rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Attualità

L'affermazione di una dinastia attraverso il collezionismo d'arte: il caso dei Farnese

i contributi scientifici dei numerosi studiosi protagonisti del convegno internazionale dal titolo “I Farnese, una grande dinastia, nascita, affermazione ed alleanze nella storia europea”

Notevole interesse per i contributi scientifici dei numerosi studiosi protagonisti del convegno internazionale organizzato dall’Istituto Araldico Genealogico Italiano e dalla Banca di Piacenza al PalabancaEventi, con il patrocinio della Confédération Internationale de Généalogie etd’Héraldique dal titolo “I Farnese, una grande dinastia, nascita, affermazione ed alleanze nella storia europea”. La cortese disponibilità del presidente dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano – IAGI, Pier Felice degli Uberti, unitamente a quella di Marco Horak, ci consente di offrire in lettura una estesa sintesi delle relazioni presentate dagli studiosi chiamati a dare il proprio contributo scientifico. Presentiamo la prima parte del contributo di Marco Horak sul tema

L'affermazione del prestigio di una dinastia attraverso il collezionismo d'arte: il caso dei Farnese

In Italia il grande collezionismo, che ha poi posto le basi per la realizzazione dei più importanti attuali musei famosi in tutto il mondo, prese ad espandersi in modo particolarmente significativo all’epoca delle grandi corti rinascimentali, attraverso il fenomeno del mecenatismo che si manifestava come forma di sostegno economico e materiale da parte di sovrani, principi, duchi e membri dell’alta aristocrazia, a favore di artisti (pittori, scultori, musicisti e letterati) i quali, a fronte della relativa libertà di produrre le proprie opere, ricambiavano tale sostegno ponendo la propria arte al servizio dei loro benefattori, che di riflesso ne ritraevano grande visibilità e un indubbio prestigio per le loro corti. Non a caso nel Rinascimento italiano il mecenatismo era collegato al fenomeno della magnificenza e ovviava all’esigenza di “apparire”, che per le grandi corti significava anche consolidare la gestione del potere attraverso la bellezza ed il prestigio che da esse ne derivava. Il caso più emblematico di mecenatismo rinascimentale in Italia fu quello di Firenze, dove i signori della città, i Medici, al fine di dare lustro alla propria corte, soprattutto con Cosimo il Vecchio e suo nipote Lorenzo il Magnifico, sostennero e radunarono i migliori artisti, letterati, umanisti e filosofi del tempo. Anche i Farnese vollero perseguire un analogo obbiettivo, anche se sostenere la presenza nel Ducato di Parma e Piacenza di una vera e propria “corte rinascimentale” appare forse eccessivo, pur se non del tutto fuori luogo. Papa Paolo III, al secolo Alessandro Farnese, costituì nel 1545 il Ducato principalmente con lo scopo di creare un piccolo regno per il figlio Pier Luigi e con la malcelata ambizione di giungere ad affermare la propria dinastia attraverso la magnificenza legata all’arte e alle lettere – fu infatti il primo iniziatore della raccolta farnesiana -, ma non si può negare che una vera e propria corte paragonabile a quella delle grandi dinastie che sublimarono il Rinascimento italiano, come i Medici, i Gonzaga, i Visconti ecc., non ebbe del tutto a manifestarsi.

La formazione della collezione farnesiana

In effetti rimane comunque un fatto incontrovertibile che la collezione Farnese sia nata in periodo ancora rinascimentale per volontà di papa Paolo III (1468-1549), che dal 1543 iniziò sia a raccogliere opere del passato, sia a commissionarne di nuove ad alcuni fra i più rilevanti artisti dell'epoca. La collezione subì poi un forte e insperato impulso a partire dagli anni 1545-1546 grazie agli importanti reperti romani ritrovati nelle terme di Caracalla, durante gli scavi commissionati da Paolo III allo scopo di recuperare antiche sculture da destinare all’abbellimento della sua residenza, e si ampliò poi nei decenni e secoli successivi tra Roma, Parma e Piacenza.  Durante i lunghi anni in cui la proprietà dei Farnese sul Palatino fu interessata dalla costruzione della Villa e poi ancora alla sistemazione degli Horti, una grande quantità di capolavori in marmo dell'antichità fu ritrovata e non poteva essere altrimenti visto che il Palatino era stato il colle ove risiedevano gli imperatori di Roma.  Queste opere andarono a formare quello che oggi è considerato come uno dei nuclei statuari antichi più significativi tra quelli presenti in Italia.

