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I lavori di restauro del Duomo voluti dal vescovo Scalabrini costarono 400mila lire

Roberto Tagliaferri ha illustrato la raccolta di documenti di proprietà della Banca di Piacenza che descrivono in ogni minimo particolare l’intervento sulla Cattedrale compiuto tra il 1897 e il 1902

La Banca di Piacenza ha recentemente recuperato una raccolta di documenti (219 in totale) che illustrano i lavori di restauro del Duomo di Piacenza voluti dal vescovo mons. Giovanni Battista Scalabrini e attuati nell’arco di un quinquennio, tra il 1897 ed il 1902. Ad illustrare il contenuto del Fondo - questa mattina nella Sala del Duca, nell’ambito del programma di Celebrazioni dei 500 anni di Santa Maria di Campagna a cura della Comunità francescana e della Banca - Roberto Tagliaferri. Il responsabile dell’Ufficio Economato dell’Istituto di credito di via Mazzini ha in premessa segnalato che la documentazione in oggetto è entrata a far parte della biblioteca della Banca: «Non tutti sanno - ha sottolineato - che l’Istituto di credito locale ha nel tempo costituito, sulla base di fondi librari che sono stati donati o tramite materiale acquistato o raccogliendo la cospicua produzione di pubblicazione di testi, una biblioteca di volumi riguardanti la città e la provincia di Piacenza. Si ricorda il fondo Mars Torretta e l’acquisizione dell’Atlas Maior di Joan Blaeu, un atlante completo del mondo ideato da William Blaeu e ultimato dal figlio Joan nel 1665. Questa azione incessante si deve principalmente alla passione illuminata del presidente Corrado Sforza Fogliani (che ha presentato il relatore ad inizio conferenza, ndr) e oggi è possibile, per studiosi o studenti, richiedere all’Ufficio relazioni esterne l’accesso e la consultazione dei testi».

Entrando nello specifico del tema dell’incontro, l’ing. Tagliaferri ha ricordato le tappe principali del restauro, partendo da una lettera che mons. Scalabrini scrisse ai fedeli il 7 febbraio del 1894, nella quale motiva le ragioni - non solo di ordine religioso (la Cattedrale è il simbolo della città e dell’unità cittadina), ma anche etico (si favoriscono le classi deboli con la creazione di mano d’opera) ed estetico - della necessità dell’intervento, le cui finalità erano due: l’isolamento del tempio stesso dalle costruzioni civili di scarso valore addossate al perimetro della Cattedrale (a cura del Comune) e il restauro della facciata, dei prospetti e dell’interno del tempio di competenza del Capitolo del Duomo e della Fabbriceria. Sempre due le figure interessate principalmente al restauro: l’arch. Camillo Guidotti, nato a Piacenza nel 1853, che matura una competenza e approccio quasi archeologico dell’architettura esistente con un criterio di restauro analogico quasi ispirato - dice Valeria Poli in una sua pubblicazione - al restauro stilistico; e l’ing. Ettore Martini, nato a Piacenza nel 1870, di estrazione cattolica, tra i promotori del Partito popolare di Sturzo, tra i cofondatori della Democrazia cristiana piacentina, presidente della Provincia nel 1948, segue nell’indirizzo Guidotti, affiancato nel 1896. E, ancora, due le pubblicazioni presenti nel fondo documentale che descrivono l’intervento. “Il Duomo di Piacenza, studi e proposte”, a cura della Fabbriceria del Duomo e scritto da Camillo Guidotti (1895, Tipografia Marchesotti Luigi Porta); «di fatto - ha spiegato l’ing. Tagliaferri - una relazione tecnica di progetto: I lavori manutentivi dovevano corrispondere a due esigenze: la prima, di ordine strutturale, volta al ripristino dell’integrità degli elementi lapidei consunti e degli spessori murari e la seconda, di ordine formale, volta al pristino esterno ed interno della primigenia veste medioevale, con la parziale rimozione delle vestigia sei-settecentesche. L’altro testo è “Consolidamento e restauro del nostro Duomo” (Stabilimento tipografico V. Porta 1906). Si tratta della relazione letta nell’adunanza della Commissione Amministrativa dei restauri, tenutasi in episcopio la sera del 17 febbraio 1906.

Nel marzo del 1894 viene eletta la Commissione tecnica dei lavori composta dall’on. Giuseppe Manfredi (che si ritirerà poco dopo), dall’arch. Camillo Guidotti e dal cav. Guglielmo Dalla Cella, che aveva diretto i lavori negli anni 1872-73 promossi dal canonico Giovanni Battista Rossi. L’ing. Tagliaferri ha quindi descritto tecnicamente i principali lavori effettuati soffermandosi su alcune curiosità. Le pietre di arenaria provenivano dalla ditta Buelli di Sarnico (Bergamo), ma i convogli arrivavano sempre con ritardo, giustificato dal fatto che il capostazione dava la precedenza ai carichi di uve (soggetti a deterioramento), con il direttore dei lavori in difficoltà perché pressato dai canonici. Ma quanto fu la spesa sostenuta per questi restauri ottocenteschi del Duomo di Piacenza? «Quasi 400mila lire - ha concluso l’ing. Tagliaferri - esattamente 399.486 lire. Chissà a quanto corrisponderebbe oggi».

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