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Giovedì, 25 Aprile 2024
Attualità Bettola

«Faccio il calzolaio come mio nonno e mio padre e da Bettola non me ne vado»

Il bettolese Massimo Calamari: «Negli anni '60 qua lavoravano 9 calzolai, ora sono l'unico. Rimango perché sento il bisogno di vedere il mondo dalla mia vetrina». «Quest'estate boom di richieste di affitti in zona, nel territorio non manca quasi niente, peccato che la Madonna della Quercia non sia conosciuta come meriterebbe»

Il nonno e il padre facevano i calzolai. La terza generazione ha scelto di svolgere a tempo pieno il vecchio mestiere di famiglia. Bettola, da inizio anno, è tornata infatti ad avere il suo "ciabattino". Il 45enne Massimo Calamari ha riaperto la sua bottega, in grado di riparare ogni tipo di scarpa, in via Trieste, nell'area di San Bernardino. 

Il nonno materno, Francesco Gabelli, era originario di Pione, paese dell’Appennino parmense. «Si trasferì prima a Montereggio di Farini - racconta Massimo - poi a Rocconi di Ferriere, infine qua a Bettola. Faceva il calzolaio in casa, si era fatto una botteghina nella cantina. Insegnò il mestiere a suo genero, ovvero mio padre Giuseppe, che continuò l’attività, aprendo nel 1978 il suo negozio qua in via Trieste, soltanto il nonno Francesco Gabelli-2dieci metri più avanti rispetto alla sede attuale, dopo un trasferimento avvenuto nel 1995.

Massimo, già a 14 anni, nel 1989, inizia a lavorare qui. «Era l’estate tra la seconda e la terza media. Mio padre mi chiese di provare, più che altro la prima estate stavo molto a guardare. Alla fine delle medie non sapevo dove sbattere la testa, non sapevo cosa scegliere per il mio futuro scolastico. Ho provato a lavorare un anno, rimandando la decisione e prendendo tempo, per vedere se avevo le idee più chiare. Poi sono sempre rimasto qui».

Finito il servizio militare nel 1995, Massimo diventa il titolare del negozio, a soli 20 anni. «Non mi sono mai pentito. Certo, il diploma mi manca, avevo anche pensato di fare qualche scuola serale, ma non l’ho mai preso. Però pochi dei miei coetanei hanno realizzato quello per cui si erano impegnati a studiare veramente». Due attestati da istruttore nel mondo del fitness e del body building, però, li ottiene. «Nel 2001 ho fatto l’istruttore, un po’ a Carpaneto e un po’ a Bettola. La palestra di Bettola l’ho tenuta fino a 24 ore fa: l’ho passata di mano a un giovane podenzanese».

«SENTIVO IL BISOGNO DI VEDERE IL MONDO DA QUESTA VETRINA»

Dal 1989 fino al 2016 alterna altre attività a quella del calzolaio – tra cui anche quella di giornalista, oltre Massimo Calamari-3al ruolo di istruttore in palestra -, poi fa cessare la Partita Iva da calzolaio. Ma il richiamo del cuoio è troppo forte. «A settembre 2019 ho deciso che tornare nel mio negozio era la cosa giusta da fare. Mi mancava troppo vedere il mondo da questa vetrina, ho iniziato oltre 30 anni fa in questa via, sentivo proprio il bisogno di stare dietro a questo vetro, la palestra non era il mio mondo».

«A BETTOLA NEGLI ANNI ’60 C’ERANO 9 CALZOLAI»

Così, nel gennaio 2020, la saracinesca viene rialzata, per poi riabbassarsi - solo momentaneamente - a causa del Covid-19. «La fase del lockdown – spiega Massimo – l’ho impiegata per rimettere in ordine il luogo di lavoro. Mi sono messo a fare delle borsette, non mi è mai pesato arrivare a sera, qualcosa da fare ce l’ho sempre. A bocce ferme mi sono riassestato per ripartire meglio con l’attività».

