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La scapigliatura esaminata con gli occhi di un protagonista

La pubblicazione di Carlo Giarelli presentata in Biblioteca nell’ambito della rassegna “Piacenza che scrive”

La Scapigliatura, un complesso movimento culturale nato a Milano nella seconda metà dell’Ottocento, che con la sua ribellione intellettuale, ha posto le premesse per un rinnovamento della cultura italiana di fine Ottocento e dei primi del ‘900.
Un’analisi svolta “con gli occhi di un protagonista che l’ha vissuta in prima persona, il giornalista piacentino Francesco Giarelli”, protagonista di un libro scritto da un suo discendente, Carlo Giarelli, che è stato presentato presso il Salone monumentale della Biblioteca Passerini-Landi, nell’ambito della rassegna “Piacenza che scrive”, dalla dottoressa Daniela Morsia, bibliotecaria e ricercatrice storica.

Un’opera edita dalla Casa editrice Ghilardi di Milano con la quale il dottor Carlo Giarelli, si è aggiudicato il “premio Cesare Pavese” nella categoria dei medici scrittori. Il dottor Carlo - ha infatti ricordato nella sua presentazione Morsia - è un noto medico chirurgo e psicoterapeuta concittadino che ha al suo attivo, oltre a oltre a numerose pubblicazioni di carattere scientifico, anche opere di narrativa.
Giarelli sollecitato dalle domande di Morsia ha ricordato che la Scapigliatura  nasce a Milano a metà dell'Ottocento come movimento artistico, letterario e di costume, in un momento storico caratterizzato dal tramonto degli ideali romantico-risorgimentali. 

Milano allora poteva essere considerata la Parigi della Lombardia, una città di solo 200.000 abitanti, ma in rapidissima trasformazione, caratterizzata da una consistente concentrazione di testate giornalistiche, una città che artisti, editori ed intellettuali, avevano contribuito a farla diventare la città più moderna ed europea della nuova Italia. Una realtà tuttavia caratterizzata anche dal degrado, dall’emarginazione e povertà, peculiarità ben descritte dagli scapigliati che in ciò possono, a buon titolo, essere accostati alle opere degli scrittori naturalisti francesi con le loro denuncie sociali, Emile Zola in testa. Ma gli Scapigliati milanesi si sentono divisi tra ideale e vero, tra bene e male, virtù e vizio, bello e orrendo, senza possibilità di conciliazione. E la loro opera è proprio l’esplorazione di questa condizione di incertezza, di angosciata perplessità, di disperazione esistenziale, che spesso non si limita alla pagina scritta, trasferendosi nella vita reale. Ed in questo sono accostati ai “poetes maudits” come Baudelaire e Rimbaud.

Il volume, dallo stile fluido e scorrevole, presenta i principali esponenti di questo periodo (Valera, Tarchetti, Arrighi, Cremona, Boito, Cavallotti, Dossi, Rovani, per citarne alcuni) attraverso la testimonianza di Francesco Giarelli, il primo reporter moderno della storia del giornalismo italiano, che "andava sul posto" per restituire al lettore, in presa diretta, l'immagine di una città ricca di contraddizioni.
Artisti il cui “padre” fu quello straordinario autore del libro “Cento anni”, Giuseppe Rovani, nella Milano tra il 1750 ed il 1850, in cui Rovani ambienta le sue trame. Era, si evince molto bene nel libro di Giarelli, per natura un ribelle Era a buon diritto considerato capofila della Scapigliatura lombarda; tutti uomini, come lo stesso Rovani, di consolidata cultura classica, ma perennemente squattrinati e ribelli, come molti intellettuali della parigina bohème.

Bevevano assenzio, il “veleno verde”; quando si incontravano tra di loro lo facevano in un'ortaglia dietro corso Monforte, nelle osterie (una delle più note era quella della Foppa, cara a Rovani)  dove si giocava a bocce, si mangiava e, soprattutto, si beveva.
Gli Scapigliati, tra cui brilleranno Boito e Tarchetti, cercavano la rottura dei vecchi equilibri, come tutte le avanguardie. Si ribellavano allo stile borghese, indagavano il brutto e vivevano un po' di contrabbando. Tutto ciò Francesco Giarelli lo visse in prima persona, a Milano, dove si trasferì da Piacenza su sollecitazione di Felice Cavallotti, che ne scoprì per primo le doti di acuto giornalista.

Carlo Giarelli, suo discendente, ha avuto la fortuna (e la passione) di avere tra le mani documentazioni precise da utilizzare per il suo saggio. Giarelli ha ricordato soprattutto l’attività di Francesco a Milano, la sua rigorosa professionalità ed ha poi sottolineato quanto il termine Scapigliatura esca dai confini di un periodo storico, ovvero la Milano del Secondo Ottocento, per divenire una metafora di vita che esce dai confini del tempo, tipica di ogni persona libera che vuole esercitare il suo diritto di critica, che sa valutare gli eventi storici e politici attraverso una visone personale senza assoggettarsi ai luoghi comuni, ovvero quello che oggi si definisce il “politicamente corretto”.  Un’opera quella di Carlo Giarelli, di appassionata ricerca, da leggere ed apprezzare per l’innegabile complessità di analisi e solidità culturale storico-letteraria, un saggio approfondito, ma di agevole e scorrevole lettura.

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