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I santi del Po che proteggevano dalle alluvioni (ma non dalla siccità)

I santi proteggevano la città di Piacenza e non solo dalle piene del grande fiume

Secoli di convivenza con il Grande Fiume, che decenni fa scorreva libero, osteggiato appena appena da modeste arginature, hanno portato le popolazioni piacentine di città e rivierasche a cercare, richiedere e implorare protezione ai Santi Patroni. E questo deve aver funzionato se, effettivamente, da sempre più o meno al ridosso del “serpentone” d’acque si sono sviluppati borghi ben abitati e mai scomparsi, che in certe circostanze di piena venivano circondati e bagnati dal dilagare del Po.

Convivere con il fiume è storicamente accertato, accettato e possibile: quelle piene, invasive ed a volte maledette, erano il prezzo da pagare per vivere in una terra florida, verde e “nostrana” e dal medioevo ne restano anche testimonianze.

Ma le genti piacentine, come del resto quelle viventi lungo tutta l’asta del Po fino alla sua foce, avevano scoperto un altro modo per fermare o ridurre il danno delle fastidiose e vigorose piene autunnali oppure del maggio: l’intercessione di un Santo locale. E la Chiesa se ne fece promotrice.

Il primo santo protettore dalle piene del Po qui a Piacenza è un vescovo: San Savino cui è dedicata l’omonima antichissima basilica cittadina; il miracolo è ricordato in una lettera originale del VI secolo di papa San Gregorio Magno che scrive ad Eustochio. Conviene leggere il breve testo così come lo trascrive fra Cavalca nel 1840 con il linguaggio tipico del suo tempo: nella città di Piacenza “fu un vescovo santissimo, che ebbe nome Savino, uomo di grandissima virtù al quale, essendogli un giorno detto dal suo diacono, che il fiume Po era traboccato” andando ad allagare con danno i campi del vescovado e tutto il territorio lungo il fiume con tanti paesi abitati, gli rispose di andare a portare un suo messaggio “al fiume Po”.

Il diacono si fece beffe del vescovo e ovviamente non obbedì pensando che fosse una cosa assurda, il messaggio recitava: “O fiume Po, il vescovo Savino ti comanda che tu ritorni nel tuo letto, alla tua misura”. Saputo dello scherno del diacono infedele, chiamò allora il notaio della curia e gli fece redigere un atto notarile di tutto punto, Vi era scritto: “Savino, servo di Gesù Cristo, a te fiume Po, comanda che nel nome di Gesù Cristo che dal tuo letto non debbi più uscire, né occupare le terre della Chiesa”. Il documento venne quindi portato in Po e lanciato nelle acque impetuose, e qui accadde il miracolo tramandato nei secoli: come il notaio obbediente lo gettò il fiume in modo prodigioso rientrò nel suo letto sotto lo sguardo stupito dei presenti.

Nel periodo della catastrofica piena del 1951, con sommo affidamento, il vescovo di Piacenza mons. Ersilio Menzani verso il mezzogiorno del 13 novembre, andò in processione al ponte sul Po con la reliquia di San Savino protettore dalle piene del Grande Fiume, mentre per le centinaia di profughi piacentini furono messi a disposizione decine di alloggi e soccorsi in ogni bisogno.

Un quadro del XVII secolo che richiama l’antico afflato religioso di fede per la protezione di San Savino è nella chiesa parrocchiale di Fontana Pradosa, paese che non è distante dal fiume, e raffigura il santo vescovo con S. Antonio abate nell’atto di implorare il ritiro delle acque del Po.

Un altro santo “da fiume” è S. Cristoforo, del quale il legame antico tra piacentini e fiume Po è visibile nel grandissimo affresco in cattedrale a Piacenza, del XIII secolo: S. Cristoforo porta il Bambin Gesù sulle spalle al di là del Po. Questo santo fin dal medioevo è il protettore di tutti coloro che passano a guado fiumi e torrenti, pellegrini e viaggiatori in genere, che a piedi o su imbarcazioni dovevano traghettare da sponda a sponda. Si festeggia il 7 di gennaio. Antichissima a Piacenza e provincia la devozione per Sant’Agnese che proteggeva però non dalle piene del fiume, ma gli stessi barcaroli e pescatori, che ogni giorno dovevano solcarne le acque.

Un altro santo “rivierasco del Po” è S. Corrado Confalonieri, patrono di Calendasco, borgo anch’esso poco discosto dal fiume, e della convivenza con il fiume rimangono fotografie di inizio secolo che mostrano il paese lambito dalle acque ma mai abbandonato dagli abitanti. In chiesa resta la testimonianza documentale di un affresco che mostrava S. Corrado nell’atto di proteggere il paese dalle piene, visibile ancora negli anni ’60, oggi purtroppo finito sotto allo scialbo.

Ma le genti locali, che da secoli e fino a poche decine di anni fa, qui svolgevano il mestiere di pescatore e battelliere, s’affidavano ampiamente al santo locale. Rimane una bella testimonianza scritta, è una predica tenuta nella festa del 19 febbraio del 1909 dove testualmente mons. Giovan Battista Rossi giunto da Piacenza dice: “Voi poi o signori, che da tempo venerate in Corrado il vostro Patrono, potete rendere testimonianza della sua intercessione... allorquando il fiume Po uscendo rigonfio oltre misura dal proprio letto, inondava spaventosamente le terre vicine, ma risparmiava la vostra, e giunte minacciose le onde ai vostri confini, si arrestavano di un tratto e ne ai campi ne alle vostre case fece danno perché invocaste fiduciosi il suo nome!”.

Erano altri tempi, ma anche non troppo lontani, nel quale il senso religioso conviveva con la vita pratica in modo rispettoso, e l’imponenza del Po la si fronteggiava anche in questo modo, che agli occhi della gente non appariva assurdo. I Santi che proteggono dalle piene fanno parte della storia locale piacentina, resta il dubbio, mai da nessuno messo in pratica perlomeno apertamente, se sia possibile invocarli anche contro questa insidiosa ed ormai storica secca del Grande Fiume.

Umberto Battini

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