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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Eroi della Formula 1 senza l'Iride, c'è anche “Cavallo Pazzo” Gabbiani

Alla Feltrinelli il giornalista di “Autosprint” Mario Donnini ha presentato il suo ultimo libro, che rende omaggio ai mancati campioni della Formula Uno che hanno conquistato il cuore dei tifosi. Tra loro anche il piacentino Gabbiani: «Ci vorrebbero altri italiani oggi in griglia»

I SOLDI PER CORRERE

È sempre più costoso emergere per un italiano in F1: dopo la crisi economica gli sponsor sono pochi. «Era difficile – ha sottolineato Gabbiani - anche una volta. Ricordiamoci che i soldi o li hai, o te li devono dare, altrimenti non corri in F1. Nei kart ce li deve mettere la famiglia, anche se fai parte di un team ufficiale. Senna era un fenomeno, ma era straricco, Piquet era figlio di un ministro brasiliano. Albon ha il padre che lo finanzia, il padre di Stroll ha comprato due scuderie per farlo correre. A me dicevano che ero un pilota con la valigia, ma tutti lo erano o avevano bisogno di soldi per provare a vincere». «Leclerc è un “povero” – ha evidenziato Donnini -, i soldi se li è fatti dare dal figlio di Jean Todt, suo manager, che ha intravisto in lui un grande talento fin da ragazzino, ma ogni anno doveva per forza vincere, altrimenti terminava il rapporto».

PILOTI E SORPASSI

Gabbiani ha avuto alti e bassi nei rapporti con i piloti della sua epoca. «Quello che va forte sa giudicare bene gli altri. A me stavano "sulle Beppe Gabbiani-2balle" in diversi, però li rispettavo perché in pista erano veloci. Da fuori sono cose che si fanno fatica a vedere, cosa ne sa la gente se fai passare un pilota a venti chilometri in meno dei limiti?». Suggestiva la frase a lui attribuita: “Sono leale, ma molto scorretto”. Da dove salta fuori questo strano ragionamento? «Ero esagerato nel sorpassare. Se andavo più forte, pretendevo che il pilota mi facesse passare. Ovvero: se ti sto rimontando diversi secondi al giro e ti ho preso, freni qualche metro prima e mi lasci passare. Ma ci sono tanti furbetti che, anche oggi, a centro curva, “ti chiudono”. E a questi la facevo pagare, davo delle ruotate…Io, invece, lasciavo il buco se vedevo che erano più veloci. Se c’era in ballo la vittoria, al contrario, dovevano “passarmi sopra”». Uno che andava veramente veloce era il ferrarista Michele Alboreto. «Era impassabile. Tanto gentile fuori dalla pista quanto spietato in gara. A Imola una volta volevo dargli un pugno, andava fortissimo e quella volta non mi fece passare, era in ballo un podio che avrebbe potuto cambiarmi la carriera».

LA FERRARI

Si è discusso anche d’attualità. Nell’ennesima stagione a digiuno di titoli mondiali, i tifosi si sono infiammati per il dualismo casalingo tra Vettel e Leclerc. «La Ferrari – ha osservato il giornalista di Autosprint - ha giocato sempre con una sola punta e un portaborracce, dai tempi di Schumacher. Ma ha vinto solo con Schumi. Senza di lui questa strategia non ha funzionato. Ma a noi piace vedere due piloti che duellano». Donnini ha invitato a vedere anche un altro duello: quello tra Ford e Ferrari nel film appena uscito al cinema, “Le Mans 66”.

Autosprint segue ovviamente con interesse le vicende Ferrari. Gabbiani ha un occhio più distaccato. «Lo sanno tutti, non sono ferrarista, pur avendo corso in Formula Due con loro. Non ho mai apprezzato l’atteggiamento, se la sono sempre tirata, è sempre stata un po’ troppo fighetta. Fanno delle gran macchine, vincono, anzi, diciamo che “vincicchiano” nel Gt, però in Italia siamo sempre stati troppo Ferrari-centrici e ci siamo persi il bello delle corse. I piloti che avevamo, le scuderie che c’erano... Solo la Minardi, che è arrivata ai tempi moderni, ha avuto un po’ di visibilità televisiva». Visibilità che al piacentino è un po' mancata. «Mi sono riguardato e contato. Nella mia carriera di Formula Uno alla Rai sarò rimasto inquadrato 28 o 30 secondi e conto un’apparizione con breve intervista alla “Domenica Sportiva”. Oggi del ventesimo in pista sappiamo tutto. Anzi, l’ultimo del 2019 è più famoso di Alan Jones, campione del mondo dei miei tempi». La considerazione si fa più ampia. «Allora era più difficile mettersi in mostra nelle categorie minori, che erano concorrenti della stessa Formula Uno. Adesso sapevamo già tutti che Leclerc era forte, come Albon». E l’italiano Antonio Giovinazzi, unico in griglia in F1? «Non sta guidando male, l’hanno confermato e spero che migliori ancora. Però uno solo non basta, ce ne vorrebbero due o tre di italiani. Non ce ne facciamo nulla dell’italo-austrialiano Daniel Ricciardo, non è italiano, stop. Voglio la bandierina italiana sotto al nome, non quella australiana».

MOTORI ELETTRICI E BATTERIE

La Formula Uno subirà la concorrenza della Formula-E? Sia per Gabbiani che per Donnini questa categoria è «divertente da guardare, uno spettacolo per gli spettatori». «Ma le vetture elettriche – conclude Gabbiani - sono un’altra cosa. Se dovessero correre un Gp di Formula Uno ci metterebbero una giornata intera, quando si sportellano tra loro o vanno a muro senti proprio una toccatina proprio perché stanno andando a 50 chilometri all’ora». C’è spazio anche per sfatare un falso mito. «È una cavolata – ha rilevato Donnini - che nelle Formula Uno si sperimentano novità e innovazioni che in un futuro poi approdano sulle auto di serie. È una scusa che utilizzano le scuderie per giustificare spese folli. Anche perché la Fia dà alle Case troppe indicazioni e misure da seguire per limitare gli sviluppi».

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