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La lotta per l’autonomia dopo quasi un anno di coma: «Ora faccio 80 chilometri al giorno»

Davide Barbieri, 29enne di Biana di Pontedellolio, rimase coinvolto in un gravissimo incidente in moto nel 2012 che lo costrinse a otto mesi di coma. Poi, una conquista dietro l'altra: autonomia, diploma e lavoro. Ora la passione per la bici (reclinata): «Giro tutti i giorni»

Chi vive, lavora o frequenta spesso la Valnure, l’ha incrociato almeno una volta sulla sua bicicletta, in particolare lungo la provinciale 654. Da lontano si scorge una lunga bandierina, a segnalare che sulla strada c’è anche lui, un combattente per la vita. Davide Barbieri ha 29 anni, abita a Biana di Pontedellolio, ha studiato al Tramello – quattro anni con i coetanei e uno alle serali – e ne aveva ventuno quando rimase coinvolto in un gravissimo incidente stradale, di cui non ricorda nulla.

Come tanti aveva - anzi, ha tuttora – la passione per le moto. A Recesio di Bettola, poco distante da casa, il 25 febbraio del 2012 siDavide Barbieri-3 scontrò con un altro motociclista, rischiando di morire. «Sono stato otto mesi in coma - racconta lui stesso -, poi mi spostavo in carrozzina e in seguito con il girello». Con tanta forza di volontà il giovane ha cercato di riprendersi: inizialmente il suo era uno stato vegetativo. Non parlava, non si muoveva, non reagiva. «Ho fatto tanta fisioterapia, sono stato assistito da una equipe, dalla neuropsicologa Emilia Bozzini e fatto attività alla piscina del centro Inacqua di Piacenza. Un passettino alla volta ho gettato via il girello e mi sono ripreso un bel po’ di autonomia». A dirla così sembra una cosa da niente, ma dietro questo complesso percorso di recupero c'è l'impegno di diversi professionisti, l'amore dei familiari e la forza di Davide. 

Che, adesso, cammina da solo: «faccio più di un chilometro tutte le sere, vado a trovare i miei nonni e un amico qua vicino a casa». Ma ha scoperto un'attività in cui mette tutto sé stesso: l’handbike. «Onestamente, prima dell’incidente, avevo una bici che non usavo mai. Pensavo solo alle moto. Però, rimasto senza patente, volevo trovare un mezzo per spostarmi. Così ho provato, inizialmente per andare dai nonni». Ed è scattata la passione. Da un anno ha comprato un nuovo modello di bici reclinata a tre ruote che «non pesa niente», e tutti i giorni compie un giro. «Faccio 80 chilometri ogni giorno, spesso 120 km, con punte anche di 200 km in qualche caso, mi piace troppo». Evita la montagna – «la strada si restringe, è pericolosa» - sta sempre dal suo lato e viaggia in continuazione.

Da tre anni lavora per qualche ora alla mattina al salumificio “San Bono” di Pontedellolio, dopo aver preso il diploma al Tramello completando l'ultimo anno alle scuole serali. Diploma e lavoro: altre due conquiste per niente scontate. «Mi occupo soprattutto delle etichettature dei prodotti, ma faccio un po’ di tutto, all’occorrenza». Terminato il turno, va a casa e tira fuori la bici. Come ti trattano gli automobilisti? Molti non rispettano pedoni e ciclisti… «Uno non per non vedermi - risponde lui - in strada dovrebbe avere due fette di salame sugli occhi... Giro con una bandierina ben visibile, sono pieno di luci di segnalazione, ho anche il tettuccio in caso di pioggia. Infatti qualcuno mi ha fermato per complimentarsi e sottolineare che mi sposto in sicurezza. Di rado mi sorpassano stando appiccicati, la maggior parte tengono una bella distanza».

Come tutti gli appassionati di sport Davide sta seguendo il decorso di Alex Zanardi, che ha dato una grande popolarità, con la sua storia,handbike-2 all’handbike e agli sport paralimpici. Oltre a quello che rappresenta come campione nello sport e nella vita. «Ho incominciato a interessarmi di lui quattro anni fa, quando è scoppiata questa passione. Prima me ne fregava poco delle bici. Penso che sia stato molto sfortunato, per lui andarci sopra è come per un altro mangiare pane». Si è dato anche alla palestra. «Mi piace essere sotto sforzo, ora meno, cerco di passare più tempo possibile in strada. Mi sposto solo con quella, potrei riprendere la patente dell’auto ma non voglio, anche se qualche volta un giro mi piacerebbe farlo. Ma cerco di resistere».

Il giovane non vuole guadarsi troppo indietro. «È passato un po’ di tempo dall’incidente. Non mi metto a guardare il passato, sennò mi arrabbio un po’». Si sente, però, di dover ringraziare i suoi familiari che lo hanno aiutato a superare i momenti più brutti. «Mio papà Danilo è la persona che mi è stata più vicina di tutte. Ha lasciato da parte il lavoro per me. Era ragioniere-capocantiere, girava l’Italia. Lui dice che è solo merito mio se ho acquisito autonomia negli ultimi anni. Mi sento di contraddirlo: è stato lui che mi ha spronato in questo percorso. Senza la sua figura accanto non sarei qui a parlare e a muovermi per la strada. Tante volte ero preso dallo sconforto e mi mettevo in testa di non farcela, a muovermi. Ma c’era sempre uno stimolo – il suo “Dai che ce la fai” - in questo tragitto. Ho provato a dargli retta e ora cammino. Non benissimo, ma mi sposto come voglio. Ce l’ho fatta».

Davide Barbieri-3

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