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Migranti, la Consulta degli emiliano-romagnoli risparmia e decuplica le adesioni

All'evento in Assemblea legislativa il presidente lancia iniziativa per favorire rientri per scopi di ricerca. Dall'Emilia Romagna all'estero un milione e centocinquantamila persone in 135 anni. Inaugurata la mostra "Emigrare ieri, emigrare oggi" con documenti storici che girerà per le scuole della regione

Una gestione sobria del bilancio, una borsa di studio per favorire il rientro in Italia degli emigrati e un aiuto da inviare al Venezuela. Gian Luigi Molinari, presidente della Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo, apre con tre notizie il convegno "L'emigrazione emiliano-romagnola tra passato e presente" che si è tenuto in assemblea legislativa al termine di una tre giorni di riflessione con le associazioni e le istituzioni della regione. Tra il pubblico anche studenti delle scuole di Piacenza e Rimini che hanno partecipato a progetti dedicati all'emigrazione. Le associazioni che si occupano di emiliano-romagnoli nel mondo in questi tre anni sono passate da una decina a quasi un centinaio: «una Consulta in salute», commenta Molinari.

«Abbiamo restituito 400 mila euro alla giunta sul bilancio del 2019. Abbiamo risparmiato perché vogliamo riportare l'attenzione sui membri della Consulta e sulle loro attività piuttosto che su quelle esterne», spiega il presidente affiancato dal vice, Alessandro Cardinali. Sono ancora tanti gli emiliano-romagnoli che emigrano: da qui la proposta, presentata da Molinari in sala Guido Fanti dell'assemblea, di lanciare un bando per contrastare la fuga dei cervelli all'estero e favorire il rientro in Italia per un anno di ricerca. E per non dimenticare le comunità italiane all'estero, il presidente della Consulta si appella alla risoluzione approvata all'unanimità dall'assemblea sugli aiuti umanitari al Venezuela e chiede alla Giunta di vincolare 50 mila euro per aiutare la comunità italiano-venezuelana facilitando i rimpatri e l'invio di medicinali. Spazio anche a diplomi di benemerenza a emigrati storici: la piacentina Ilde Campolunghi in Valdatta, 85 anni, emigrata da giovane in Cile dove ha fondato una scuola e Nilda Nervi dall'Argentina.

Il dibattito tra esperti e docenti, moderato da Fabrizio Binacchi della Rai, è partito con i dati Istat e del servizio statistico regionale presentati da Fausto Desalvo (Università di Bologna). Si contano, in 135 anni, ventotto milioni di emigrati dall'Italia, di cui un milione e 150 mila dall'Emilia-Romagna. Dal 1876 al 2001 l'emigrazione dalla regione è stata inferiore rispetto a quella italiana complessiva - eccezion fatta per la provincia di Parma (a seguire, Piacenza e Forlì) che è quella che registra tassi più alti - mentre a Ferrara e Ravenna i valori sono più bassi. I nostri emigrati sono andati soprattutto in Europa (meno, a partire dal 2000) e in America. I paesi di destinazione sono Svizzera, Francia, Stati Uniti e Argentina in primis; l'emigrazione verso l'Asia e l'Africa è ancora inferiore, ma è aumentata negli ultimi anni soprattutto per il nuovo fenomeno di rientro degli immigrati stranieri.

Parla invece di «flussi circolari di migrazioni» Delfina Licata mentre presenta il rapporto della fondazione Migrantes del 2018, "flussi positivi" perché arricchiscono i paesi. Licata parla anche di diritti: «Diritto di partire, diritto di restare, diritto di tornare ma soprattutto diritto all'esistenza» spiega, aggiungendo che oggi ci sono «300 milioni di persone lontano dal paese di origine" e che esistono forme di "esistenza multisituata». 

Lorenzo Bertucelli, dell'Università di Modena e Reggio Emilia, si concentra sulla complessità del fenomeno emigratorio. «Non possiamo affidarci ad automatismi per comprendere gli sviluppi migratori e gli spostamenti delle persone», premette. «Come si spiega infatti che in due momenti di crisi mondiali profonde - negli anni '70 e negli ultimi 10 anni - gli italiani nel primo caso sono rientrati, nel secondo caso sono emigrati?». Diventa quindi fondamentale «un'analisi qualitativa del fenomeno» proprio perché spesso i motivi che spingono ad emigrare sono soggettivi, strutturali e complessi. La Lombardia e l'Emilia-Romagna, tra le regioni locomotive in Italia, sono i luoghi da dove si parte per cercare fortuna all'estero. Sembra una contraddizione, ma una spiegazione potrebbe essere proprio quella che una formazione universitaria allarga le mentalità e spinge a varcare i confini.

Sui motivi che spingono al rimpatrio gli italiani emigrati, Marco Moschetti (Università di Modena e Reggio Emilia) ha dedicato una ricerca, "Il viaggio di ritorno". Le interviste ad alcuni emigrati dell'Appennino modenese in America hanno messo in luce che se prima le ragioni per cui rimpatriare erano soprattutto economiche, dopo l'entrata dell'euro i motivi diventano sempre più soggettivi.

Dopo le testimonianze di Fabio Balboni, economista a Londra, e Valentina Imbeni che ha aperto una scuola internazionale a San Francisco, l'inaugurazione della mostra “Emigrare ieri, emigrare oggi” con foto, cartoline, testimonianze ed oggetti degli emigrati italiani. A tagliare il nastro, Alessandro Cardinali con gli ex presidenti della Consulta, Ivo Cremonini e Silvia Bartolini, e il presidente dell'istituto Fernando Santi, Stefano Salmi. «Una mostra itinerante - annuncia Cardinali - che siamo felici di poter portare anche nelle scuole emiliano-romagnole».

 «Le foto esposte - aggiunge Santi - ci mostrano quello che i nostri antenati hanno sofferto andando all'estero - penso alla tragedia di Marcinelle in Belgio - e quello che i migranti di oggi soffrono venendo da noi».

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