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Giovedì, 25 Aprile 2024
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«La Dad è un’opportunità e la scuola non è un luogo per delegare le responsabilità genitoriali»

Una mamma piacentina risponde con una lettera firmata alle riflessioni di un'altra mamma, in merito all'impatto della chiusura delle scuole sulle famiglie

«La Dad è un’opportunità e con la collaborazione di tutti è fattibilissima, anche per i più piccoli. È vero, richiede un minimo di impegno da parte dei famigliari, (molto da parte degli insegnanti) ma d’altronde se non li aiutiamo noi i nostri figli chi lo dovrebbe fare?». Una mamma piacentina risponde con una lettera firmata alle riflessioni di un'altra mamma sulle difficoltà vissute in questo periodo dalle famiglie, a causa della chiusura delle scuole.

La lettera - «Sono una mamma giovane di 3 figli, sono stata allontanata dal lavoro quando il mio datore di lavoro seppe della mia prima gravidanza e per me il 2020 doveva essere l’anno del ritorno alla carriera, ma ho rinunciato perché ho scelto di stare ancora più vicino ai miei figli e supportarli in un momento storico a carattere mondiale come questo che stiamo vivendo, fatto di sacrifici e drammaticità costanti per l’intera popolazione, e no, non ho i nonni pronti a tenermi i bambini perché sono due nonni giovani che ancora lavorano. Non siamo per nulla benestanti, abbiamo un Isee ai minimi, facciamo grossissimi sacrifici economici ma non ci lamentiamo mai. La scuola non è un baby parking e non è nemmeno un luogo in cui tenere gli adolescenti impegnati in qualcosa per delegare le responsabilità genitoriali a qualcuno. La scuola è altro. Inizierei con lo sfatare i miti delle scuole completamente sicure, della non trasmissibilità del virus tra bambini o giovani. Il rischio zero nelle scuole non è mai esistito e quando vennero aperte a settembre venne chiesto ai genitori di firmare un patto di corresponsabilità in cui veniva chiesto alle famiglie di osservare comportamenti consoni anche all’esterno delle aule per evitare di portare contagi nelle classi. Con l’avanzare della primavera ho visto la gente impazzire tra pigiama party in casa, amichetti di classe in casa dopo scuola, feste di compleanno ai giardinetti con 50 persone invitate e giustificazioni della serie “non era niente di diverso da quello che si vede tutti i giorni ai giardinetti” e quando vedi risposte così ti tocca ammettere: “alla fine in parte hanno ragione”, infatti a parte il condividere bibite e torte le scene di ammassamenti di bambini ai parchetti senza mascherina o distanziamento erano scene quotidiane ovunque fino a domenica scorsa. “tanto a scuola stanno tutti insieme” dicono loro. Qualcuno può spiegare in che modo stanno i bambini a scuola tutto il giorno? Igienizzanti prima e dopo e ovunque, distanziamento al banco, mai giochi di contatto, mascherina sempre indossata correttamente. Mi piacerebbe che quando ci si riferisce ad evidenze scientifiche si parli con qualche stralcio di un qualsiasi documento reale alla mano, una citazione vera e propria di qualche studio scientifico esistente perché ormai ci si arricchisce la bocca col termine “evidenze scientifiche” dopo aver sentito topolino riportare la notizia a paperina. Si usano certi termini giusto per ingrossarsi un pochino ma senza avere la minima idea di che cosa si stia parlando. Io mi voglio riferire a uno studio pubblicato l’8 dicembre sulla rivista Lancet che esamina 928.000 studenti inglesi. Nella parte finale, nelle conclusioni quindi, si parla di una forte correlazione tra alta incidenza a livello regionale di casi di covid-19 e quello che avviene nelle scuole, cioè si dice che quello che avviene nelle scuole segue ciò che avviene all’esterno di esse, né più né meno. Alto numero di contagi all’esterno delle aule, alto numero di contagi all’interno delle aule che riportano il contagio in famiglia. D’altronde le scuole sono un punto di assembramento come tanti altri esistenti nella nostra società e non è difficile pensare che in mancanza di un sistema di supporto efficace ed efficiente che accompagna costantemente le scuole, sia complesso mantenere la situazione totalmente sotto controllo. Il distanziamento di 1 metro non è mai stato abbastanza, l’Oms ne suggerisce 2 e in molti paesi europei i banchi sono stati posizionati a 1,5m di distanza e le classi dimezzate col 50% in Dad sin da settembre (nonostante questo il lockdown e la dad sono state rese necessarie praticamente in ogni sistema scolastico europeo, cosa vi fa pensare che in Italia sarebbe andata in maniera molto diversa?). Si mangia insieme in classe, mentre i ristoranti e i bar sono chiusi. Il tracciamento dei contagi è saltato a ottobre, le classi vengono spesso isolate con ritardi di diversi giorni. Bambini sintomatici il venerdì sera, devono aspettare il lunedì per far richiesta di tampone al pediatra, martedì se tutto va bene eseguono il tampone, mercoledì si ha l’esito di positività per cui si isola i contatti stretti nelle 48h precedenti all’esito della positività ergo a partire da lunedì che lo studente era già a casa e i compagni di scuola che fino a venerdì erano in classe con lui? Non vengono