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Dalla cornice al viaggio a Roma, il mestiere di (far) vivere il Klimt: «Restauratore per non essere solo spettatore»

Giuseppe De Paolis è l’uomo che ha in cura Ritratto di Signora fin dal suo ritorno alla Ricci Oddi, oltre ad essere l’accompagnatore del dipinto a Roma nella prima trasferta espositiva dal ritrovamento: «Un'emozione»

«Siamo abituati a conoscere i dipinti sulla carta patinata dei libri, ma sono fatti di colore, spessore, tecnica, pennellata, materia: volevo poter avere un contatto diretto, non essere solo uno spettatore». Ritratto di signora è una delle opere d’arte toccate con mano da Giuseppe De Paolis, 47 anni, piacentino, l’uomo che “l’ha in cura” da quando il Klimt è ricomparso nella Galleria d’arte moderna Ricci Oddi e al quale è stato affidato il compito di accompagnarlo a Roma, per la prima trasferta espositiva dall’avvenuto ritrovamento. Un’opportunità nata da una scelta fatta ormai molti anni fa, ovvero quella di passare dagli studi sulla carta, compiuti al liceo artistico di Lodi, alla pratica, che per De Paolis ha significato intraprendere la strada del restauro. Formazione in Toscana, prima all’Istituto per l'Arte e il Restauro di Palazzo Spinelli e a seguire in «un importante laboratorio di Firenze», nella propria casa di Rivergaro ha fatto ritorno nel 2003, anno in cui ha inaugurato l’attività da libero professionista specializzato in dipinti su tela e tavola.

Al mestiere di (far) vivere il Klimt è arrivato tramite la collaborazione avviata nel 2015 con la galleria di via San Siro: «Il primo incarico riguardava la manutenzione di alcune opere custodite in deposito, in occasione di una mostra - ricorda - successivamente mi sono occupato di restauri un po' più importanti, come quelli de Donne in barca di Felice Casorati e de Il Morticello di Francesco Paolo Michetti». A dicembre 2019, dopo oltre vent’anni di assenza, a Piacenza riappare il perduto doppio ritratto di Gustav Klimt. «Ero un ragazzino quando è stato rubato e per la mia generazione, che ricorda il fatto e ha poi letto le varie vicende sui giornali, riaverlo è sicuramente molto bello» racconta. «L’impatto è stato emozionante, soprattutto avendo la responsabilità di riposizionare l’opera nella sua cornice originale. Negli anni precedenti al furto era stata montata su un pannello laccato bianco che fungeva da passe-partout, come si usava spesso fare in quel periodo, e doveva essere rimosso. Era anche necessario un consolidamento della cornice, un trattamento antitarlo e un recupero con materiali idonei per far riapparire l’opera così com’è nella fotografia che la ritrae sulla parete della sala da biliardo dell’appartamento di Giuseppe Ricci Oddi, dove era stata appesa dopo l’acquisto nel 1925, antecedente alla collocazione in galleria (inaugurata nel 1931, nda). Alla fine del lavoro è stato come vedere due vecchi amici rincontrarsi e chiedersi “ma dove eri stato per tutto questo tempo?”».  

Klimt Roma-2Le indagini diagnostiche eseguite su Ritratto di signora – «le più utilizzate oggi sono la radiografia e gli infrarossi» - per accertare quanto la lunga e misteriosa assenza dallo spazio museale potesse averne intaccato la “salute”, hanno dato esiti confortanti: «Lo abbiamo trovato in ottime condizioni, a darci il riscontro è stato il confronto dei nuovi risultati con quelli emersi dagli esami condotti prima della sparizione. È conservato molto bene».  Un risultato mai definitivo nell’obiettivo di mettere al sicuro, a tempo indeterminato, la vita delle pitture: «Si cerca di fare il meglio per mantenerle - spiega De Paolis - tenendo presente che si tratta di immagini, per cui devono essere fruibili; ovvio che se sono molto deturpate dal tempo e dai danni diventa sempre più complicato, il restauratore però non deve mai sovrapporsi o entrare in competizione con l’opera d’arte».

Tra le attenzioni indispensabili, quelle per dare il via libera agli spostamenti, a propria volta organizzati secondo un rigido protocollo e con il supporto di tanta tecnologia, come avvenuto nel recente viaggio compiuto dall’esperto al fianco del Klimt dalla nostra città alla capitale, dove il quadro è in mostra dal 27 ottobre scorso. «Innanzitutto, è stato redatto il condition report, documento corredato da immagini in cui si annota tutto quel che è visibile dell’opera, ogni dettaglio o informazione utile» precisa De Paolis. «A volte si procede anche con una manutenzione, ma per Ritratto di signora non è stata necessaria, dato che negli ultimi mesi è sempre stato protetto dalla teca. Ci si affida a dei servizi di trasporto specializzati e anche la cassa deve essere dotata di una serie di caratteristiche: resistente, a tenuta stagna, ignifuga - per non far passare l’umidità - antiurto e possibilmente climatizzata, per non alterare in alcun modo il microclima. Una volta chiusa con all’interno il dipinto è stato posizionato un datalogger (dispositivo che registra in memoria i dati provenienti da uno o più sensori connessi ad esso, nda) che monitora la condizione climatica, il tragitto compiuto, tutti i movimenti e anche eventuali urti. Bolla e sigilli sono stati consegnati agli specialisti incaricati dal museo ospitante, che dopo l’apertura della cassa hanno ripercorso nuovamente tutto l’iter». «Il mio era un ruolo da testimone di tutte le operazioni, ho anche assistito alla collocazione del dipinto nel percorso espositivo; inizialmente ero un po' scettico per l’accostamento della cornice d’argento al fondo oro, ma poi l’effetto visivo mi ha colpito positivamente». Klimt Roma2-2

La miglior cura possibile per il Klimt? «Una bravissima restauratrice dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze una volta mi disse che il modo migliore di conservare le opere è quello di non toccarle» risponde sorridendo. «Purtroppo questo è impossibile, senza contare che spesso i beni ci arrivano già maltrattati dal passato. La soluzione è quella di sottoporle a un continuo monitoraggio e ad ispezioni serrate: è vero che le pitture non sono persone, ma  sono fatte anche di sostanze organiche e materiali deperibili, come colle, oli, leganti. Per non perderle servono prevenzione e manutenzione». Il restauratore ora è alle presa con un'opera di Palizzi, sempre della Ricci Oddi, «una collaborazione per cui desidero ringraziare tutto il personale della galleria, che rende possibile il mio lavoro». L'artista nel cassetto? «Tiziano Vecellio, l'introspezione che riesce a dare ai suoi ritratti e la capacità che ha di cogliere la persona per me sono uniche».

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