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«Genitori mantenete la possibilità di verifica sui dispositivi digitali dei vostri figli fino alla maggiore età»

Conferenze di bioetica, intervento del professor Daniele Novara in Fondazione: «Concedetene l’uso in maniera graduale in base all’età. Niente schermi prima dei tre anni»

Protagonista del quarto giovedì della Bioetica - l’iniziativa promossa dall'Istituto Italiano di Bioetica sezione Emilia Romagna e dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano - il tema “L’invadenza della tecnologia nel mondo dei giovani”. Ad approfondirne gli aspetti è stato il piacentino Daniele Novara, pedagogista tra i più noti d’Italia, professore dell’Università Cattolica di Milano, fondatore tra l’altro del Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti; autore di numerosi libri e pubblicazioni.

«Hanno pochi anni è già riconoscono sullo schermo di smartphone, tablet, pc, l’icona per andare ad ascoltare una musica gradita e riescono ad accedere ai tanti giochi che offre il web» ha evidenziato il giornalista Gaetano Rizzuto nella sua nota introduttiva riferendosi ai “bambini digitali”, i nativi di questo millennio immersi prima ancora che nella relazionalità della famiglia e della scuola materna, nelle schermate della tecnologia.

Cosa accadrà nella loro crescita non è ancora ben definito; preoccupanti risposte sono state date dalla psicologa e psicoterapeuta Olga Chiaia che ha evidenziato il postulato proprio dell’organismo umano “tutto ciò che non si usa, si atrofizza”, a proposito del fatto che tante parti del cervello, anziché essere stimolate dal mondo che li circonda vengono occupate dai “device tecnologici”; «I quali – ha aggiunto il prof. Giorgio Macellari – stanno sostituendo negli adolescenti la tendenza a fare gruppi spontanei creando una specie di autismo narcisistico. Studi attendibili rivelano collegamenti diretti tra la consultazione ripetuta di più social e i rischi da dipendenza da fumo e alcool».

«Il fatto che i nativi digitali tendano a isolarsi e a vivere un mondo parallelo è l’aspetto più evidente - ha commentato Novara - ma un problema più grande sta nel fatto che i dispositivi tecnologici tendono a sollecitare aree cerebrali molto sensibili vicine a quelle del piacere, risulta così naturale la preferenza per la tecnologia a scapito della conversazione relazionale. Ogni cambiamento tecnologico è ben accetto ma non bisogna perdere di vista l’orizzonte umano. Non tutto ciò che il mercato propone come nuovo è legittimo né tantomeno educativo. Subiamo un’invasione di videogiochi e prodotti multitasking accompagnata da una confusione di dati scientifici. Le tecnologie che comportano la limitazione della sensorialità e dei movimenti fisici rappresentano un grave attacco all’infanzia nella quale la crescita e l’apprendimento si basano sul muoversi, sullo sporcarsi, sul toccare materiali primari di ogni tipo: terra, acqua, sabbia e elementi naturali. Elementi che un videoschermo non può sostituire. I bambini devono interagire con altri bambini. Quando impariamo a leggere e scrivere impariamo a riconoscere le lettere in base a linee, curve e spazi vuoti con un apprendimento che richiede l’uso sia degli occhi sia delle mani; sono traguardi che si raggiungono con la biro, non con la tastiera». 

Gli esperti delle neuroscienze dicono ai genitori di limitare al massimo l’accesso dei bambini a videoschermi e videogiochi, lo fanno a ragion veduta: «I genitori dovrebbero esserne coscienti e porre limitazioni, invece si compiacciono del fatto che il bambino sa fare cose da adulto “Se usa lo smartphone vuol dire che sta diventando grande”. Educare è una questione di misure in relazione all’età. Occorre aiutare i ragazzi mettendo limiti e in casi estremi divieti tenendo presente che per questi la figura paterna può avere un ruolo decisivo». 

Entrando nel concreto, il prof. Novara ha indicato una serie di regole tra le quali: «Non più di trenta minuti di video al giorno e non prima dei tre anni di età, salendo progressivamente a un’ora dai 10 ai 17 anni. Lo smartphone personale va dato solo in prima superiore, in precedenza un semplice cellulare e, fino alla maggior età, mantenere la possibilità di verifica sui dispositivi digitali. A scuola usare la tecnologia in modo comune e cooperativo, mai individuale o esclusivo».

Nell’articolato dibattito sono seguite considerazioni su temi di ampio respiro quali la perduta alleanza scuola-famiglia, la latitanza dei governi sui temi educativi, e l’assenza di leader politici di statura sovranazionale: «è sconcertante costatare come un tema importante e complesso come l’emergenza climatica sia gestito da una sedicenne».

«Abbiamo una generazione più intelligente – ha concluso Novara - ma dobbiamo fare in modo che questa intelligenza venga utilizzata in funzione delle competenze e delle capacità sociali in un paese sempre più ospitale e non il contrario».

I “Giovedì della Bioetica” vanno in vacanza. Torneranno nel mese di settembre sempre in Fondazione: il giorno 26 alle 17.30, con Carlo Alberto Redi, dell’Università di Pavia, che parlerà di Genomica sociale nell’ambito del tema “Come la vita quotidiana può modificare il nostro DNA”.

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