Ma nel 2020 si può ancora fare questo mestiere? «Siamo in pochi a crederci. A Bettola c’erano nove calzolai negli anni ’60. Quando ha aperto mio padre alla fine nel '78 erano già rimasti in due. E poi dagli anni ’80, solo lui». Per Calamari è un lavoro «che si sta evolvendo». «Ho appena seguito un corso per nuove tecniche di incollatura, con nuovi materiali. La formazione è tanta, ma quello che ho imparato nel 1989 da ragazzino serve ancora».

Il consumismo forse ci ha convinto che una cosa, una volta che si rompe, non si può più aggiustare. «Quando mi sono guardato attorno per integrare il reddito con altri mestieri, è perché il mercato ha subito uno stop. Si è iniziato a buttare via tutto e da allora si lavora meno. Oggi 3-4 persone al giorno si rivolgono a me per le riparazioni. Il lavoro di un giorno degli anni ’90 adesso lo faccio in una settimana. E poteva capitare che un paio di scarpe le riparassi anche due o tre volte in vari punti».

Calamari ha intenzione di arrivare ad allestire un punto di vendita di scarpe vero e proprio. «Voglio sistemare il locale a fianco e vendere scarponi da lavoro, da trekking e scarpe rivolte al mondo degli anziani. Insomma, intendo soddisfare la domanda che c’è in questa zona di montagna. In tanti hanno apprezzato la scelta di continuare questo mestiere. In privato magari mi danno “del matto”, ma molti mi fanno i complimenti, hanno apprezzato la decisione. Si vivacchia, però qui sono “in casa mia”, non pago affitto, quindi posso tenere i prezzi concorrenziali. Stare a Bettola è quello che mi interessa di più».

LA PASSIONE PER IL TEATRO DIALETTALE

Diverse le passioni e gli interessi di Calamari. Da anni è il factotum della “Filodrammatica di San Bernardino”. «Ho iniziato a fare teatro per caso, nel 1991, diventando responsabile del gruppo parrocchiale. Ci esibiamo solo in dialetto, un dialetto misto, perché nella nostra Filodrammatica ci sono valnuresi, piacentini del sasso e perfino un marchigiano e un genovese che proviamo a far parlare nella "nostra lingua"».bettola-20-6

«VOGLIAMO FAR TORNARE I BAMBINI ALL’ORATORIO DI SAN BERNARDINO»

Negli ultimi anni ha ripreso impulso il circolo “Anspi” dedicato a don Vincenzo Calda. «Con il rifacimento del campetto della parrocchia di San Bernardino - racconta Massimo - è stato fondato il circolo. Prima di allora l’area era un po’ abbandonata. La parrocchia si concentrava solo sulla pastorale, meno sul sociale, soprattutto per i più giovani. Con alcuni amici della Filodrammatica sono subentrato nella gestione del circolo, stiamo cercando di riportare i giovani e giovanissimi all’oratorio. Come facevano le generazioni di ragazzi bettolesi che li hanno preceduti. Gli spazi ci sono, manca il materiale umano per stare all’oratorio a controllare. Ma ora i ragazzini di Bettola hanno qualche opportunità in più, c’è una struttura a disposizione e organizziamo alcune iniziative per farli divertire».  

SAN BERNARDINO VS SAN GIOVANNI, LA RIVALITA’ SOPRAVVIVE

Il capoluogo Bettola, si sa, è separato dal torrente Nure. Ma esiste ancora, nel 2020, la rivalità tra le due metà del paese, San Bernardino e San Giovanni? «Beh, “loro”, quelli di San Giovanni, hanno un pregio che invidiamo molto: possono guardarci da vicino. Aprono le finestre e vedono quanto sia bella la nostra parte», scherza Massimo. «La fine della rivalità – si fa più serio – è stata sancita dall’unione delle due parrocchie, che ora sono una cosa sola. Qua nell’attività di famiglia passava spesso don Vincenzo Calda, lui stesso alimentava un po’ questa sana rivalità: “Dicono che è apparsa la Madonna di là – ripeteva don Vincenzo - sarà vero? Io non l’ho vista, quindi direi di no…”. I bettolesi però qualche sfottò lo sanno ancora estrarre dal cilindro. Noi siamo i “picon” d’San Bernardein, i lavoratori. Loro un po’ più nobili. È solo un modo per prendersi un po’ in giro e non essere troppo seri».