Tale raccolta rimase ai Farnese e continuò a corredare i loro palazzi fino a quando fu ereditata da Carlo III di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese che andò in sposa a Filippo V di Spagna. Carlo III portò a Napoli quanto della collezione si trovava a Parma e successivamente il figlio Ferdinando IV decise di portare a Napoli anche le statue che si trovavano nei palazzi farnesiani romani; quindi all’inizio dell’Ottocento Palazzo Farnese, Villa Farnesina alla Lungara, Villa Madama alle pendici di Monte Mario, gli Horti Farnesiani ed anche Palazzo Farnese a Caprarola furono quindi completamente svuotati.  La parte più consistente della Collezione Farnese di antiche statue e marmi può essere oggi ammirata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dove le opere sono esposte secondo un percorso che segue i criteri del collezionismo tardo rinascimentale. Le più note statue farnesiane sono la cosiddetta “Montagna di marmo”, ossia il Toro Farnese, con le sue dimensioni di quasi 4 metri di altezza per 3 metri di larghezza è considerato come il marmo in blocco unico più grande dell’antichità romana, o il gigantesco Ercole Farnese alto m. 3,17.  Negli stessi anni, per la precisione nel 1545, avvenne un episodio che, in qualche misura, può assurgere ad esempio di mecenatismo farnesiano quando il grande pittore veneziano Tiziano Vecellio decise di compiere un viaggio in Italia centrale, che culminò nel soggiorno romano, ospite di papa Paolo III Farnese e del suo potente nipote il cardinale Alessandro Farnese il Giovane. Fu naturale l'incontro e il confronto con l'artista che in quel momento dominava Roma, ossia quel Michelangelo che aveva da poco terminato il Giudizio Universale. Tiziano, nel periodo in cui fu ospite dei Farnese, realizzò per loro diverse opere: Danae, il Ritratto di Paolo III, il Ritratto di Ranuccio Farnese e il Ritratto di Paolo III con i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese.

La raccolta, iniziata a Roma, si sviluppò quindi essenzialmente in tre distinti ambiti territoriali: la collezione Farnese di Roma, sviluppata principalmente dal cardinale Alessandro, nipote di Paolo III, che avviò la raccolta di opere in città, quella di Parma, con una rilevante presenza di opere di scuola emiliana e fiamminga che venivano esposte nei palazzi Ducale, del Giardino, e di Colorno. Infine, una restante parte si sviluppò a Piacenza, nel palazzo Farnese.

Il cardinale Alessandro Farnese il Giovane, uomo colto e grande mecenate passato alla storia con l’appellativo di “Gran Cardinale”, nipote di Paolo III e figlio di Ottavio, iniziò ad includere nella raccolta opere di Raffaello, Sebastiano del Piombo, Tiziano, Michelangelo, El Greco e di tanti altri artisti, elevando in modo significativo il livello della collezione farnesiana. Vi furono inoltre altre importanti acquisizioni come quella ereditata da Fulvio Orsini, bibliotecario di casa Farnese e a sua volta importante collezionista d'arte dell'epoca, oppure come quella relativa al nucleo di pitture fiamminghe che entrò a far parte della collezione a seguito della nomina di Alessandro, terzo duca di Parma e Piacenza e quarto duca di Castro a reggente dei Paesi Bassi. Per lungo tempo al servizio della Spagna come comandante dell'Armata delle Fiandre, Alessandro fu tra i massimi condottieri del XVI secolo grazie alle sue vittorie che diedero forma all'assetto politico dell'Europa moderna. Parallelamente alla collezione romana, iniziò a svilupparsi intanto una significativa raccolta tra Parma ed a Piacenza: già nel 1587 gli inventari elencano una quarantina di dipinti, fra i quali i più significativi furono il Ritratto di Galeazzo Sanvitale di Girolamo Francesco Maria Mazzola, detto il Parmigianino, fondamentale esponente della corrente manierista e della pittura emiliana in generale, lo Sposalizio di Santa Caterina di Antonio Allegri detto il Correggio. Alla metà del XVII secolo, sempre a Parma, iniziò a formarsi anche la preziosa raccolta di gemme con pezzi provenienti dalle collezioni quattrocentesche del pontefice Papa Paolo II e di Lorenzo il Magnifico e da quelle di Alessandro e Ranuccio II Farnese.   Ma il massimo incremento della raccolta farnesiana del Ducato di Parma e Piacenza si ebbe quando Ranuccio trasferì l'intero nucleo di opere pittoriche presenti a Roma nel palazzo della Pilotta della città emiliana, anche a seguito di sentimenti anti-Farnese che ebbero a manifestarsi nel corso di rivolte avvenute nella città papale. Si può affermare che a partire dall’ultima parte del XVII secolo dell'intera collezione Farnese al di fuori del Ducato, rimase solo l'insieme delle sculture antiche rinvenute a Roma.

1 - continua

In Evidenza

Potrebbe interessarti

L'affermazione di una dinastia attraverso il collezionismo d'arte: il caso dei Farnese

IlPiacenza è in caricamento