La fiera di Calendasco dedicata al Grande Fiume
Sabato 25 e domenica 26 marzo torna la fiera del paese
L’inno composto nel 1970 da don Federico Peratici, arciprete di Calendasco, recitava in una sua strofa: “Oh Calendasco terra benedetta, paese caro come il primo amore!”.
E nell’antico borgo, di fondazione longobarda, dal 1964 si tiene la “Fiera del Po e Festa del pesce fritto”, che fu ideata da un gruppo di giovani volenterosi del paese, tra di questi abbiamo potuto rintracciare i nomi di “Adriano” Andrea Fagioli, “Pippo” Giuseppe Rebecchi, "Pinello" Giuseppe Molinari ed il segretario comunale di quel tempo Vittorio Curtoni, con l’appoggio dell’amministrazione.
Una terra che a quel tempo aveva una vocazione agricola primaria, che conservava anche un rapporto col fiume Po molto importante, basti pensare ai barcaioli e pescatori di professione locali. A Calendasco fin dal tardo medioevo era attiva e residente una squadra di “navaroli ducali”, così come abbiamo dedotto da documenti conservati nell’Archivio di Stato di Milano.
L’idea iniziale era quella di dare lustro al mondo agricolo e di fiume, per questo venne chiamata “Fiera e Po e Festa del pesce fritto”, ce lo aveva raccontato tempo fa proprio in viva voce Adriano Fagioli, uno degli “ideatori” di questa Fiera piacentina ormai assodata e storica. Nelle prime edizioni venivano esposte macchine agricole e trattori di ultima generazione, e agli organizzatori toccava anche il compito di “un servizio notturno di sorveglianza”.
Chi ha frequentato la Fiera di Calendasco già negli anni ’60 e ’70 ricorda bene come l’esposizione di mezzi agricoli fosse preponderante e importante, mentre ormai da anni le fiere agricole piacentine più conosciute rimangono quelle di Cortemaggiore e di Borgonovo Val Tidone.
Nel borgo sul Po la faceva da padrone anche il pesce: arborelle e stricci di Trebbia e di Po che venivano fritti a quintali, era un pesce d’acqua dolce locale ancora “pescabile”, che si trovava senza difficoltà, consumato sulle tavole in tutto il piacentino.
Memorabile rimane la Fiera del 1970, quando finirono “in frittura” oltre sei quintali del nostro pesce di fiume, una memoria quasi storica se si pensa che oggi questo tipo di pesce è quasi scomparso dai nostri fiumi e torrenti.
La Fiera dei nostri giorni si tiene da sabato 25 a domenica 26 marzo, giorno “clou” ed è composta dall’immancabile luna-park e dai tanti e ben diversificati banchi con ogni tipo di merce, mentre ormai è diventata tradizione, nel giorno di domenica, la “balera” sulla piazza del castello. Il grande maniero era un tempo dei “guefi” Confalonieri ed è stato “casa natia” del Santo Patrono del paese Corrado Confalonieri. Dal primo pomeriggio alla sera qui si balla il liscio su di una luccicante “balera d’acciaio” mentre ai tanti tavoli si possono gustare i classici piatti piacentini bagnati dai vini dei nostri colli. All’attracco sul Po al Masero di Calendasco, l’immancabile “giro in barca” gratuito e per chi lo desidera anche quello aereo in idrovolante, e nel primo pomeriggio ci sarà un passaggio dimostrativo di alcuni hovercraft (è un aeroscafo che naviga sospeso sull'acqua da un "cuscino d'aria" e mosso da una grande elica).
L’edizione di quest’anno è la numero 57 (due sono state sospese causa pandemia), e come da tradizione, il borgo diventerà, da mattina a sera, un affollatissimo serpentone di popolo a due passi dal Grande Fiume.
Umberto Battini