«La transizione ecologica richiede a tutti un modello di civismo in equilibrio con la natura»
È da diversi anni che alcune parole poco utilizzate nel lessico quotidiano e nella comunicazione in generale si sono prese la scena in tutti i consessi umani, da quello politico, ai vari settori delle attività economiche e non. Transizione ecologica ed energetica, sostenibilità, resilienza sono diventati termini attuali e pregnanti che dovrebbero indirizzare le linee guida di azione delle classi politiche nazionali europee e mondiali, naturalmente con i distinguo di chi, vedi alcune cosiddette potenze, sono restie a collaborare nelle varie organizzazioni internazionali sull’ ambiente e il clima. Mi pare lapalissiano evidenziare che da diverso tempo è in atto un cambiamento climatico sempre più preponderante verso un punto di non ritorno, il quale sta mettendo in ginocchio diverse zone del pianeta, una desertificazione di territori creando esodi di esseri umani verso condizioni di vita accettabili, mentre per guardare a casa nostra, una mancanza di precipitazioni nevose e piovose che sta causando sofferenza a comparti fondamentali quali l’agricoltura, zootecnia e produzione idroelettrica, non per ultimo per l’uso civile. La transizione ecologica richiede a tutti un modello di civismo in equilibrio con la natura in cui i comportamenti individuali e collettivi siano indirizzati verso valori condivisi. Oltre a ciò urge il ripensare alle forme di produzione e consumo. Comprendendo, attualizzando e valorizzando il concetto di cultura della sostenibilità. Il percorso di transizione energetica passa inevitabilmente alla creazione di comunità energetiche, che siano piccole, medie o grandi realtà. Si dovrebbe arrivare a valori intorno al 32% di energia verde prodotta da fonti rinnovabili, in linea con gli obiettivi fissati a livello europeo per il 2030. Produttori e consumatori che autoconsumano a km 0 sia come piccolo paese o come quartiere di città con l’installazione di pannelli fotovoltaici su tetti o su terreni. Per fare ciò e renderci in linea con la diminuzione dall’essere dipendenti dai combustibili fossili serve una virtuosità di ideali e visione di un futuro sostenibile ed ecologicamente meno impattante. L’impronta sul Pianeta deve essere non deleteria, né cagionare ulteriori danni alle nuove generazioni. I cittadini hanno una spiccata coscienza ecologica, meno la burocrazia farraginosa che ingabbia l’energia positiva con un legislatore che ha difficoltà a recepire con un’azione efficace ed efficiente le disposizioni dell’UE. L’Italia ha iniziato il percorso delle direttive del 2018 solo nel 2020 e ha concluso in maniera definitiva a dicembre 2021 con DL in materia di risorse energetiche rinnovabili e di comunità energetiche. Un ritardo che ci è costato anche una procedura di infrazione
Giovanni Ricci, Villanova sull’Arda