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La via Francigena a Piacenza, come camminare nel Medioevo

Maggio era il mese dei cavalieri, della partenza dei crociati per le grandi spedizioni. Usava così nel medioevo, e quindi sulle polverose strade s’incrociavano pellegrini, mercanti e militi a cavallo

Maggio era il mese dei cavalieri, della partenza dei crociati per le grandi spedizioni. Usava così nel medioevo, e quindi sulle polverose strade s’incrociavano pellegrini, mercanti e militi a cavallo con almeno un inseparabile paggetto tuttofare.

E la “strata romea” o “franchigena” (che letteralmente significa “generata in Francia”) da queste parti si popolava in maniera seria, d’altra parte Piacenza era lo sbocco naturale e per certi versi obbligato per chi proveniva dalla lontana Francia diretto a Roma.

Intanto lo spunto lo prendiamo dal Francigena Fidenza Festival quest’anno a tema “La bella Via dell’Europa” ricco di eventi. Tutta una fitta serie di iniziative legate al tema attuale del pellegrinaggio che come leggiamo è un itinerario “che rinnova il fascino del passato e conosce nuovi protagonisti e narrazioni. Un viaggio di scoperta da fare da soli o in gruppo, tra città d’arte e paesaggi selvaggi, pievi medievali, tratti di strade romane e borghi inaspettati”.

Da Canterbury a Roma, la Via Francigena ripercorre le tappe prese dal diario di viaggio compiuto nel 990 dal vescovo Sigerico, nel suo ritorno da Roma. L’antica “strata” da Roma punta poi verso sud, arriva a Brindisi, Otranto e fino a Santa Maria di Leuca, da dove i pellegrini medievali, in quei porti s’imbarcavano per la Terra Santa.

La Francigena, per certi versi è un lascito dei longobardi, che per “tagliar fuori” i bizantini (che a Ravenna ci han lasciato chiese con mosaici estatici) han creato questa strada per raggiungere i loro territori nel centro sud d’Italia. I longobardi dalla capitale Pavia puntavano su Piacenza, Borgo San Donnino (Fidenza attuale) e quindi per la Cisa, col suo passo di montagna immerso tra boschi ruvidi e selvaggi, verso le terre di Toscana. La strada poi passò sotto il controllo dei Franchi che ancor di più si presero cura della “via di Monte Bardone” (passo della Cisa il Mons Langobardorum).

In Emilia la “strata romea” s’innestava sulla strada romana Piacenza-Pavia (Placentia-Ticinum) che aveva il passo del fiume Po tra Corte Sant’Andrea e Soprarivo di Calendasco. Da qui si procedeva verso Piacenza, costellata sia in città che nel vasto territorio, di ospitali per pellegrini.

Anche il Barbarossa arrivò a regolamentare il viaggio, nel decreto del 1152 (valido anche qui a Piacenza) così decideva: “un mercante in viaggio per affari fissi la spada alla sella o al carro, non per far male agli innocenti ma per poter difendersi dai briganti”.

Qui troviamo due indicazioni: una è che chi viaggia, e non è un cavaliere, non può portare al fianco armi da difesa, ma può solo tenerle a portata di mano e l’altra è che le strade erano certamente battute da briganti. Ed i briganti però, quando catturati, non avevano scampo: pena di morte, e il viaggio aveva di certo le sue incognite.

La Via Francigena, sappiamo da una pergamena del 1140 conservata in Archivio di Stato a Parma, passava a Calendasco “ex illa parte burgi”, dove erano terre accanto alla “strata romea”. Tra i luoghi importanti con dignità di “borgo” sulla francigena piacentina, leggiamo da eminenti studiosi, che la documentazione tra XII-XIII secolo cita solo tre luoghi: Fiorenzuola d’Arda, Fontana Fredda e appunto Calendasco.

Nel medioevo il "burgus" era un abitato rurale molto accentrato cioè una "domorum congregationem" che ovviamente le genti "burgum vocant", infatti tra XII e XIII secolo alcuni nuovi centri abitati acquistano "la dignità" di borgo anche grazie alla strada romea, per i grandi passaggi.

Una carta notarile del 1341 scritta a Piacenza cita "frater Jacobus rector et minister hospitalis Sanctorum Petri et Florencii de Florenciolla" che vende una casa "una domo" posta a Fiorenzuola "ad portam Arde" che è "in strata Romea", ma la documentazione che potremmo citare è molta.

Oltre al Diario di Sigerico, dell’anno 990, interessante anche quello per andare fino a Roma dell’abate Nikulas che veniva dall’Islanda, scritto circa nel 1154 il quale, traducendo dal latino così scrive: “Tra Pavia e Piacenza scorre un grande fiume che è chiamato il Po... a sud di Piacenza c’è un giorno di viaggio per Borgo San Donnino (Fidenza)”.

In effetti la tappa tipo, allora come oggi, rimane di circa 25-30 chilometri, che vede i moderni pellegrini immettersi primariamente sul tratto piacentino, dal Guado di Sigerico sul Po a Soprarivo, per arrivare a Piacenza dove solitamente alloggiano.

Si prosegue quindi la tappa verso Pontenure e fino a Fiorenzuola, più oltre fino ad Alseno confine ultimo prima di fare l’ingresso “ufficiale” in provincia di Parma.

Con l’arrivo del clima mite e caldo si rivedranno questi camminatori, con il loro lento passo a lato delle strade, con i loro pesanti zaini colmi del necessario. Li ritroveremo molto facilmente, alla fine della tappa giornaliera, a camminare ammirati tra piazza Cavalli e piazza Duomo, a sbirciare tra le chiese cittadine che conservano ancora un chiaro sapore di antico e di medioevo.

Umberto Battini

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