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Il metodo Montessori regna con successo nelle scuole dell’Est e del Nord Europa

Corrispondenza dalla Romania del Maestro di Sport Carlo Devoti

Cosa direbbe Maria Montessori se vedesse che il suo metodo educativo è applicato, e riscontra con più successo all’estero che in Italia? Immagino che la sua valutazione prenderebbe di mira lo stato comatoso in cui si trova ad operare oggi la scuola in Italia in cui si sono operate numerose riforme scolastiche senza approdare a risultati migliorativi. Condividerebbe sicuramente anche il maggior coraggio, l’intraprendenza, la visione di quelle scuole che hanno adottato il suo metodo e che, guarda caso, sorgono prevalentemente in quei paesi dell’Est e del Nord Europa dove la scuola funziona davvero. Limiterò il mio sguardo e le mie impressione a quelle realtà che da tanti anni ho visito con costante frequenza, e attraverso le quali sto viaggiando in questi giorni. In questo spazio gentilmente concessomi, cerco ad evidenziare alcuni argomenti che mi stanno più a cuore e che in questi anni ho approfondito grazie agli incontri con giovani e maestri di tutto il mondo. Le mie mete preferite sono le scuole dove ho anche modo di veder operare insegnanti, educatori, studenti e di studiarli nel modo di comportarsi e nella mimica universale veicolo di comunicazione indispensabile per giungere ad una maggiore comprensione e necessaria al fine di sopperire ad una carenza di linguaggio che, strada facendo, migliora grazie ai rapporti di amicizia, di rispetto e accoglienza reciproca.

Comincerò dalle Scuole Primarie che qui accolgono bambini e adolescenti dai 6 ai 14 anni. La scrittura dell’alfabeto e dei numeri è ancora considerata un’arte cui dedicarsi con impegno e passione per sviluppare quella manualità fine che dischiude l’intelligenza in modo direttamente proporzionale soprattutto nel periodo della prima infanzia. Vedendo poi il successivo lavoro di disegno e scultura si capisce il perché questi scolari lo sappiano fare molto bene. Da noi, in Italia, ormai non si dedica più il tempo dovuto all'apprendimento della scrittura, quasi reputandolo una perdita di tempo e ci si affida di più alla tastiera impoverendo così la persona di destrezza generale e privandola di un bagaglio motorio ed intellettivo che fa da premessa alle successive espressioni di vita e fornisce gli strumenti adeguati per poter affrontare ben attrezzati il proprio futuro scolastico, e non solo. Collego poi questo ragionamento alla mia professione-vocazione di Maestro dello Sport osservando come sia questo lo stesso errore commesso ormai universalmente, tanto in ambito di associazionismo sportivo, così come in quello dell’ educazione sportiva scolastica– e umano-sociale, in ultima analisi – che, già povera di per sé, tende ad affidarsi quasi esclusivamente all'ammaestramento alle discipline sportive, che scavalca fasi indispensabili di crescita e maturazione, dimenticando che solo il gioco libero e creativo può dotare i giovani di quei fondamenti di cui non si può fare a meno e che sono poi necessari per costruire una valida prestazione sportiva.

Il suggerimento e l’augurio che faccio è quello di rivedere questi cattivi insegnamenti riconsiderando con maggiore attenzione quelli trascorsi, quelli della mia infanzia che ritrovo ancora molto attuali in questi luoghi dove, l’essere rimasti un po’’indietro secondo i nostri parametri occidentali, ha rappresentato, in parte, una fortuna, facilitata da povertà materiale e che spero non venga cancellata da quel benessere materiale e consumistico che anche da loro rischia di svilupparsi senza controllo. Rileggere i principi montessoriani dovrebbe essere un esercizio quotidiano, non solo per i nostri maestri, ma soprattutto per quanti decidono le sorti della nostra bistrattata Scuola, non di rado senza averne vissuto un’esperienza personale diretta. E si tratterebbe, semplicemente, di riscoprire la genuinità di una vita più semplice, più “vera”, a contatto con persone “vere”, con una realtà ambientale capace di regalarci ancora emozioni e farci riscoprire dove stia la vera bellezza, dove abiti la vera amicizia, dove il valore di ciò che ognuno può donare all’altro; in uno scambio senza pretese, senza ipocrisia, senza agglomerati di percentuali che non danno ricchezza alcuna.

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