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La conoscenza del numero dei “casi asintomatici” fornisce indicazioni sulla vitalità del Coronavirus

Il report periodico con l’evoluzione dell’epidemia

Per virologi ed esperti quella di oggi è la data chiave per valutare compiutamente la diffusione dei contagi Covid-19 dopo l’allentamento delle restrizioni del Lockdown del 4 e del 18 maggio. Il cauto ottimismo rimane tale anche dopo la ristabilita mobilità interregionale del 3 giugno, però un importante banco di prova saranno i prossimi dieci giorni. Gli esperti evidenziano infatti come l’epidemia in Italia non sia ancora conclusa e prevedono che in autunno ci sarà una seconda ondata di coronavirus. Ricordiamo al proposito che il Ministro della Salute Roberto Speranza ha chiarito che se si dovesse delineare una tendenza preoccupante, saranno adottati nuovi provvedimenti restrittivi. I dati di oggi confermano comunque il rallentamento dell’epidemia, in particolare la curva epidemica nazionale segna +0,08% contro +0,22% di alcuni giorni prima.  

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Il grafico illustra, per ciascun giorno, l’aumento % del totale

dei nuovi casi rispetto al giorno precedente, oggi +0,08%

I test di screening effettuati tramite tampone rino-faringeo ed esame sierologico per la ricerca degli anticorpi sui pazienti ricoverati, personale sanitario ospedaliero, delle RSA, volontari etc, permettono di conoscere anche casi asintomatici. Si tratta di persone che possono essere venute a contatto con il virus da qualche settimana prima e forse anche più, tale situazione è oggetto di approfondimento di studio da parte della Comunità scientifica per verificare la loro possibile o meno contagiosità. Nella Regione Emilia Romagna, i dati epidemiologici nella giornata dei giorni 6 e 7 giugno, dichiaravano che su 31 casi  riscontrati nelle 48 ore, 21 erano asintomatici, cioè senza  sintomi riferibili alla  Covid - 19  e  quindi, solo un terzo  dei casi positivi  presentava  sintomi  della infezione attiva.

Per monitorare i contagi e classificare il livello di rischio di una regione, la Commissione tecnica nominata dal Governo, valuta 21 indicatori che tengono sotto controllo i numeri dei nuovi  casi notificati, l’isolamento domiciliare, percentuale di tamponi positivi, tempo tra data inizio sintomi e data di diagnosi, tasso di occupazione dei posti letto totali e di terapia intensiva, ecc... Alcuni dei parametri sono estrapolazioni dei numeri forniti giornalmente dalla Protezione Civile, ai quali attingiamo anche noi per la serie dei nostri report, la cui copertina è affidata a Oreste Grana e le rappresentazioni grafiche sono realizzate con la consulenza di Giuseppe Pagani.

Su territorio nazionale negli ultimi sette giorni i casi di contagio sono aumentati di 2334 unità (+1%). Nelle regioni Basilicata e Molise non sono stati registrati contagi; i maggiori incrementi relazionati alle medie nazionali di prevalenza e incremento percentuale dei casi, sono registrati in Liguria e Lombardia; in minor misura in Lazio Piemonte e Abruzzo:

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SOTTO LA LENTE: Indice R0 e Rt.

Secondo l’ultimo monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità, nelle regioni l’indice Rt (erre con t) si attesta mediamente su valori compresi tra 0,2 e 0,9 ritenuti da valutare con attenzione ma al momento non preoccupanti. A inizio pandemia le fonti ufficiali parlavano di R0 (erre con zero), parametro utile a valutare l’andamento di un’epidemia provocata da una malattia infettiva, nella sua fase iniziale in assenza di interventi. Nel caso in cui R0 sia pari a 1 significa che un singolo malato potrà infettare una persona, se invece è uguale a 2 ne contagerà due e così via. Maggiore è il valore di R0, dunque, tanto più elevato è il rischio di diffusione dell’agente infettivo. In Lombardia si è partiti da un valore iniziale di R0 di 2,96, in Veneto di 2,51, in Emilia Romagna di 2,84.

Dopo l’adozione delle misure di contenimento dell’infezione coronavirus, il rapporto di contagiosità è significativamente diminuito e da qui la decisione di rilevare la potenziale trasmissibilità del coronavirus con un parametro differente, l’indice Rt che descrive il tasso di contagiosità contingente, nel nostro caso dopo le misure adottate per contenere il diffondersi della malattia. Se l’Rt supera 1, vuol dire che l’epidemia è in crescita; ancor prima però l’allarme dovrebbe essere stato lanciato da altri indicatori: l’incidenza settimanale, il numero di focolai, le chiamate al 118, gli accessi in ospedale ed altri.

Nell’attuale pandemia entrambi gli indici presentano alcuni limiti operativi perché tra gli elementi critici vi è la conoscenza della data di insorgenza dei sintomi della malattia, indicazione questa che mancherebbe per un terzo degli oltre 234mila casi italiani di coronavirus ad oggi registrati. Si è sopperito attribuendo la data dell’accertamento virologico dell’infezione. Altra variabile che incide sul parametro Rt è il fatto che non tutte le persone hanno le stesse probabilità di contagio perché questo è direttamente proporzionale al numero di contatti per giorno del caso primario (più persone incontra, più persone si infettano) e alla durata della sua fase di contagiosità. Ad esempio i familiari conviventi di un caso isolato a casa propria, hanno certamente una probabilità maggiore di infettarsi ed essere riconosciuti, come pure un residente o un operatore di una struttura in cui si è verificato almeno un caso di infezione.

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