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Mercoledì, 17 Aprile 2024
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“Le vestigia farnesiane”: «Un abito di alta sartoria. Valenti stilisti lo hanno confezionato nell’atelier de IlPiacenza»

Nel florilegio di opinioni espresse dai lettori anche costruttivi suggerimenti all’Amministrazione comunale

Pubblico delle grandi occasioni una settimana fa a Palazzo Galli (ospitato in tre sale: la Panini con la Verdi e la Casaroli videocollegate) per la presentazione del volume “Vestigia farnesiane. Luci e ombre della grande bellezza piacentina” - edizioni Tip.Le.Co - stampato con il contributo della Banca di Piacenza. Tra il pubblico il vicesindaco Elena Baio e l’assessore alla Cultura Jonathan Papamarenghi.

Riprendo a parlare del libro - cercando di evitare, poiché coautore e curatore, ogni conflitto di interesse - per evidenziare la corale ampia attenzione, con la quale i media piacentini: da Libertà, al Nuovo Giornale, alle testate on line, hanno scritto (con favore) della pubblicazione e per evidenziare alcuni passaggi di un messaggio giunto da Pier Luigi Magnaschi, il cui quotidiano nazionale Italia Oggi, in un servizio dedicato ai media on line, aveva evidenziate le “condivisioni da primato” avute dagli articoli farnesiani pubblicati su IlPiacenza.

La fatica di Renato Passerini (che sarà stata una fatica per lui, ma certamente non lo è per chi legge il suo libro) – scrive Magnaschi - è ben riuscita. Partendo da notizie certe e verificate (e quando la certezza manca, lo dice) l’autore unisce in un’unica trama il passato e la contemporaneità. Con testi chiari, foto illuminanti, cartine chiarificatrici, conduce per mano, con affetto, direi, chi vuol capire le radici, la genesi e lo sviluppo della “bellezza piacentina”.

Una bellezza pudica, ritenuta, che va svelata ma che è piena di suggestioni anche per il pudore che ha nell’esistere. Pur avendo poco tempo ed essendo ossessionato dalla necessità di dover leggere, per obblighi professionali, una mole umanamente impensabile di testi, mi sono immerso nella lettura delle “Vestigia farnesiane” ed ho trovato i tempi lenti delle scoperte nella mia giovinezza, gli angoli della città che avevo visto e rivisto senza capirli fino in fondo e che adesso, ho riscoperto e ho potuto collocare nella loro vera dimensione storica. Bravi gli studiosi che hanno fornito il loro contribuito alla pubblicazione che ha il gusto del racconto e dell’immagine e sa fondere entrambi in un mix efficace che oggi si direbbe multimediale per rispettare fino in fondo il nostro obbligo, al quale non verremo mai meno, di: “Primo, non annoiare”. Avete fatto un’opera utile, che serve, e che a me, per quel che vale, è piaciuta assai.

Ha poi evidenziato Fausto Fiorentini: “Gli autori che hanno permesso la stampa dei loro lavori, a volte nell’edizione originale, altre sostituiti da piacevoli sintesi firmate dal giornalista, mettono in primo piano la dinastia dei Farnese, il palazzo piacentino che prende da loro il nome e i tanti collegamenti storici ed architettonici. Passerini riferisce per tutti resoconti di piacevole lettura firmando un’opera che ci permette di comprendere, anche attraverso le testimonianze che abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi girando in città, il ruolo che hanno svolto i Farnese nella vita di Piacenza negli ultimi secoli”.

Un importante stimolo a trasferire gli articoli on line in volume è venuto dai lettori de IlPiacenza, che hanno poi etichettato l’opera editoriale come “abito di alta sartoria”. Definizione che mi ha fatto piacere e per la quale tengo ricordare che la stoffa pregiata è ovviamente quella della dinastia Farnese, l’atelier la redazione de IlPiacenza, gli stilisti le più mani che hanno scritto e modellato le pagine del libro: Carmelo Sciascia, Emanuele Galba, Eugenio Gentile, Giorgio Eremo, Marco Horak, Mariano Andreoni, Stefano Pronti, Valeria Poli e gli altri relatori del convegno internazionale che si è svolto lo scorso anno a Piacenza (organizzato da Comune e Istituto Araldico Genealogico Italiano, presieduto dal conte Pier Felice degli Uberti) per celebrare il 460esimo anniversario della posa della prima pietra per la costruzione di Palazzo Farnese (11 dicembre 1558), e Umberto Fava per il racconto surreale delle pagine finali.   Con loro Elena Barbieri per il progetto grafico; Oreste Grana autore o restauratore della maggior parte delle illustrazioni e i fotografi referenziati nelle rispettive immagini; l’ampia e pronta disponibilità delle autorità militari del Polo di Mantenimento Pesante Nord unita a quella del generale Giuseppe Oddo nel fornire spiegazioni tecniche e strategie militari e con loro Mariano Andreoni ed Ernesto Leone per i preziosi suggerimenti al controllo delle bozze pre-stampa.

VOCI DAI LETTORI

Nel florilegio di opinioni espresse dai lettori (utile vademecum per la giunta comunale), una è riferita al dipinto di Bernardino Massari “La guarnigione austriaca abbandona il castello di Piacenza nel 1848”. Il quadro, già di proprietà della Cassa di Risparmio di Piacenza è ora finito a Parma nella sede della banca Credit Agricole: «L’Amministrazione comunale potrebbe chiederne l’affido per collocarlo al Museo del Risorgimento di Palazzo Farnese o, almeno, il ritorno nella sua sede d’origine in via Poggiali?». E, a proposito dello “sconcio di Porta Borghetto” – anche argomento in questi giorni di una interrogazione del Movimento 5 Stelle al sindaco Barbieri - «La Soprintendenza ai Monumenti dell’Emilia e Romagna, così sollecita e dinamica nell’imporre la cancellazione dei dipinti recenti che abbellivano il chiostro dei frati di Santa Maria di Campagna e nel far togliere una statuetta da una nicchia in un muro del Castello di Travo, non ha nulla da eccepire sul degrado di Porta Borghetto?».

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