rotate-mobile
Attualità

«La valorizzazione culturale di Piacenza: città in grado di offrire, ma che non lo fa»

Piacenza è senz’altro una bella città: una nota che potrebbe talora non apparire ai residenti, cosa che accade quando, abitandovi, si fa minor caso ad aspetti peculiari di densa ricchezza storico-artistico-culturale che la città offre

Negli anni ’20 del ‘900 si era scoperta l’esistenza di una via sotterranea che, partendo dall’allora Via Re Umberto (vale a dire dall’attuale Via Calzolai) si dirigeva e sboccava probabilmente nella zona di “Porta Fodesta".  Era una via di “fuga” per ragioni connesse ad aspetti storico-politici del tempo? Certo comunque, esisteva e penso che tuttora esista, “non valorizzata”. Inoltre nel corso di lavori in una cantina di casa Visconti, vale a dire nei bassifondi dell’edificio d’angolo tra Via San Marco e Via Mandelli, assieme ad una sorta di un “braccio” sotterraneo una via, per l’appunto da Palazzo Visconti, Roberto Laurenzano-2conduceva nelle estreme vicinanze di Palazzo Mandelli, in “vòlta”, mattoni di spessore, pavimento solidissimo, ed un antico marciapiede.

Tutto ciò a conferma e comprova di quanto Piacenza sia stata “ricostruita” su un rialzo di vari metri (si diceva di almeno 5 metri). Che cosa celava quella via sotterranea? Forse nulla di particolare, ma rimane pur sempre un fattore di indubbio interesse sotto vari aspetti storico-culturali di un tempo che fu (“secoli” addietro, e vita storica che hanno potuto caratterizzare la città) che, ove valorizzati (vedasi Bergamo, Verona, Torino, Siena, Napoli, Arezzo, Venezia, Aosta, Urbino, Perugia, Osimo, Orvieto, e tanti altri luoghi in cui parziali di “sotterraneità” sono divenute oggetto di visita e di interesse), costituirebbero senza dubbio un più ampio e vasto motivo di visita della città.

E quale “antica storia” esprime la bella Chiesetta di San Dalmazio? Quale aspetto la correlava al Palazzo Ducale di Piacenza, (oggi Palazzo della Banca d’Italia) ove la Duchessa Maria Luigia d’Austria, sia pure occasionalmente, soggiornò, e che costituisce (a parte l’incompiuto Palazzo Farnese) il più “imponente” Palazzo della città, ad una cui visita quanto meno “esterna”, generalmente non si conducono i turisti?

Sono questi, soltanto taluni esempi banali a richiamo di quanto Piacenza sia in grado di offrire, ma che non offre. Lascio perdere la diatriba dei recentissimi anni scorsi sul ritrovamento di “mura edilizie Romane” in Viale Risorgimento, nel corso dei lavori di costruzione del nuovo Palazzo sostituente l’abbattuto edificio ex-Enel. “Resti” purtroppo per i quali (e pare impossibile) non si è “riusciti” ad attuare una ragionevole soluzione (senza intaccare interessi privati) per “evidenziarli”  pubblicamente, come avviene in tante altre località. Capisco che se si scavasse tutta la città, si troverebbe una seconda... Pompei, non sommersa dal Vesuvio, ma esistita col nome “Placentia”; ma non è questo il punto, riconosco che non sarebbe possibile. Ma se “taluni” aspetti vengono alla luce pressoché spontanei, è poco concepibile “annullarli”. Ne va dell’interesse e della valorizzazione della città. Ma tant’è.

Piacenza è senz’altro una bella città: una nota che potrebbe talora non apparire ai residenti, cosa che accade quando, abitandovi, si fa minor caso ad aspetti peculiari di densa ricchezza storico-artistico-culturale che la città offre. Da un certo (e non breve) tempo vengono realizzate varie manifestazioni di richiamo territoriale e nazionale, e ciò non può che essere motivo di soddisfazione, oltre che di auspicio di continuare sul sentiero percorso (Guercino, Pordenone, Duomo, evidenziazione della “Colonna Romana” nei pressi di san Lazzaro; perché non anche quella alla Farnesiana? E tante altre). Tuttavia, non raramente mi sorge la considerazione (affatto polemica, ma anzi propositiva) circa la sussistenza di taluni elementi (forse meno appariscenti, ma di utile conoscenza) i quali andrebbero valorizzati e resi noti con più ampio respiro, costituendo essi pur sempre motivo di richiamo e di visita, con ampliamento conoscitivo di una Piacenza che ha tutte le carte in regola per conseguirlo. Con ovvi effetti oltretutto favorevoli anche per l’indotto del territorio.

Perché Piacenza non tende facilmente ad un similare ampliamento di visioni? ... una “Piacenza”, oltretutto,  con una collocazione geografica di invidiabile privilegio, quale unica città italiana “centro” di ottimale collegamento “diretto” con tutta l’Italia in lungo e in largo, oltre che con vari Stati europei; città che è sorta di “perno” su cui potrebbe intensamente “girare” un “movimento” commerciale, turistico, artigianale, gastronomico, lavorativo, e quant’altro, molto più realizzabile rispetto ad altre città sovente “imprigionate” entro difficoltà meno agevoli da sormontare.

La mia è solo una sottolineatura senza intenti polemici né di mancato riconoscimento di quanto già si operi; essa si ispira proprio all’accorgersi di quanto Piacenza sia in grado di donare all’occhio e all’interesse “vasto”, ancor più facendo tesoro  di “ricchezze” che invece sembra ami lasciare nel “buio”, e che invece porterebbero ad un più ampio sviluppo in senso lato. Mi si potrà obiettare che il carattere del piacentino tende ad essere “ritirato” e “discreto”. O che occorrono mezzi finanziari adeguati. O che si reputi che “il gioco non valga la candela”, come suol dirsi. O che si è tentato, ma tutto è rimasto bloccato. Certo, ciascuno avrà in proposito ragioni specifiche. Ma non mi pare di riscontrare giustificazioni davvero solide per cancellare tout court di ulteriori connotazioni di una città che sovente pare voglia essere ignorata, piuttosto che ben conosciuta. Mi riferisco nello specifico al fabbricato dell’ex Hotel San Marco sul quale proporrò una successiva riflessione in proseguo degli interventi che sul tema si sono susseguiti su IlPiacenza.

Roberto Laurenzano, presidente della Società “Dante Alighieri”  Comitato di Piacenza

In Evidenza

Potrebbe interessarti

«La valorizzazione culturale di Piacenza: città in grado di offrire, ma che non lo fa»

IlPiacenza è in caricamento