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Montagna e alta collina sono il 68% della superficie italiana e una miniera di occupazione

Occorre prima un recupero di forza lavoro, subito digitalizzazione, viabilità, trasporti, asili e scuola dell’obbligo, medico e farmacia

Montagna, facile parlarne. Ricordate le Comunità Montane? Avevano senso negli anni 1960-1990, ma oggi? Non è errato istituire un tavolo tecnico-scientifico sulla montagna (spero non politico… come nelle enunciazioni) ma l’obiettivo deve essere rivolto alle “persone” e non alle cose. Quello che la forte e dirompente crisi economica globale (e nazionale in particolare dal 2008 ad oggi) insegna, è che il PIL cresce solo se si attua una politica locale e nazionale impostata sulla “persona fisica”, di conseguenza la persona giuridica. 

La strada politica da seguire oggi, visto lo stato demografico e il welfare, è quella fare in modo che il consumatore abbia strumenti e mezzi per poter creare i propri consumi e la propria vita, compreso quello di costituire una impresa o una azienda.

Gli adeguamenti non servono. C’è bisogno di una legiferazione più semplice e adattabile con velocità, ma che preveda chiari responsabili, controlli continui, sanzioni a chi non fa o fa male. In Italia su 8100 comuni, 4250 sono in aree svantaggiate, così definite per legge, pari al 55% del suolo totale, 13 milioni di residenti pari al 20% del totale, con 50 ab/kmq contro i 200 ab/kmq in pianura. In questo contesto “difficile” per condizioni naturali in balia dei cambi climatici e ambientali repentini naturalità, ma con un paesaggio culturale e una potenzialità unica, ancora oggi giugno 2021 circa 1800 comuni hanno un tasso internet e di fruizione della tecnologie digitali pari a circa il 10-15% rispetto ai comuni di pianura nazionali, con ricezione Tv e cellulari solo grazie ai ponti radio: in Italia oggi 500.000 abitazioni non sono raggiunte da segnale. Dal 2003 esiste un appalto già assegnato sempre alla società Openfiber, pubblica, con una dotazione pre-covid di 7 miliardi di euro già assegnati. Eppure...10 milioni di abitazioni ancora in attesa della fibra.

Un esempio concreto è vicino a Piacenza, riguarda l’appennino emiliano-ligure, località Gorreto, stupenda, a 30 minuti di auto da Genova, con i 15 comuni montani limitrofi con ancora 50/60.000 residenti quasi tutto l’anno, eppure spesso non hanno la connessione del telefono fisso. Mancano le poste, un bancomat, un medico. Territori e paesaggi incontaminati, pascoli e prodotti tipici, ma impossibilità di fare impresa. La pandemia poi ha accentuato ancor più la lontananza.

La cura del suolo di montagna è una garanzia e una sicurezza anche per chi sta a valle e in città: non si può fare la gita in montagna quando tutta la cura e la manutenzione è sulle spalle di chi resiste, di chi ha un reddito insufficiente e precario, non ha servizi basilari e un welfare sicuro, non può fare impresa. Oggi assistere impotenti a un altro spopolamento della montagna e dell’appennino, sarebbe un danno sociale e civile di dimensioni bibliche. Occorre prendere una decisione di “rifondazione” di una comunità che vive e lavora in modo stabile, con il reddito giusto, in quelle terre bellissime per tutti, ma che qualcuno “quotidianamente” deve presidiare, curare, allevare, coltivare, pulire e tenere in sicurezza. Tutta la società nazionale “ed europea” deve tener conto e privilegiare questa condizione naturale come una risorsa da sfruttare in termini di ecosostenibilità, di baluardo dell’inquinamento, di mantenimento. La criticità “glocal” non si risolve con qualche contributo a fondo perduto per l’acquisto di un rudere o per ristrutturare la casa dei nonni ereditata. C’è bisogno di un piano nazionale: il 68% del territorio italiano è montano-collinare. Per Comuni di 1000 abitanti e sotto i 3000 residenti è impossibile dare servizi di anagrafe, farmacia, scuola primaria, viabilità, acquedottistica, viabilità e salvaguardia del suolo. La istituzione pubblica, sia essa comunale o regionale, ha l’obbligo di intervenire a fronte di tasse e tributi pagati. C’è bisogno che i comuni piccoli si aggreghino, si fondano. Il mondo agricolo, in montagna e alta collina, può e deve essere il vero motore. L’Europa con i fondi Pac sostiene l’agricoltura europea ma i parametri, le misure, gli indici di intervento non possono essere identici fra l’azienda agricola di 1000 ettari nella piana belga-olandese-franco-tedesca e quella di 10 ettari sulla montagna dell’appennino tosco-emiliano composta di boschi, pascoli per animali, orto e cereali con pendii pericolosi, calanchi. Il Next Generation EU è una opportunità che deve andare oltre il congelamento delle imposte e qualche sgravio fiscale per 6 mesi (!) per chi assume e per chi crea una impresa che dura anni, da una solidità al lavoro, garantisce un altro reddito a chi magari fa già l’allevatore, il coltivatore, il mugnaio, il farmacista. Occorre un PNRR che preveda un sostegno a chi risiede, ma lavorando in loco.  Un PNRR per Monti&Colli non deve prescindere da una progettualità a 360 gradi, con Stato-Regioni insieme per dare una strategia nazionale ma proporzionata ai bisogni e benefici, che attiri e dia fiducia “vitale” alle nuove e vecchie generazioni. Vivere e lavorare in “montagna” non vuol dire pretendere un reddito gratis, non vuol dire trovare un rifugio per non produrre e impegnarsi…bensì il contrario: il lavoro c’è già fra tutela e servizi ambientali per tutta la collettività, molti lavori possono nascere e integrare quelli legati alle produzioni di nicchia. Meglio che stato-Regioni remunerino un lavoratore esistente in un luogo vulnerabile e difficile, che svolge anche un servizio per la salute e la sicurezza dell’intera vallata o collettività piuttosto che garantire un reddito senza che ci sia o si cerchi un qualsiasi lavoro.  

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