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Grazie alla sua cinta muraria Piacenza non venne mai più espugnata

Le mura Farnesiane, focus storico architettonico-militare del generale Oddo. La visita guidata alle mura e al castello racchiusi nell’area militare Polo Mantenimento Pesante

Parte seconda

ORE 10 esatte. Con puntualità militare Il capitano Boemio con il suo staff e iI maresciallo De Iorio accolgono presso il Polo di Mantenimento Pesante Nord di viale Malta, nell’area di accoglienza che potrebbe essere limitrofa o coincidere con quella del cavaliere con la porta Santa Barbara dell’antico “Castello” di Pier Luigi Farnese, le persone che, in proseguimento alla conversazione del generale Giuseppe Oddo tenuta al Circolo ufficiali di via Romagnosi, sono lì radunati per la visita guidata dallo stesso gen. Oddo, alle vestigie della cittadella fortificata eretta da Pier Luigi Farnese oltre 470 anni fa: il Castello i cui bastioni e cortine, grazie ai militari non sono stati intaccati dalla sconsiderata espansione edilizia della città e sono tuttora tra le meglio conservati. Per oltre due ore il Generale ha polarizzato l’attenzione ripercorrendo “sul campo” le spiegazioni storico-militari già fornite alla platea del Circolo Ufficiali, che abbiamo sintetizzato nel nostro precedente articolo. Della nuova coinvolgente conversazione ne proponiamo alcune parti riguardanti il dominio dei Farnese sulla nostra città.

Le mura farnesiane rinascimentali, erano state volute nel 1525 per volere di Papa Clemente VII de’ Medici che, entrato in possesso della nostra città, aveva ritenuto opportuno potenziarne il sistema difensivo con una cinta muraria perimetrale interrotta dai bastioni. Piacenza era la prima città italiana dotata di questa tecnica difensiva che, elaborata a partire dal XV secolo, si distingue per la difesa fiancheggiante e cooperante, al contrario dei castelli medievali che mettevano in atto una difesa piombante con tiri diretti.

La costruzione dell’intero perimetro di mura (circa 6 chilometri e mezzo) richiese venti anni di lavoro e l’impiego di circa 2.500 operai e 150 capimastri. Furono inoltre attrezzate allo scopo, tre fabbriche di laterizi che produssero milioni di mattoni. Grazie alla sua cinta muraria, terminata nel 1545, la città non venne mai più espugnata.

Piacenza divenuta caposaldo dello Stato pontificio fu assegnata con Parma, da Papa Paolo III nel 1545 al figlio Pier Luigi Farnese il quale il 16 settembre 1545 si insediò sui nuovi territori preferendo Piacenza come capitale del Ducato. Parma e Piacenza dal punto di vista amministrativo e politico erano autonome e formavano con i rispettivi territori due ducati distinti posti sotto un unico “Signore”. La vecchia cittadella viscontea di Piacenza era inadeguata alle necessità di una corte ducale e il duca Pier Luigi promosse la redazione di un primo progetto di Castello difensivo, di cui presero visione sia Michelangelo Buonarroti sia Antonio da Sangallo nel novembre 1545. I propositi di iniziare subito i lavori erano però falliti per il rifiuto di Paolo III di finanziare l’opera; solo nella primavera 1547 il Papa diede il suo assenso: il nuovo progetto, in forma pentagonale, fu opera di Sangallo, mentre Domenico Giannelli assunse la direzione dei lavori. Pier Luigi diede prova di essere abile nel rastrellare fondi, anche da membri della corte papale. Le giornate di lavoro degli operai (tra 1.500 e 2.000) e gli impieghi di bestie da soma furono invece pagati dalla comunità piacentina e dalla Camera ducale, provocando malumori. I lavori iniziarono nell’aprile 1547: il monastero di S. Benedetto dovette essere demolito; la prima pietra fu posta il 23 maggio dello stesso anno. Tutte le successive fasi di realizzazione ebbero un ritmo serrato, sia per la cortina, sia per i baluardi, ma Pier Luigi non poté vedere la conclusione di tanti sforzi. Nel primo pomeriggio di sabato 10 settembre 1547 la congiura di un gruppo di nobili piacentini lo fece fuori.

