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Il restauro del bene culturale dal pre-Illuminismo, che privilegiava il riuso dei materiali

Excursus storico-culturale della professoressa Valeria Poli alla Dante Alighieri

Il restauro del bene culturale: dal pre Illuminismo che privilegiava il riuso dei materiali ai tempi nostri che in cui l’opinione pubblica è protagonista della rilettura del passato. Excursus storico-culturale della prof. Poli alla Dante Alighieri. La cultura del Restauro architettonico a Piacenza è stata oggetto di un partecipato incontro organizzato dalla Società Dante Alighieri alla Sala Auditorium della Galleria Ricci Oddi. Relatrice l’arch. prof. Valeria Poli che, grazie a un ricco apparato iconografico, ha ricostruito tempi e modi della definizione della cultura nei confronti della produzione artistica del passato. Fino ai primi decenni del 1700 nella normativa edilizia il termine “Restauro” stava a indicare interventi di trasformazione dell’esistente che, in nome dell’ornato sia pubblico che privato, ricercava una nuova funzionalità e figuratività anche a spese dell’esistenza stessa dell’edificio. Chiunque poteva eseguire trasformazioni di materiali preziosi o di immobili per adattarli a mutate esigenze pratico- funzionali o rappresentative arrivando anche al solo recupero del materiale per il suo valore economico. I materiali da costruzione assumevano un valore fondamentale in una società che, diversamente dalla nostra, dava maggior valore al materiale piuttosto che alla mano d’opera.

Con il cambiamento culturale derivato dall’Illuminismo, nella seconda metà del XVIII secolo si afferma il concetto del “bene culturale”. Con la nuova concezione del prodotto del passato, inteso come bene culturale, si scopre il valore di antichità e soprattutto il doppio valore: oltre a quello materiale del singolo anche quello culturale della collettività. Questa nuova concezione determina l’esigenza di conoscenza (la nascita della storia dell’arte), l’esigenza di conservazione ed esposizione (restauro e museo). Un primo approccio è quello del cosiddetto restauro analogico teso a ristabilire l’espressività dell’opera racchiuso nel concetto mito “Il ritorno all’originario splendore”. Nel Novecento il concetto del bene culturale si consolida determinando la definizione di leggi e di uffici preposti alla tutela e alla conservazione delle vestigia. In parallelo con la definizione dell’approccio storiografico nell’ambito della storia dell’arte, si definisce una teoria di intervento, soprattutto sull’architettura, e figure professionali spesso impegnate anche sul fronte della progettazione.

Valeria Poli, confrontando immagini di casi nazionali e casi locali, ha illustrato i primi interventi che non possono considerarsi ancora restauri sulle facciate delle chiese: Sant’Agostino (1785-92), San Dalmazio (1827), San Fermo (1845 passando poi agli interventi neogotici nella chiesa di S. Antonino (dal 1852 al 1856) e della Cattedrale (1872-1875), a confine tra progettazione e restauro, arrivando a esempi di attualità passando attraverso gli interventi stilistici nella chiesa di S. Brigida del 1905 e del 1927 e di S. Eufemia (1904). Il restauro, ha evidenziato, assume anche connotazione di tipo sociale e politico come nel caso dei restauri della Cattedrale promossi dal vescovo Scalabrini (conclusi nel 1902) e dai contemporanei restauri al Palazzo Gotico promossi dall’Amministrazione comunale (conclusi nel 1909).

In particolare negli ultimi decenni i restauri e i progetti di riuso del patrimonio artistico sono stati seguiti con grande attenzione dell’opinione pubblica anche con dibattito sugli interventi di recupero, un tempo di esclusivo dominio delle commissioni costituite dagli intellettuali cittadini.

L’interesse per l’excursus storico-architettonico svolto dalla relatrice è stato testimoniato dalle domande finali del pubblico tra le quali la richiesta di un parere sul restauro dell’ex Chiesa del Carmine in particolare sul “soppalco” inserito all’interno del tempio. Il recupero della chiesa - ha risposto l’architetto – è un intervento che ha conseguito un doppio importante scopo: ha sottratto l’edificio dal degrado e aperto prospettive reali di riuso. L’aggiunta del soppalco, del quale non si è a conoscenza del completo iter progettuale, è una struttura, realizzata con l’autorizzazione della Soprintendenza, di carattere reversibile e come tale potrà essere eliminata nel futuro. La conferenza è stata occasione anche per riscoprire alcune figure professionali, meglio conosciute sul fronte della progettazione, come Camillo Guidotti, Giulio Ulisse Arata, Pietro Berzolla.

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