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Le sirene della guerra in piazza Cavalli: Piacenza invoca la pace in Ucraina

Una serata di preghiera per la pace nella basilica di Sant’Antonino alla quale hanno partecipato centinaia di piacentini, le autorità e anche i rappresentanti delle diverse confessioni cristiane e della comunità islamica

Una serata di preghiera per la pace nella basilica del patrono Sant’Antonino a Piacenza alla quale hanno partecipato moltissimi piacentini, le autorità, i rappresentanti delle diverse confessioni cristiane e della comunità islamica. Tutti insieme per invocare la Pace in Ucraina. «Lasciamo parlare il silenzio» è stato l’invito del vescovo Adriano Cevolotto per pregare insieme. Dopo una camminata dalla basilica i partecipanti alla cerimonia sono arrivati tutti assieme in piazza Cavalli, dove sono state riprodotte anche le sirene e i rumori della guerra, ai quali i piacentini hanno risposto con il silenzio e la preghiera, come richiesto dal vescovo.

I gravi fatti di guerra a cui stiamo assistendo da giorni colpiscono tutti. A Piacenza hanno immediatamente innescato una unanime catena di solidarietà e vicinanza al popolo ucraino, per questo la Diocesi di Piacenza-Bobbio ha deciso di proporre alla comunità piacentina un momento di preghiera e riflessione silenziosa aperto a tutti. All’appello del Vescovo si sono così uniti il pastore evangelico Nicola Tedoldi e gli ortodossi Grigore Catan e Kliment Misanj, alla guida delle comunità russa legata al Patriarcato di Mosca e macedone. In piazza Cavalli il sindaco e presidente della Provincia Patrizia Barbieri ha acceso una luce di fronte alla lapide dei Caduti in guerra, luce che attraverso centinaia di candele si è diffusa in tutta la piazza, gremita di piacentini. 

La camminata e preghiera interreligiosa per la Pace - Andrea Partiti/IlPiacenza

LA VEGLIA ECUMENICA DEL VESCOVO

INTRODUZIONE

Saluto i rappresentanti delle comunità cristiane che hanno accolto l’invito a ritrovarci insieme a pregare. Saluto le autorità che hanno condiviso la necessità di porre un gesto di speranza e di comunione in questo momento dove sembra prevalere la forza e la violenza che dividono e seminano morte. Saluto tutti voi, sorelle e fratelli, che esprimete con la vostra presenza e partecipazione il desiderio di ‘domandare pace’. Un saluto speciale, che si fa abbraccio, alle sorelle e ai fratelli ucraini presenti tra noi o che vi sono giunti in questi giorni. Saluto la comunità islamica che ha voluto unirsi a noi, già mercoledì scorso con la preghiera e il digiuno, e stasera nel ritrovarsi in Piazza Cavalli. Sono veramente “belli i piedi del messaggero che annuncia la pace” (cfr. Is 52,7). La pace cammina con i nostri cuori e con i nostri piedi che percorrono sentieri comuni.

Questa sera lasciamo parlare il silenzio. Il silenzio scelto: necessario perché si crei uno spazio in noi abitato dall’invocazione di pace. Prima ancora che dal grido soffocato in gola di tanti nostri fratelli e sorelle in terra di Ucraina, prima ancora che dalle nostre labbra e dai nostri cuori appesantiti dalle immagini di distruzione e sofferenza che sono entrate con violenza nelle nostre vite… è la pace che Dio stesso chiede. Non si rassegna alla guerra tra fratelli. Mai.

Il silenzio che Dio con la sua Parola riempirà aprendoci alla speranza.

MEDITAZIONE

Credo che noi tutti proviamo lo stesso sgomento nel sapere che al 31 dicembre 2021 sono stati registrati nel mondo ben 359 conflitti, di cui 21 di alta intensità. Le parole usate da papa Francesco domenica scorsa: “In Ucraina scorrono fiumi di sangue e di lacrime…”  sono drammaticamente vere, ma, ahimè, ci sono altri fiumi di sangue e lacrime. Che non possiamo dimenticare. Questo conflitto ci ha risvegliati dal torpore e dall’indifferenza. Tanto dolore appare senza senso. In esso sembra dominare la solitudine.

Ma per noi questo sangue si mescola al sangue di Gesù Cristo, sparso sulla croce. “(…) ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne” (Ef 2,13-14). Queste lacrime che abbiamo visto rigare il volto dei bambini, di donne e di uomini, indifferentemente, si mescolano alle lacrime di Gesù, per l’amico Lazzaro, e a quelle che immaginiamo unite al suo grido sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”. Abbiamo un Dio che ben conoscere il nostro soffrire e che si è caricato sulle spalle ogni dolore. In Gesù il nostro Dio è in Ucraina e in ogni luogo dove scorrono lacrime e sangue. Lacrime che si uniscono a quelle di Maria, la Madre che conosce lo strazio di fronte alla morte violenta e ingiusta del figlio.

Ma i malvagi continuano ad agire male, e non se ne vergognano” (Sof 3,5), abbiamo ascoltato nella prima lettura. La vergogna è il primo sentimento da provare quando qualsiasi figlio di uomo semina malvagità e morte. Perché solo così cresceremo nella consapevolezza che ogni azione ci riguarda. Mi riguarda. Ciò che costruisce come ciò che distrugge.

Se il profeta si rivolge ai sacerdoti intimando loro di non profanare ciò “che è consacrato al Signore”, questo vale per tutti. L’uomo, ogni essere umano, è consacrato a Dio, è immagine sua, è tempio della sua gloria. È appello alla cultura della cura e della custodia verso l’umanità e la casa comune, che è il creato. È sotto i nostri occhi che la guerra semina distruzione anche ad un ambiente che per questa violenza non è più abitabile, non è più ospitale. È proprio vero non c’è vincitore nella guerra, nessuno può alla fine gloriarsi se non delle macerie procurate.

Uomini e donne delle beatitudini. A questo siamo chiamati. Questo volto dell’umanità corrisponde al progetto di Dio. Se è beato chi diffonde la pace, allo stesso modo di chi ha fame e sete di giustizia, la invocazione che stasera facciamo di pace interessa le nostre persone. Gesù ci richiama che la pace non deve costruirla qualcun altro, è affidata a ciascuno, a ciascuna. Dovremmo in coscienza vergognarci anche noi ogni qualvolta il male, la divisione escono dal nostro cuore e sono frutto delle nostre mani. Quando anche noi possiamo alimentare, in modi diversi, conflitti tra gruppi sociali, tra culture e provenienze geografiche differenti. Conflitti tra generazioni.

Chiediamo pace e mettiamoci a suo servizio. Convertiamoci alla cultura della pace.

Dal libro delle Lamentazioni è stato proclamato che “la bontà del signore non è finita, il suo amore non è esaurito, la sua bontà si rinnova ogni mattino, la sua fedeltà è grande”. È frequente lasciar sorgere in noi la perdita di fiducia. Magari lo esprimiamo così: Signore, ti sei stancato della tua eredità? Del tuo popolo? Radichiamo in Lui, nella sua fedeltà, la tenacia nel continuare a sperare e invocare il dono della pace. Che ogni chiesa, che ogni credente, come pure ogni uomo e donna di buona volontà possa percorrere tenacemente le proprie vie di pace.

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