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Venerdì, 29 Marzo 2024
Allevatori in montagna / Bettola

Allevatori al passo del Cerro: «Siamo un po’ la Sardegna a Piacenza»

La storia della famiglia Gusai, originaria di Nuoro, dal 1999 lavora in una delle zone meno popolate della provincia piacentina: «L’abbandono toglie tutto ad una comunità»

C’è una “colonia” sarda tra Valnure e Val Perino. Siamo a Crocinito, poco dopo il passo del Cerro, nel territorio di Bettola. Qua la famiglia Gusai si è stabilita a vivere e lavorare. Il papà Luca Gusai e i figli Giuseppe e Andrea (un terzo fratello, Paolo, si occupa d’altro) sono allevatori, originari di Nuoro.

Dalla Sardegna nel 1993 si trasferirono a Campremoldo di Gragnano. «Uno zio - ricorda Luca - lavorava tra il Piacentino e il Parmense dal 1952, ci propose di venire a cercare lavoro qui, così iniziammo da bergamini presso un’azienda agricola di Campremoldo».

I Gusai dopo qualche tempo vogliono mettersi in proprio, ma non amano la pianura. Guardano alla montagna, per trovare gli appezzamenti di terra ideali. «Tramite amici - prosegue sempre Luca - scoprimmo la zona del Passo del Cerro. Acquistammo la stalla e i terreni. Erano rimaste tre sorelle a Crocinito che volevano vendere,i bovini non venivano più allevati da vent’anni in questo paesino disabitato».

Nel 1998 la famiglia acquista i terreni e inizia con trecento pecore di razza sarda. «Le prime - ricorda sempre il più esperto Luca - partirono il 12 gennaio ’99 dalla Sardegna. Le caricammo su un camion a rimorchio. Ricordo perfettamente che là c’era il sole, qui a Crocinito cinquanta centimetri di neve».

I Gusai arrivarono ad allevare fino ad un massimo di mille pecore. Poi, la decisione di indirizzare l’attività verso l’agriturismo. «Iniziò per scherzo. Chi passava da queste parti - ricorda il 45enne Andrea - voleva fare merenda, assaggiare il formaggio. Poi si passò ad organizzare qualche cena. Ecco perché poi abbiamo deciso di diminuire il numero di pecore e impegnarci nel fine settimana nell’agriturismo».

Andrea Gusai

La scelta di tanti anni fa di venire a vivere a Crocinito si è rivelata giusta. «Qua stiamo molto bene, il panorama e il luogo sono fantastici. Non ci sentiamo per niente isolati». E la Sardegna non vi manca? «Certo, un giretto per le vacanze lo facciamo sempre. Noi siamo un po’ la Sardegna qua a Piacenza. I sardi ci vengono a trovare da tutto il Nord, ma ovviamente la nostra clientela è piena anche di piacentini, bresciani, bergamaschi e piemontesi».

A Crocinito vivono solo loro. «Ci sono due case estive, ma i proprietari non vengono mai. E poi ci “abitano” 150 pecore, 100 capre, 5 mucche, 10 asini. Un tempo anche i maiali». Purtroppo 17 pecore e due montoni sono stati uccisi pochi mesi fa da un attacco dei lupi. «Vent’anni che combattiamo con il lupo, non è mai stato in via d’estinzione, l’abbiamo sempre visto da queste parti». L’argomento suscita molte polemiche. «Queste questioni andrebbero gestire da chi vive in montagna e non “dalla città”. Come fanno a decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato se non conoscono la realtà? Non sono contro il lupo, c’è posto per tutti in montagna. Ma non può continuamente creare dei danni». Sono davvero tanti quelli ora in circolazione? «Almeno un centinaio da queste parti. Chi vive in montagna sa di cosa parliamo, la situazione è rischiosa, io non mi permetterei di spiegare come bisogna organizzare la vita nelle realtà urbane».

La giornata dei Gusai comincia alle 5. «Accudiamo le bestie - prosegue Andrea - facciamo il formaggio, mio fratello Giuseppe le cura all’aperto. E nel fine settimana ci dedichiamo all’agriturismo. E, purtroppo, anche a difendere l’allevamento dagli animali selvatici». Lavoro faticoso? «È il nostro mestiere, ci piace, siamo appassionati, non ci pesa. Non sentiamo lo stress, sentiamo solo la stanchezza fisica, ma non quella mentale». I caseifici sono scomparsi in Valnure. «Sono dell’idea che, o hai una stalla che riesce a riempire da sola un camion da latte, oppure questo va lavorato in casa e gestirselo in proprio. Altrimenti l’azienda agricola non sta in piedi. La filiera deve essere in casa, a km 0. Altrimenti non ce la si fa». Ovviamente il prodotto che vendono di più è il Pecorino.

Ai Gusai si può rimproverare la poca comunicazione. Non sono presenti sui social, con loro funziona il “passaparola”. «Noi social? Neanche se ci pagano. Abbiamo già avuto anche troppa pubblicità quando la trasmissione “Melaverde” ci venne a trovare in due occasioni». Dieci anni fa una puntata con Edoardo Raspelli, appena prima della pandemia con Vincenzo Venuto. Grazie a queste due comparsate tv, rappresentano davvero una colonia sarda in Emilia.  

Andrea è drastico anche per quanto riguarda la burocrazia. «Non ci piace bussare alle porte delle associazioni agricole per chiedere dei contributi. Neanche durante il Covid l’abbiamo fatto, vogliamo andare avanti con le nostre forze. E sono anche piuttosto critico nei confronti dei contributi all’agricoltura». Perché? «Bisogna stare attenti, ti incentivano a partire con un’attività agricola o di allevamento. Poi i contributi finiscono e tu rimani solo. Bisognerebbe sempre fare prima bene i conti». L’imprevisto è sempre dietro l’angolo. «L’inflazione ha fatto aumentare tutto nel nostro settore. Se rompo qualche pezzo del trattore, sono rovinato. È dura lavorare così».

La famiglia lavora in una delle zone più sperdute della provincia, pur non essendo situata né in altitudine o troppo lontana dalla pianura, rispetto ad altre realtà. «L’abbandono - è la riflessione di Andrea - toglie tutto ad una comunità. Non si può pretendere che la strada sia perfetta, nessuno più vive da queste parti. Le cunette le puliamo io e mio fratello, non chiedo al Comune di Bettola di provvedere a tutto, ha solo tre cantonieri che gestiscono un vasto territorio. Se in un luogo rimane poca gente, è normale che questo sia poco curato». Cosa si potrebbe fare però per aiutare chi è rimasto? «Magari pagandoci per alcuni lavori che facciamo, alcuni giovani potrebbero essere coinvolti in alcune attività per arrotondare».

Andrea Gusai-4

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