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«Giovani, siate sempre curiosi e non accontentatevi dei risultati»

Aula “Mazzocchi” gremita di studenti per l’intervento del maestro pasticcere Iginio Massari, protagonista dell’incontro-lezione “La scienza nel piatto” in Cattolica insieme alla figlia Debora

Dalla Pasticceria Veneto del 1971 alla Pasticceria Veneto by Iginio Massari, un personal brand fino all’Iginio Massari Alta Pasticceria, con 19 punti vendita in Italia, con sconfinamento in Belgio ed Inghilterra. Aula “Mazzocchi” gremita di studenti per l’intervento del maestro pasticcere Iginio Massari, protagonista dell’incontro-lezione “La scienza nel piatto” in Cattolica.

Il maestro diventato una vera e propria star televisiva, grazie alla partecipazione di programmi di grande successo come Masterchef e Bake Off - e soprattutto grazie al contributo della figlia imprenditrice Debora, che ha saputo creare un brand dall’azienda di famiglia - si è raccontato agli studenti nel corso della lezione aperta promossa dalla facoltà di Scienze agrarie, alimentari ed ambientali preceduta dal saluto del preside di Facoltà Marco Trevisan. E’ un susseguirsi di domande per Massari e la figlia Debora che si è laureata in Scienze e tecnologie alimentari a Cremona, entrando poi nell’azienda di famiglia con il fratello Nicola.

«Bisogna lasciar spazio ai giovani - ha detto Iginio - le aziende hanno bisogno di nuova linfa e grazie a Debora e Nicola ho imparato che non bisogna imporre per forza il proprio pensiero, ho imparato che spesso dare voce ai più giovani è una cosa giusta. I miei figli sono diventati bravissimi e sono complementari tra loro: Debora è brava nelle pubbliche relazioni, Nicola nella tecnologia. Questo ha permesso alla Pasticceria Veneto di essere all'avanguardia, anche dopo tutti questi anni».

La pasticceria ha ben poco a che fare con l’improvvisazione e si avvicina, invece, a una scienza esatta, un concetto ribadito da Debora secondo la quale «le analisi chimiche sono fondamentali perché tutto deve essere bilanciato, standardizzato, equilibrato. Il nostro è un lavoro di squadra, siamo divisi in tante aree tematiche che devono costantemente dialogare tra loro». «La scienza nel mondo del dolce o in cucina è necessaria - ha ribadito Massari - perché l’evoluzione è continua e bisogna sapere bene cosa si fa e cosa si dà da mangiare ai clienti. La preparazione e lo studio sono fondamentali in ogni campo, è necessario guardare oltre il proprio naso e trasformare il proprio lavoro in un piacere e non in una condanna. Ai ragazzi dico che a dormire sui libri non si ricava niente, il tempo che si perde non si guadagna più. Gli obiettivi devono essere chiari e devono essere la base di ciò che creerà il piacere della loro vita e del loro futuro. Io credo nella gioventù, perché ho parecchi ragazzi che lavorano con me e a nessuno di loro piace essere banale. Perciò la banalità non è la semplicità. La semplicità può essere banale solo se lo vogliamo, altrimenti è genialità».

Ed ancora: «Una volta raggiunto il business plan dell’obbiettivo primario, il surplus va diviso tra tutti perché ognuno è importante nel ruolo che svolge, anche il più umile. Per superare questa difficile situazione è necessario un nuovo Rinascimento che scaturisca dal confronto tra talenti per poter andare avanti; questo è il vero progresso». La lezione, coordinata dal professor Edoardo Fornari aveva una valenza multidisciplinare «perché - ha sottolineato il docente - vogliamo discutere dei temi di maggiori attualità che stanno caratterizzando il settore del food, dalla produzione, al marketing, fino a tutti le implicazioni che coinvolgono i consumatori finali, ovvero i consumatori e quindi tutti noi».

Il professore Lorenzo Morelli nel suo intervento ha evidenziato le principali tendenze della ricerca scientifica evidenziando il ruolo dei lactobacilli del lievito-madre per il contrasto alle muffe della farina, come evidenziato nelle ricerche di laboratorio, sottolineando come «la tradizione, ci ha dato le basi per l’innovazione, perché lo è anche la tradizione stessa». Guendalina Graffigna ha evidenziato la necessità di far comprendere ed accettare al consumatore l’innovazione che c’è nel piatto, le sue percezioni, le sue ansie, le sue aspettative ed ha dimostrato come la parola “senza” apposta nell’etichetta induca subito l’aspettativa di salubrità e qualità, con il consumatore disposto a pagare di più.

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