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«Le Br lo uccisero, ma lui pose le basi del processo equo e giusto»

Inaugurata la mostra sull’avvocato Croce, assassinato nel 1977 perché voleva che anche i terroristi avessero diritto a un difensore. Aperta a tutti,8.30-14.30 nel vecchio carcere. il presidente Mingardi: «Il suo nome finirà nei manuali per gli avvocati»

«Fra qualche anno Fulvio Croce sarà nei manuali per gli avvocati. Con il suo sacrificio è stato sancito il principio che tutti hanno diritto a essere difesi, anche coloro che non vogliono. E ha anche affermato, a prezzo della vita, che avvocati e magistrati rappresentano la giurisdizione. E sempre Croce, per primo, parlò di processo equo e giusto, anticipando di oltre vent’anni il “giusto processo”. Lo ha detto Graziella Mingardi, presidente dell’Ordine degli avvocati di Piacenza, inaugurando la mostra fotografica sul collega Fulvio Croce, presidente a Torino, che venne ammazzato dalla Brigate rosse con quattro colpi di pistola alla schiena e uno alla testa. La mostra itinerante è voluta dal consiglio nazionale forense. E’ aperta al pubblico dalle 8.30 alle 14.30 nel vecchio carcere che ora ospita gli uffici del Giudice di pace e vi si accede da via Benedettine 31/b.

Croce, con altri avvocati, aveva deciso di difendere i brigatisti nel maxi processo che cominciò a Torino nel ’76. Mai avvenuto prima, tutti gli imputati rifiutarono i difensori e, anzi, li minacciarono di morte. “Collaborazionisti del regime”: così i brigatisti etichettarono gli avvocati d’ufficio che il presidente della Corte, Guido Barbaro, chiese all’Ordine degli avvocati di nominare. Tutti i difensori rimisero il mandato. Il giudice, allora, nominò difensore d’ufficio il presidente degli avvocati, Croce. Lui accettò e venne di nuovo minacciato di morte da coloro che volevano “abbattere lo Stato borghese”.

Erano anni in cui il sangue correva a fiumi per le strade (i terroristi rossi uccidevano sindacalisti, magistrati, poliziotti, agenti della penitenziaria), nel nome di un’ideologia malata che si fondava sulla lotta armata. Il processo venne spostato per ragioni di sicurezza nella caserma La Marmora, circondata da poliziotti e carabinieri armati fino ai denti, con blindati e postazioni di sacchetti di sabbia. Insomma, come in guerra. Un periodo dimenticato da troppi e sconosciuto ai tanti giovani ventenni di oggi. Un periodo, però, che riaffiora dalle immagini dell’epoca - foto in bianco e nero con un potere evocativo intenso - e dai titoli dei giornali che sgranavano quotidianamente il bollettino delle vittime.

Nelle aule, nomi diventati tristemente famosi: Renato Curcio, Alberto Franceschini, Paolo Maurizio Ferrari, Prospero Gallinari. Croce venne ucciso il 28 aprile 1977, vicino al suo studio in via Perrone 5. Si legge su Wikipedia: «Mentre la donna del gruppo di aggressori, Angela Vai, allontanava le due segretarie, Rocco Micaletto, appoggiato da Lorenzo Batassa con funzione di copertura, si diresse rapidamente verso l'avvocato, lo chiamò e subito dopo gli sparò con una pistola Nagant M1895 cinque colpi che lo raggiunsero mortalmente alla testa e al torace. Subito dopo i brigatisti fuggirono su una Fiat 500 già in attesa con un quarto terrorista, Raffaele Fiore, alla guida. L'attentato venne rivendicato dalla Brigate Rosse con una telefonata durante il pomeriggio». Fu usata una micidiale pistola Nagant, un’arma simbolica: quella con cui i commissari comunisti della Nkvd giustiziavano i soldati dell’Armata Rossa giudicati disertori, lavativi, ladri o che non andavano all’assalto dei tedeschi.

Alla cerimonia erano presenti il presidente del Tribunale Stefano Brusati, il procuratore capo Salvatore Cappelleri, il presidente degli avvocati di Parma, Simona Cocconcelli, il sindaco Patrizia Barbieri, il prefetto Maurizio Falco e il questore Pietro Ostuni. Inoltre, il Consiglio dell’Ordine era rappresentato dagli avvocati Franco Livera, Dario Mazzoni, Giovanni Giuffrida, dai presidenti della Cemere civili e penali, Claudio Tagliaferri ed Elena Del Forno.

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