I lavori del Castello furono ripresi e terminati da Ferrante Gonzaga, governatore di Milano che, il giorno successivo alla morte del Duca, d’accordo con i congiurati, occupò la città come dipendenza del Ducato di Milano e dell’imperatore Carlo V. Nella storia successiva il Castello saltò in aria nel 1805, durante la dominazione francese. Due targhe con data 1832 e 1836 attestano la costruzione di un muro di collegamento tra bastione e mura cittadine e la ristrutturazione delle vestigia che in seguito, durante il protettorato, austriaco trovarono impiego come magazzino di vettovaglie e munizioni. La cittadella fortificata fu quasi totalmente distrutta durante i moti risorgimentali del 1848 per ordine del Podestà (1 aprile 1848), che autorizzava i Piacentini alla demolizione della struttura.  I resti del Castello Farnesiano all’interno dell’Arsenale Militare sono ancora esistenti; destano stupore per i camminamenti interni e i cunicoli sotterranei e - come emerso dal recente convegno di livello internazionale che ha portato a Palazzo Farnese nella Sala dedicata al duca Pier Luigi, relatori di rilevante profilo che hanno rinverdito il forte legame della città di Piacenza con il palazzo simbolo della dinastia farnesiana - costituiscono un’indubbia eccellenza storico ambientale suscettibile di sinergie ad alto potenziale tra l’autorità militare e quella municipale.

Alla scoperta delle Mura Farnesiane ©Bonetti/ilPiacenza

LO STRADONE FARNESE

Anno 1543. Un decreto del Cardinale Gambara porta alla realizzazione dello Stradone Farnese. Le finalità di questa strada oltre a quella di migliorare l'aspetto urbanistico e viabilistico della città rinascimentale, aveva precisi scopi militari: spostare facilmente le truppe a difesa della città tra i due poli del centro abitato. Il tracciato viario (rimasto incompiuto) avrebbe dovuto congiungere le attuali Barriera Roma e Barriera Torino.  La Strada Gambara dal 1581 mutò il proprio nome e fu intitolata alla casa regnante Farnese. Toschi Parma, anno 1834-2

LA COSTRUZIONE DELL’OSPEDALE MILITARE

Nel 1866 la costruzione dell’Ospedale militare nell’area dell’allora Barriera san Raimondo, portò alla demolizione della piattaforma omonima facente parte delle mura farnesiane con recupero dei mattoni per la struttura sanitaria. Fu deviato anche il corso del Rio Beverora le cui acque, unitamente a quelle di altri rivi erano convogliate nel fossato delle mura farnesiane. La facciata principale che il progetto prevedeva essere rivolta a Porta san Raimondo (attuale Barriera Genova), fu poi ruotata verso via Raimondo Palmerio per non eludere il passaggio dalla Porta del Dazio dislocata nei pressi dell’attuale Liceo scientifico. La piattaforma di San Raimondo era dotata di panchine e sentieri. Vi si accedeva tramite due ampie scalinate semicircolari in granito. Strutturalmente era simile alla superstite di Santa Caterina alla quale si accede dal Pubblico passeggio (vedi foto). Fiorini sec. XVII-3

PALAZZO FARNESE

Un’ultima annotazione su Palazzo Farnese. La storia di Palazzo Farnese, residenza piacentina della dinastia ducale sino all'estinzione dei Farnese nel 1731, inizia nel 1558 quando i duchi Ottavio e Margherita affidano  il progetto a Francesco Paciotto. Il piano di lavoro prevedeva l'abbattimento della trecentesca Cittadella, voluta da Galeazzo Visconti, di cui rimane la parte ovest con la porta, i merli e due torri. I lavori, affidati in seguito a Jacopo Barozzi detto il Vignola, furono sospesi nel 1602 e venne portata a compimento solo la metà del progetto originale che prevedeva anche una serie di terrazzamenti a giardino e aree verdi degradanti, sino a raggiungere la riva navigabile del Po.

Le immagini antiche:

- particolare dalla Riproduzione calcografica da stampa all’acquaforte di Matteo Fiorini (secolo XVII)- fonte Banca di Piacenza

- particolare con annotazioni recenti della carta topografica cittadina incisa nel 1834 nello studio Toschi di Parma

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