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Il partigiano Nitzi: Martina Picca racconta una storia a cavallo tra Piemonte ed Emilia

Nuovo libro di Martina Picca: il diario negli anni di guerra di Carlo Taverna che parla di ribellione e resistenza al fascismo presentato al Salone del libro di Torino

Il quarto libro di Martina Picca racconta una nuova storia, quella di Carlo Taverna, partigiano piemontese che per motivi “di cuore” è diventato piacentine d’adozione. In questo libro però il protagonista non viene citata con nome e cognome, ma bensì con il suo nome di battaglia: Nitzi. Martina Picca e una storia lontana nel tempo, ma sempre viva quella del partigiano Nitzi. Stavolta l'autrice ci porta indietro di oltre 70 anni e lo fa con gli scritti che il partigiano Nitzi che narrano dal primo atto di ribellione. contro il regime a quello che poi succederà dopo l’8 settembre. Per approfondire e conoscere meglio questo “Nome di battaglia Nitzi”. Abbiamo chiesto direttamente all’autrice, Martina Picca.

- Cosa troviamo dentro questo tuo ultimo libro e soprattutto, cosa troviamo dietro questo nome di battaglia: Nitzi?

In questo libro troviamo una testimonianza di quello che è stata la resistenza di un ragazzo di poco più di vent’anni. Nitzi è stato il suo nome di battaglia, che ha preso da un libro che stava leggendo in quei giorni.

- Quello di Carlo Taverna è un diario e perciò una serie di scritti. Quanto lavoro c'è stato per mettere tutto insieme?

È stato un lavoro corposo a cui ha contribuito il figlio di Carlo, Bruno, trascrivendo i ricordi del papà.

- Già il sottotitolo ci anticipa che la storia è diventata "piacentina" in un secondo momento. Senza spoilerare, da dove parte esattamente e in che modo arriva nella nostra provincia?

La storia di Carlo parte da un paesino di Alessandria, Viguzzolo, e si ferma sugli Appennini piacentini per amore.

- Dalle parole di quello che diventerà Nitzi, si riesce ad avere una idea di quanto fosse difficile dissentire dalla normalità che il regime fascista aveva instaurato nella quotidianità delle persone dell'epoca?

C’è una parte, in particolare, in cui Carlo ricorda quanto la propaganda avesse plasmato le menti delle persone, in particolare dei bambini. Si trovava in una cascina con due ormai anziani comunisti, che sono stati per lui, cito, importanti maestri di vita. Eppure all’inizio credeva fossero persone terribili, proprio a causa dell’immagine che la propaganda fascista propinava.

- Questo libro è un viaggio in anni difficili, di combattimenti, di grandi scosse e cambiamenti. Che idea ti sei fatta del protagonista?

Come gli ha scritto anche la senatrice a vita Liliana Segre, Carlo è stato un giovane che ha compiuto una scelta che fu di pochi, cioè quella di rifiutare l’indifferenza rischiando tutto, compresa la vita, per un ideale più alto, grazie al quale siamo qui oggi.

- La chiusura è su di te. Per prima cosa hai cominciato a pubblicare parlando della tua storia, poi con i 3 libri seguenti, hai cominciato a parlare degli altri e di quello che avevano da raccontare. A questo punto credi che la dimensione da scrittrice che prende le storie, le cuce, le ricama e crea un prodotto per la stampa è quello che più ti si addice?

Credo che sia quello che mi si addice di più perché è quello dove mi sento più Martina. È quello che mi piace fare, perché credo sia importante tendere la mano.

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