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La curiosità

La casa medievale piacentina secondo i documenti notarili

Come era strutturata la vita quotidiana di un piacentino nel Medioevo?

Noi oggi viviamo in comodi appartamenti, in case cittadine o di provincia, fornite di ogni minimo comfort possibile, in accoglienti strutture di solidi mattoni, con tetti sicuri e robusti. Insomma viviamo, bene o male, nella moderna società del benessere, ma ci chiediamo: come era strutturata la vita quotidiana di un piacentino nel medioevo? E allora abbiamo voluto mettere il naso in alcuni aspetti di quei secoli, una rapida “infarinatura” su quel mondo, e cioè sulla tipologia di “domo” (casa).

Per scoprire la “casa” più in voga qui nel nostro territorio, basta andarsi a leggere alcuni ottimi volumi su aspetti medievali dati alle stampe negli anni da storici recenti e “secolari”, dove si citano tanti documenti originali di mano notarile pieni zeppi di dati.

Tanto per cominciare scopriamo che mille anni fa, è stato l’abitato rurale di campagna che ha influenzato nella tipologia costruttiva, anche il “modello” di casa in città a Piacenza. Certamente parliamo di case “comuni”, perchè è ovvio che i “grandi signori” feudatari o mercanti, avevano “palatia” di grandi dimensioni, ma non sono la maggioranza, e strutturati diversamente.

La tipologia della casa è in materiale povero e poco costoso, e il legno ovviamente prevale, ma anche “il mattone” trova però i suoi usi. Ci viene descritta quindi la casa di città secondo la tipologia contadina: l’edificio vero e proprio (due, quattro stanze, su un solo piano, ma anche a volte con piano superiore) e costruzioni “di servizio” come il forno, la cantina, stallino, fienile, tettoie. Indispensabile, nel cortile, “il puteo” (pozzo): dava acqua potabile utile ad uso alimentare, igienico e per l’orto, quasi immancabile.

La cantina è detta “caneva”, in certi casi con le volte in cotto e pavimento in terra battuta, sono quelle che ancora oggi conservano soprattutto le grandi case, qui si tenevano le botti del vino e si facevano “maturare” i salumi ed i formaggi in questa frescura umida.

La casa in legno era economica: tavole, pali, e “murature” riempite di paglia, argilla mista a pietrisco. Il tetto leggiamo che era rivestito di “scandolae” (tavole di legno) e addirittura, l’affittuario quando se ne andava, aveva la possibilità di “smontare” le parti lignee che aveva edificato, per ricostruire altrove una casa, ma lo “smontaggio” era possibile solo per le parti non abitate, quali portici, casotti, stallini.

Il focolare, indispensabile per cucinare e scaldarsi, in stanze come detto già molto piccole, era “aperto”, per cui il fumo usciva dalla stessa porta socchiusa e da un’apertura nel tetto, possiamo immaginare questa perenne aria malsana e il “tossicchiare” perpetuo di vecchi e bambini. Andava meglio ai “ricchi” che in casetorri o palazzi in “cotto” (palatium) avevano una stanza “caminata” (con il camino in mattoni) e quindi, se c’era buon tiraggio, pochissimo fumo da respirare e col quale “convivere”.

Per i bisogni fisici, con qualsiasi stagione, si ricorreva ad uno spartano “casotto” in legno, dove ci si “sedeva” su di una “fossa nera” (una orribile asse bucata, posata sulla gora), là in un angolo del cortile, igiene zero.

Una stanza della “domo” era quella “da letto”, dove su rustici pagliericci sistemati in terra o su tavolati, magari anche a più piani, si dormiva in tanti, marito e moglie, figli, suocere. D’altra parte, ancora nell’ottocento (ma anche più avanti nel tempo) questo tipo di dormire “promiscuo” era ancora in auge eccome, nelle famiglie operaie e contadine: il medioevo non aveva abbandonato la stanza da letto.

I documenti notarili parlano dell’affitto in città e nel contado di: “domo murate”, “solerate” (con un piano superiore), “coppate” (con coppi in cotto), “cum casa, orto, curte”, “caneva” (cantina) e pozzo. Ma nella nostra campagna, compresa nella latina “area” (cioè quella che chiamiamo tutti aia) solitamente è anche il “puteo”, d’uso comune, così come il forno.

Come in altri luoghi, a Piacenza l’abitazione ad uso della famiglia è detta “casamentum”, e con questo termine in latino i notai indicavano anche tutta l’area su cui era stato costruito l’edificio, dove potevano essere appunto piccole stalle, portici o altro.

Nei documenti d’affitto, iniziarono poi a indicare come “casamentum” le case rurali in campagna, dei mezzadri e dei contadini. Questa la tipologia media dell’abitazione medievale tipica del piacentino, e a farcela “vedere” sono i documenti coevi di quei secoli. Casa dolce casa, si recita nel proverbio, e probabilmente per quelle genti così sarà stato, ma l’acre odore perenne di fumo e fuliggine, quello lo si portava nella tomba.

Umberto Battini

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