considerati contatti stretti, no tamponi, no quarantena, no isolamento, nulla. Le modalità di quarantena non si capisce con che criterio vengono stabilite mentre tante altre vengono ritardate. L’esclusione dell'alunno da scuola prevede un rialzo febbrile di almeno 37.5 gradi per cui bambini con nasi gocciolanti e tossi “fotoniche" sono sempre stati mandati a scuola e tenuti in classe perché senza rialzo febbrile ovvero potenziali asintomatici a piede libero. Quando la febbre viene considerata sintomo discriminante… Questo per dire che purtroppo vi sono limiti grossi in questo sistema di tracciamento e sorveglianza, ma non limiti dell’Asl di Piacenza (che per altro ha fatto molto meglio di tante altre realtà), ma proprio limiti tecnici nel numero di tamponi giornalieri che si possono fare, limiti nel personale disponibile, limiti nella capacità di analisi dei tamponi con macchinari specifici che non consentono di tenere testa alla mole di lavoro che viene portata e fomentata dalle scuole. Questa terza ondata che per ora sta sfiorando Piacenza, sta martoriando pesantemente la nostra regione ed è stata scatenata indiscutibilmente dalla riapertura di tutte le scuole. Oggi Piacenza sta ricambiando il favore di marzo 2020 quando le nostre terapie intensive esplodevano e mandavamo i piacentini a bologna. Noi oggi accogliamo ma anche noi abbiamo un limite. Che cosa succede se saturiamo ancora gli ospedali? L’abbiamo già vissuto. Forse molti si sono dimenticati, o forse dell’ospedale molti non ne hanno avuto bisogno e pensano di non doverne avere per alcun motivo per tutto il periodo pandemico (quanto positivismo!), o forse vale sempre la regola “del mio orticello”? Che cosa abbiamo visto in questi mesi? Abbiamo visto che se il virus circola in modo massivo all’esterno delle scuole, lo troveremo in modo massivo anche all’interno di esse! Per quale magia strana la scuola dovrebbe essere protetta da una bolla sterilizzante? Forse non si è capito ancora quale fase critica stiamo affrontando? in piena campagna vaccinale con difficolta nel reperire le dosi di vaccino, lo scetticismo vaccinale scaturito dalla falsa informazione fuorviante mediatica, le varianti esplosive come quella inglese che stanno prendendo piede ovunque nel nostro paese e in Europa, variante che risulta essere più contagiosa, più letale, e che colpisce anche i bambini e i giovani, con risvolti alle volte pesanti anche per gli under 18. L’età media delle terapie intensive si è drasticamente abbassata e conta moltissimi genitori purtroppo mentre la scia dei long covid si allunga. Ci sono molteplici fattori che ci dicono che non è il momento di mollare ma di stringere ancora i denti, perché la strategia adottata dall’Italia, dall’Europa e dai paesi occidentali è ciò che prevede, ovvero “la convivenza” col virus e non “il covid zero” praticato in Cina o in Australia con tracciamenti completi e a larghissima scala con il metodo del pooling il quale permette di circoscrivere focolai interi nel giro di pochi giorni, quarantene effettive obbligate di quattordici giorni in hotel stabiliti dal governo con 3 tamponi nasali (e anche anali per la Cina) a chiunque passi il confine. Mondi diversi e il fatto più divertente è che quando si parla della Cina tutti credono a numeri truccati, farlocchi, o se si convincono del vero credono sia dovuto alla loro privazione di libertà imposta da regime dittatoriale, come se qui in Italia, repubblica democratica, vi fosse più libertà della Cina in questo momento… È raccapricciante vedere come per molti la chiusura delle scuole sia una punizione. La Dad è un’opportunità e con la collaborazione di tutti è fattibilissima, anche per i più piccoli. È vero, richiede un minimo di impegno da parte dei famigliari, (molto da parte degli insegnanti) ma d’altronde se non li aiutiamo noi i nostri figli chi lo dovrebbe fare? A volte leggendo tra le righe mi sembra di percepire come se i figli fossero quasi un peso per diversi genitori. Ma se questa mia percezione arrivasse anche ai figli stessi? Mi hanno colpito molto le scene di disperazione dei bambini descritte dalla signora, fortunatamente da parte dei miei figli nulla di tutto questo e mi auguro che non sia solo per me. La frustrazione è parte di molti adulti, e sono fermamente convinta che i bambini vedano la pandemia con gli occhi di chi gliela presenta; se noi adulti la vediamo e la viviamo con angoscia, anche loro la vivranno e vedranno con questo sentimento. Un lavoro di introspezione non farebbe male. Altro discorso invece per i più grandicelli che hanno gli strumenti per vedere con occhi propri la situazione. Amiamo e ascoltiamo i nostri figli più che mai e comunichiamo con loro per non lasciarli soli, hanno bisogno di noi che siamo i loro punti fermi. Se mollano i genitori si smarriranno anche i figli. Forza. non si può lasciarsi andare allo sconforto perché abbiamo in veste di genitori e di cittadini, oltre ai diritti, dei doveri importanti che convergono verso una responsabilità civile e comunitaria di primaria importanza e insegnamento per i giovani. Basta lamentarsi sempre, se ognuno fa la sua parte se ne esce prima. Fatti e non parole».

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