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«Sentenze inadeguate per le famiglie delle vite spezzate: le leggi ci sono ma non vengono applicate»

Per Marina Brasiello, presidente dell’Associazione vittime di violenza - Io no «non si sono fatti passi avanti per mettere un freno ai femminicidi e alla violenza in generale». Aspettando il 25 novembre, Giornata contro la violenza sulle donne, ci fornisce il suo punto di vista su un problema che quotidianamente si fa sentire

Letizia Marcantonio-2«Se in America ti condannano a 30 o anche 60 anni per stupro, in Italia non ti condannano a tanto nemmeno per omicidio. Poi queste persone escono dal carcere, non hanno paura e continuano a mettere in atto il reato. Lottiamo contro i magistrati ma sembra di lottare con mulini a vento». Per Marina Brasiello, presidente dell’Associazione vittime di violenza - Io no «non si sono fatti passi avanti per mettere un freno ai femminicidi e alla violenza in generale». Presidente onoraria dell’associazione è Letizia Marcantonio, mamma di Rossana Jane Wade,  assassinata e abbandonata in un casello ferroviario abbandonato nella zona di Fiorenzuola dal fidanzato Alex Maggiolini, il 2 marzo del 1991. A Rossana e a tutte le donne vittime di violenza l’artista fiorenzuolano Stefano Villaggi ha dedicato una scultura che sarà inaugurata nel pomeriggio di sabato 27 novembre ad Alseno e installata nel giardino delle scuole medie a lei intitolato.

Intanto Brasiello, che presiede un’associazione nata dall’esigenza di garantire una tutela ed un sostegno morale alle famiglie delle vittime e a tutti i suoi componenti, ci fornisce il suo punto di vista su un problema che quotidianamente si fa sentire. Tanto che, ad esempio, nell’ultima settimana nel Modenese tre donne sono state uccise per mano di un figlio in un caso e dai mariti negli altri due. In un episodio quella mano ha tolto la vita ai due figli e alla suocera.

Brasiello, che cosa sta accadendo?

«Durante il lockdown c’è stato un alto tasso di violenza, non solo fisica ma anche psicologica e verbale che a volte è più brutta di uno schiaffo. In tanti casi si è scatenata sui social network dove tutti attaccano tutti. Dobbiamo combattere ma il coltello dalla parte del manico lo hanno i magistrati».

Cosa si potrebbe fare?

«A volte noi associazioni, piccole o grandi, ci chiediamo per cosa lottiamo a fare se ci sono le leggi che poi non vengono applicate. C’è qualcosa che non funziona nel sistema giuridico: un processo per omicidio che in alcuni paesi dura tre mesi, in Italia arriva anche ai sette anni. La Giustizia non riporta in vita una ragazza ma se si esce da un’aula con una sentenza adeguata le famiglie delle vite spezzate escono, in minima parte, con meno dolore».

Ci sono tante associazioni a tutela della violenza di genere: come lavorate insieme?

«In questo momento farsi la guerra tra associazioni sarebbe devastante. Occorre andare avanti tutti insieme perché l’unione fa la forza. Se ci si scontra si cade nello stesso errore di chi uccide».

Si avvicina il 25 novembre, Giornata contro la violenza sulle donne: cosa si può dire a tante famiglie distrutte?

«Queste madri e questi padri vanno avanti grazie ad una grande forza per far capire che quello che è accaduto a loro non deve più accadere  ad altre persone, ragazze, donne. Sono famiglie distrutte a cui manca il loro ramo di albero che non crescerà più, a causa di qualcuno che lo ha portato via in maniera violenta perché ha deciso che non doveva più vivere; e ora si dedicano ad aiutare gli altri».

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