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Heinrich Schliemann: l’uomo che nel 1872 scoprì la città di Troia

La conferenza del professore Giuseppe Dossena alla Dante

Corposa e intensa conferenza del prof. Giuseppe Dossena, organizzata dalla società Dante Alighieri in collaborazione con la Famiglia Piasinteina, su “Heinrich Schliemann, lo scopritore delle rovine di Troia”, per ricordarne il 200° della nascita.

Nel III° millennio a.C. intorno al 1220/50 (secondo altri, intorno invece al 1880/84 a.C.- II° millennio) fu combattuta la celebre guerra di Troia, assediata dai Greci-Achei, e narrata dal poeta epico Omero nell’Iliade e, sul ritorno di Ulisse ad Itaca, nell’Odissea. Poemi in cui si fondono mito, leggenda e realtà. La tradizione e il mito dicono che la guerra fu scatenata in quanto la bellissima Elena (moglie del re di Sparta Menelao che era fratello del re di Micene Agamennone) fu rapita per amore da parte di Paride, figlio del re Priamo di Troia. Al di là di quanto tramandato, è invece un fatto storicamente accertato che la guerra dei Greci contro Troia e la distruzione di quest’ultima, avvennero per davvero. Heinrich Schliemann (1822-1890), imprenditore figlio di un Pastore protestante tedesco, ma appassionato fin da fanciullo di antiche civiltà, abbandonò la propria attività commerciale per dedicarsi alla sua vera passione di ricercatore archeologico, fermamente convinto della “verità omerica”, e finalizzato a portare alla luce l’antica Troia, denominata Ilio (da cui l’“Iliade” di Omero). E ciò effettivamente avvenne nel 1872, a seguito degli scavi concentratisi da parte di Schliemann sulla collina di Hissarlik, sulla sponda asiatica dello Stretto dei Dardanelli, nell’attuale Asia Minore. “Scavi” che portarono alla luce 10 strati cittadini, succedutisi l’uno sull’altro nei secoli, a ricostruzioni periodiche di Ilio, vuoi per incendi avvenuti, vuoi per ampliamenti voluti. L’archeologo tedesco reputò di identificare Troia nel 7°; tuttavia già nel 2° strato (2300/2500 a.C.) aveva rinvenuto un’impressionante “tesoro” di metalli preziosi, ori, argenti, suppellettili, insomma un’immensa ricchezza da lui reputata essere stato il “Tesoro di Priamo”, unitamente alla reggia del re distrutta dagli Achei.

Però poi la “vera” Troia candidata a ritenersi la “autentica” città dell’“Iliade” omerica sarebbe invece stata quella del 7° strato, con “rovine” risalenti al II° millennio a.C. (1300/1250). Il succitato “Tesoro” comunque esiste tuttora: invero, Schliemann, portatolo segretamente alla luce, altrettanto in segreto riuscì a donarlo alla Germania, sua patria. Oggi tale “tesoro” è al Museo russo Puskin di Mosca. Infatti avvenne che nel 1945 Adolf Hitler, ordinasse di nascondere l’immenso tesoro, onde evitare che esso cadesse nelle mani dei sovietici. Ma non se ne seppe più nulla fino al 1993. Era infatti successo che, non essendo stato eseguito l’ordine di Hitler, tale “ricchezza” fu effettivamente presa dai sovietici, come lo stesso Boris Eltsin in quel 1993 rivelò, confermandone anche con il Ministro della Cultura l'ubicazione nel Museo di Mosca.

Schliemann viaggiò moltissimo (Cina, Giappone, Venezuela, Italia, Grecia, Turchia, California, Russia, e anche Itaca, patria e regno di Ulisse, di cui però non ritrovò la reggia). In prime nozze aveva sposato la russa Margherita Pedròvna, per poi divorziare e sposare la giovane greca Sophia Ergastròmenos la quale seguì moltissimo il marito nell’attività archeologica. Ai due figli avuti, Schliemann diede il nome rispettivamente di Andromaca (1871-1962) e Agamennone (1878-1954): indubbiamente era proprio massima la passione dell’archeologo! Egli conosceva circa 20 lingue straniere, ed è senz’altro stato una pietra miliare nell’archeologia (intrapresa per passione, e non per professione) con i “”suoi” scavi culminati meritatamente con la scoperta delle effettive “rovine” di Troia il 4 agosto 1872 su quella collina di Hissarlik, ove rinvenne oltre all’effettiva città “omerica” anche i resti di altri 9 strati antichi e reperti cittadini di cui solo il 6° e 7° stato combaciavano con la descrizione letteraria iliaca. Con la collaborazione anche di Calvert, viceconsole britannico proprietario dei terreni, egli aveva intuìto che quella collina doveva essere stata un’altura favorevole per una roccaforte da cui si poteva dominare tutta la piana circostante. La scoperta delle rovine della città omerica e connessa guerra acheo-iliaca, fino allora ritenuta pura fantasia poetica, era ormai una realtà,

Schliemann nel 1874-76 si interessò anche alla antica Micene, visibile nelle sue rovine testimonianti un antico splendore di tale città, dove l’archeologo tedesco trovò le tombe di Agamennone e Cassandra, e di quanti furono uccisi da Clitennestra e dal suo amante Egisto, oltre a gioielli e preziosi vari, armi, pettorali regali, e “maschere funeree” auree con i lineamenti regali dei defunti. Tra queste, Schliemann ritenne di individuare la “maschera” di Agamennone. Alcuni studiosi ne hanno dubitato, anche offendendo la reputazione del noto archeologo. Ma la generalità ne ha condiviso la veridicità. Schliemann il 25 Dicembre 1890 si trovava a Napoli. Fu còlto da malore. Non aveva documenti addosso, ma grazie ad un biglietto da visita trovatogli nelle tasche fu riconosciuto dal suo medico “Otorino” che lo aveva in cura. L’archeologo morì il giorno successivo, 26 Dicembre 1890, a Napoli: aveva 70 anni. Fu sepolto ad Atene nel Mausoleo che avrebbe successivamente accolto anche le spoglie della moglie e della figlia Andromaca.

Roberto Laurenzano

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