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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Il Duomo di Milano “sta in piedi" grazie a un piacentino

Il Liberty di via XX settembre e altre storie piacentine strane ma vere

Che lo si creda o no, il Duomo di Milano “sta in piedi” proprio grazie...ad un “piacentino”. Parrebbe una...“storiella” popolare; è invece una “storia” reale documentata dall’architetto Paolo Dallanoce, in una gradevolissima conferenza per la Società “Dante Alighieri”, svolta in collaborazione con la “Famiglia Piasinteina”,  dallo stimolante titolo “Perle e pillole di significativa architettura piacentina: storie, aneddoti, misteri”.

Quando nel 1396, a Milano si progettava la costruzione del Duomo, i luminari progettisti non riuscivano a trovare il sistema sicuro di stabilità strutturale del Tempio. Per puro caso nella nostra città (Via Castello) dimorava un bravo “geometrico”, tal Gabriele  Stornalocco, che fu per l’occasione interpellato ai fini di un’opinione. Studiati i carteggi lo Stornalocco si presentò  su un’asina grigia a Milano, dove  offrì e dimostrò la soluzione,  evidenziando l’errore tenace in cui i progettisti costantemente cadevano. “Qui si deve procedere per triangoli” ebbe a dire. E quant’altro. Che lo si creda o no, la tesi di Stornalocco fu vincente. E il Duomo di Milano “sta in piedi” proprio grazie... a un “piacentino”. Come sottolineato da Dallanoce, “sol per questo, meriterebbe un’intitolazione di una Via nella nostra città”.

L’architetto Dallanoce ha poi ricordato quando il piacentino Accademico d’Italia architetto Giulio Ulisse Arata, sottolineava l’eccezionale strumento astronomico da tempi remoti sito su una vecchia porta dei portici della Basilica di San Francesco, in Piazzetta Plebiscito: un “calendario medievale” che, a mezzo di opportuni ben studiati  collegamenti tecnico-matematici, era in grado di far conoscere importanti fattori geo-astronomici; ma la nota fondamentale è che, in Europa, sono solo due tali tipi di “calendari medievali”: uno, nella Cattedrale di Praga e l’altro è a Piacenza dove però non è mai stato adeguatamente valorizzato.

Altra storia “curiosa” è quella relativa Casa Milza” in Via XX Settembre (incrocio-Via San Giuliano), una strana e quasi misteriosa facciata, d’apparente fusione di un “liberty con uno spagnoleggiante stile... Gaudì”. La sua vicenda risale al secondo decennio ‘900, quando una ditta di Piacenza accolse l’incarico di sagomare una serie di elementi edili per la facciata di una casa di Barcellona in stile similare ad alcuni tipici palazzi di tale città. Su disegno di un architetto piacentino, fu battuto il ferro necessario e quanto necessario a dar forma a cornici, balconi e ringhiere..., senonché lo scoppio nel 1914 della Grande Guerra impedì la spedizione del materiale modellato il quale rimase, inerte, nella nostra città. Successivamente, dovendo casualmente lo stesso architetto progettare una casa nella “nostra” Via XX Settembre, casa dalle sostanziali misure di quella andata in fumo, pensò di recuperare “i pezzi” conservati e già pronti per l’uso. Nacque così quella facciata un po’ “liberty” e un po’ “Gaudì” che è possibile ammirare nella più frequentata strada cittadina e che stupisce per lo stile.

Che dire poi di Grazzano Visconti? Nel 1890 un figlio della famiglia milanese Visconti di Modrone, Giuseppe, appassionato di architettura e di viaggi, notò la tendenza europea ad una neo-cultura architettonica di rigenerazione stilistica del “castello”. Rimodellò l’antico maniero e l’annesso parco e ideò un “borgo” in “stile-Medioevo”, istituendo quasi una...“Scuola di Atene” di platoniana memoria, costituita di disegnatori, fabbri, muratori, piccapietre e quant’altro ai fini della nascita di un  “immaginifico” villaggio medievale. Ed ebbe ben ragione! E addirittura realizzando una specifica moda “ad hoc” per le donne del Borgo.

Nacque così quella Grazzano Visconti divenuta di costante richiamo, la quale è capace di regalare un’illusoria “atmosfera ‘200/’300” con la sua tipicità, e con eventi storico-celebrativi con dame e cavalieri, sfilate in costumi d’epoca, tornei, e vie in terra battuta, destando un’ “aria medievale” pur consapevoli della “finzione”.

Il gustoso e appassionato racconto di Dallanoce è stato esposto anche con simpatica arguzia, calamitando l’attento interesse del pubblico, senza peraltro omettere (con una certa amarezza) la riflessione su quanto Piacenza non sia ad oggi stata capace di valorizzare i suoi  tanti “tesori”.

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