Bettola (Oreste Grana)-2

BETTOLA, TRA SERVIZI E DEMOGRAFIA

I dati demografici sono inconfutabili: i residenti del Comune di Bettola sono scesi a 2689. «Sono convinto – spiega Massimo - che quanto sia successo con il Covid possa riportare qualcuno ad abitare qui. Quest’anno si parla molto di affitti estivi, arrivano richieste da statua migrante Bettola-2tante parti per passare questi mesi nel bettolese». L’estate, dal punto di vista degli eventi, sarà sicuramente in tono minore rispetto agli ultimi anni. «Faremo sicuramente i mercatini al venerdì sera e qualcosa di intrattenimento. La piazza del paese pare che verrà chiusa alla sera, i bar si allargheranno con i plateatici in modo da rispettare al meglio le distanze, rimanendo comunque attrattivi. Anche la nostra Filodrammatica organizzerà qualcosa».

Cosa manca al territorio? «I servizi essenziali ci sono tutti. Abbiamo la Casa della Salute, i distributori di benzina, negozi, banca, parrucchieri, ristoranti e osterie. Manca forse qualche servizio di alloggio. La piazza dedicata a Colombo è meravigliosa, “sebbene sia in San Giovanni”. Si può fare molto sport in primavera-estate, poco in inverno: ecco, un po’ più di attrezzatura sportiva per la fase invernale ci manca. E, devo ammettere, anche un po’ più di coesione e partecipazione tra tutti i soggetti del territorio».

Da giornalista Calamari segnala un luogo che potrebbe davvero significare tanto per l’economia locale. «Bettola aspetta un colpo di fortuna proveniente dall’esterno per il recupero dell’istituto “San Luigi” a Roncovero. Il paese attende da anni che qua venga a stare una struttura sanitaria per anziani, una casa di cura, in grado di generare un po’ di indotto sul territorio».

Il turismo tocca solo marginalmente questo territorio. «Le migliaia di persone che ogni weekend andavano – prima del Covid - a Grazzano Visconti sarebbe bello spingerle più in su. Si mangia molto bene da noi e gli spazi dove effettuare qualche gita o escursione non mancano. Io Massimo Calamari-3consiglio sempre il monte Osero, si può fare un bel trekking. Da lì, verso sera, con un bel cannocchiale, vedi il Duomo di Milano. Al territorio dal punto di vista escursionistico non manca nulla e d’estate si sta bene».

Senza sfondare nel profano, si potrebbe valorizzare un po’ di più il Santuario della Madonna della Quercia e la cappella dell'apparizione. «Trovo incredibile che tutti sappiano delle apparizioni a San Damiano e pochi della Madonna della Quercia. Non è conosciuta, in altri territori arriverebbero i bus tutti i giorni di fedeli per vedere il luogo dell’apparizione e il nostro bellissimo santuario».

Bettola è conosciuta da tantissimi italiani per una sola cosa: è il paese natio di Pier Luigi Bersani. Quando una troupe televisiva non sa quale servizio confezionare e mandare in onda, viene a puntare i riflettori su Bettola e la sua gente, solo per questa ragione. Difficile invertire la tendenza. «Proprio così – commenta il calzolaio Massimo - quando andiamo in vacanza in giro per l’Italia siamo riconosciuti per questo. Peccato, perché nonostante la stima per la sua carriera politica, tra la Madonna e Bersani, preferirei essere riconosciuto per la prima».

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