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Giovedì, 25 Aprile 2024
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I territori svantaggiati sono quelli con maggiori risorse ideali per la transizione eco-ambientale

Se ne parla a Napoli venerdì al Mediterranean Economies 2020

Il recente dato Istat sulla popolazione occupata e il report de “IlPiacenza” sulla popolazione provinciale stratificata su zona altimetrica che evidenzia il fatto che a Piacenza il 40% di tutto il territorio provinciale è oltre i 600 metri sul livello del mare (ma con il 5% della popolazione), il 60% dell’area provinciale ha il 25% dei residenti al di sopra del 300 metri, fanno risaltare come in è queste aree ampie di collina e montagna che si produce una fetta importante della produzione agroalimentare piacentina, con il 70% del suolo coperto da boschi e alberi: una evidente biodiversità naturale dettata anche dai piccoli appezzamenti.

Una vera sostenibilità “di transizione” può partire subito da questi territori sparsi per l’Italia. Piacenza rappresenta un esempio diffuso: i territori svantaggiati sono quelli con maggiori condizioni e risorse ideali per una transizione eco-ambientale voluta anche dalla Europa per ottenere finanziamenti. Nello stesso tempo un investimento strutturale, strumentale e infrastrutturale in aree difficili e sensibili portano vantaggio a tutte le imprese e abitanti a valle. In più una presenza abitativa stabile, produttiva, occupata a sostenere, sviluppare e migliorare la situazione agraria-geopedologica fa solo bene all’Italia.  Il settore “primario” può tornare utile a tutti, essere una priorità nel progetto in mano al ministro Cingolani ma non solo.

Lo stesso Cnr organizza dopodomani, a Napoli, in occasione del Mediterranean Economies 2020 a cura del centro studi, una presentazione del Rapporto sulle Economia Deboli. In tale contesto si parla anche dei “fattori” che possono o sono determinanti per lo sviluppo progressivo e duraturo delle aree mediterranee difficili, delicate, sensibili e spesso oggetto di abbandono e di abbassamento della guardia in senso strutturale, strumentale, comprendendo anche le Isole Minori con tutte le problematiche connesse. E’ evidente che la pandemia ha sicuramente non solo ri-svegliato il tema, ma posto la questione ai primi posti nei Piani di Recupero e Resilienza dei fondi UE disponibili per l’Italia. Partecipano gli economisti Giovanni Tria ex ministro, Claudio De Vincenti e Gilberto Corbellini. Il tutto in diretta FB sulla pagina Ismed Diretta Facebook @CNR.ISMed

Non entro nel merito delle cause e delle conseguenze generali ampie e globali socio-economiche-mentali determinate dal Covid 19 perché oramai note a tutti – spero – aventi un loro Piano, ma quello che mi interessa è quanto e cosa la pandemia abbia insegnato a chi ci governa e a chi sta in Parlamento. L’occasione non è quella delle mancette, come detto più volte perché è un sollievo breve e istantaneo visto anche il valore, ma di una visione. Mi auguro che il Rapporto CNR-Ismed richiami l’attenzione sullo stretto trinomio patrimonio-uomo-vita…un po’ più che un semplice modello territoriale-economico. Non c’è bisogno di un ulteriore studio degli effetti di una pandemia che durerà quasi 2 anni di vita per tutti noi, dai bambini agli anziani, ma quale insegnamento lascia la calamità stessa e quali risposte e soluzioni di lungo periodo, fondanti una nuova visione, creando un modello di vita sociale più in linea. Sicuramente il ritorno all’identico passato è non solo impossibile, ma alcuni economisti non lo auspicano perché è urgente prendere coscienza di come la natura e il pianeta può rispondere a certe condizioni. Per questo che anche viabilità, trasporti, mobilità, ambienti, commercio, vacanze, luoghi di lavoro, sanità, cura del territorio e attività di produzione devono entrare in Piano di Revisione Recupero Risorse post-pandemia. Così per le isole minori italiani, certe coste marine, i percorsi fluviali e le foci, le montagne innevate e non abitate tutto l’anno, le colline troppo o troppo poco curate, i pendii di valle e fondovalle, il governo delle acque, il controllo del suolo e sottosuolo…devono avere un piano diretto e collegato con chi abita, lavora, arriva, passa in tutti questi territori delicati e difficili. E’ una priorità perché danni, vulnerabilità, abbandoni a monte o in certe aree isolate o marginali possono poi ripercuotersi a valle e nelle aree più urbanizzate creando un problema sopra un altro problema di inquinamento. Abbandono e inquinamento sono legati. Occorre pensare di organizzare anche le piccole economie aperte dando sicurezza e certezze di vita sociale, di assistenza civile, di sanità di comunità e di pronto intervento, di case abitabili, di formazione ed educazione per le giovani generazioni…e anche accoglienza, ricettività, villeggiatura secondo parametri edilizi e urbanistici innovativi e in linea con le nuove esigenze. Senza dimenticare che sono fondamentali anche tecnologia e digitalizzazione 5.0 in tutte le aree isolate, difficili, vulnerabili perché hanno risorse da saper tutelare, difendere e anche saggiamente governare per le News Generation. Non pendere nella giusta e alta considerazione economica-politica-sociale certi effetti destabilizzanti creati o sosti in aree marginali vuol dire aumentare pericoli e spese enormi per tutta la società. Poniamo ora un pilastro-asset di intervento in una ottica orizzontale del territorio e verticale di azione e misura e lasceremo una vera eredità Green Deal. Occorre studiare un Piano Dedicato che sappia incidere sull’asimmetria creata dalla pandemia e sul gap maggiore fra chi è stato più o meno salvato e chi è stato duramente colpito. Cogliamo l’attimo dei UE Fund per risolvere un grave problema trasversale ambientale sociale che interessa a tutti perché sono i 2/3 dell’intero territorio nazionale (isole minori, montagna, alta collina) e cerchiamo dal 30% di arrivare in 10 anni al 40% di residenti in queste aree interne difficili con decine di nuove imprese e attività soprattutto con una vera “utilità collettiva ambientale”. Questa è vera transizione e non solo slogan partitici.        

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