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La cattedrale e i tesori danteschi protagonisti delle “giornate” Dante piacentina

Notevole interesse per entrambe le visite guidate e per “Dante” testimonial della Olivetti

L’evento “Giornate della Dante” previsto dallo Statuto nazionale del sodalizio culturale nella nostra città è stato vissuto in più eventi. Nel primo “momento” una Santa Messa celebrata nella cripta della Cattedrale in “ricordo” di tutti i Soci scomparsi nel corso degli anni, ed in particolare del più recente periodo. Alla fine del sacro rito l’opportunità di contestualizzare vari dettagli storici e artistici (Procaccini, Carracci, Gaspare Landi, ed ovviamente Guercino) illustrati dal presidente della “Dante piacentina”, Roberto Laurenzano: dall’ antica Cattedrale di San Giovanni De Domo (intitolata a san Giovanni Evangelista), e da quella successiva intitolata a Santa Giustina. Questo tempio nel 1117 crollò, un po’ a causa del terremoto di quell’anno ed un po’ perché di materiale “povero”. Nel 1122 l’allora Vescovo Aldo de’ Gabrielli fece porre la “prima pietra” dell’attuale Cattedrale, costruzione che visse due fasi sostanziali: 1122-1160 e 1200-1233, con elevazione del Campanile avvenuta poi intorno al 1250. Un particolare richiamo è stato fatto alla “Vasca Battesimale paleocristiana” (sec. IV), forse unico reperto sulla “prima evangelizzazione cristiana a Piacenza”, ubicata nella relativa Cappella delle SS. Orsola e Caterina; vasca nella quale avveniva il rito dell’”immersione” del battezzando, quanto meno fino al ‘400, poi posta, a quanto pare, nel tempietto del Battistero nel 1544 ubicato sull’area ove oggi vediamo la colonna della Madonna Immacolata. 

Un folto gruppo di soci tanto da dover essere suddiviso in tre gruppi, ha preso parte alla visita guidata ai “Tesori Danteschi a Piacenza”, mostra ottimamente organizzata dalla Biblioteca Passerini Landi con l’Assessorato alla Cultura. I partecipanti, guidati dal dott. Massimo Baucia, e dalla dottoressa Lura Bonfanti, hanno avuto modo di conoscere una pluralità di documentazioni e carteggi originali dell’epoca dantesca e anche di successivi secoli e di visionare una varietà di tipologie di stampa e di pagine parimenti originali di letterati e copisti attraverso i quali si sono tramandati la “Commedia” dantesca e altri “scritti” del Sommo poeta, unitamente a varie opere critiche e commenti da parte di letterati succedutisi nei secoli. Inoltre una serie di interessanti raffigurazioni, e la possibilità di esaminare differenti stili di impaginazioni e di stampa e le bellissime “ricercate” colorazioni di lettera iniziale di “primi” commi di testo o capitolo hanno destato notevole interesse, grazie anche alla loro eccellente disposizione nelle bacheche. Ovviamente, il “pezzo forte” è stato costituito dalla “visione” concreta del notissimo “Codice Landiano”, vale a dire un testo con copertina alta circa 40 cm,  il quale è la “Copia” più antica ed attendibile della intera “Commedia” dell’Alighieri; copia realizzata dal marchigiano Antonio da Fermo nel 1336, un’opera di grande importanza in quanto è stata la miglior “copia” della Somma Opera di Dante. Degli scritti del Sommo Poeta (compresa la “Commedia”) nulla è mai stato ritrovato; e quanto è a noi pervenuto è opera dell’attività dei “copisti” (ovviamente svolta sulla base dell’originale dantesco esistito, ma di cui nulla si sa, né sul “se” sussista in qualche luogo segreto, né se sia andato distrutto. Antonio da Fermo, che era uno dei maggiori copisti del ‘300, è stato colui che realizzò il c.d. “Codice Landiano”, ritenuto la miglior “copia” dell’Opera Somma di Dante.

La copia è detta “Landiana” in ossequio al nobile piacentino Ferdinando Landi che la acquistò nell’ ‘800, per poi donarla al Comune di Piacenza, e, per esso, all’allora Biblioteca Passerini alla cui denominazione fu indi affiancato anche il cognome “Landi”. Un acquisto che avvenne da parte del Landi da un presumibile antiquario di Monticelli d’Ongina al quale il Codice era pervenuto dopo un plurisecolare percorso ereditario o alienativo tra varie famiglie. Davvero “curioso”, tra l’altro, vedere nella mostra una grande “Locandina” del primo ‘900, con l’immagine di Dante che pubblicizza ed esalta la nascita della prima macchina da scrivere Olivetti, pubblicità (di sapiente intuizione manageriale) che fruttò, a quanto pare, la vendita di moltissime migliaia di esemplari del “nuovo mezzo di scrittura” In conclusione, una “Mostra”, mirabilmente curata dalla notevole competenza professionale del team organizzatore tra i quali il dottor Massimo Baucia, la dr.ssa Daniela Morsia e il dott. Graziano Villaggi.

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