospedale, per tappare i buchi dei reparti, sistemare le situazioni. Ma tra 7 anni avremo un 57% di criticità nella struttura. L’obsolescenza c’è, nonostante i 70 milioni che spenderemo».

Anche il sindaco Katia Tarasconi non ha dubbi. «Parliamo del nuovo ospedale dal 2015, siamo nel 2023. Nessuno qui costruirebbe un ospedale, se questo non servisse. L’area di via Taverna avrà un percorso condiviso con l’Ausl, il Comune e i residenti per il suo destino futuro. Mi fido dei professionisti e di chi sa fare il proprio mestiere. Ci sono reparti che adesso non lavorano in sedi confortevoli, con spazi angusti per i pazienti. Possiamo avere “il dottore bravo in un ospedale bello”? Della carenza di medici ne siamo a conoscenza. Se un neo laureato può scegliere dove andare a lavorare, sceglierà di lavorare in un luogo ideale o in una struttura non adeguata?»

Ridella ha perso più volte l’aplomb, arringando la platea, che ha condiviso le sue tesi con fragorosi applausi: «Non possiamo aspettare dieci anni per avere parcheggi e strutture adeguate». Per il sindaco infatti «dobbiamo correre in fretta per avere il nuovo ospedale».

Sul palco è salito anche Daniele Vallisa, direttore di Ematologia. «Proprio oggi abbiamo registrato nel mio reparto l’ennesima rottura delle tubature, che si aggiunge ai problemi con le pompe di calore e a quelli di spazi. Che qualità di sanità vogliamo a Piacenza domani? Questa è la domanda. Le attuali strutture stanno dando al massimo. Io tra pochi anni vado in pensione, non porto a casa niente da questa storia, prendo posizione per il nuovo ospedale per i sanitari e pazienti che verranno. La città di Cesena era partita con noi ed è avanti nella costruzione del suo ospedale. Se si vuole un ospedale di bassa intensità, senza il centro trapianti, va bene così come è quello attuale. Ma già anni fa si pensava che via Taverna non fosse sufficiente. Demolire il centro di Igiene mentale per costruire posti letto? Ci abbiamo già pensato, non si può. Non possiamo continuamente incerottare il vecchio ospedale. Non sono un architetto, ma la mia esperienza da medico e quella dei colleghi suggerisce di costruirne uno nuovo».

L’ex sindaco socialista Stefano Pareti è fortemente contrario. «Date motivazioni valide contro le nostre richieste, è un peccato che Tarasconi non intenda cambiare la propria idea». Diverse le considerazione pro “salva ospedale”. Così come alcuni lavoratori dell’ospedale hanno testimoniato le difficoltà strutturali del “Guglielmo da Saliceto” e degli altri spazi, come la mancanza di posti a “Villa Speranza” per l’urgenza. Anche l’ex chirurgo (in pensione) ed esponente della Lega, Carlo Segalini, ha ribadito la sua posizione “pro nuovo ospedale”. «Serve flessibilità, durante il Covid si è visto cosa s’intende aprire e chiudere i reparti. È sacro fare l’ospedale, che non è della città di Piacenza, ma della provincia e delle sue vallate. Il medico dà sempre il massimo in ogni struttura, però l’ospedale attuale non si può trasformare. Aumentando le sale operatorie da 10 a 14 significa inoltre diminuire le liste d’attesa». «Nessuno si è mai preso la paternità dell’attuale struttura – è la stoccata di Matteo Silva, primario di medicina d’urgenza-alta intensità - nata già vecchia, sotto inchiesta, con varianti su varianti al progetto perché non c’era spazio per costruire». Il dibattito è proseguito a lungo, con tanta gente comune che ha preso la parola per ribadire le istanza di una o dell’altra tesi.

Tarasconi e Ridella

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