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Napoleone Wargame: il prezzo del trionfo

Conferenza per la presentazione di un libro su Napoleone sulla base degli atti di un precedente congresso di almeno dieci mesi fa, tenuto nell’ex chiesa di Sant’Ilario dove la figura del grande corso era stata trattata con dovizia di particolari fatti di elementi storici, tutti di grande attendibilità scientifica. Per di più arricchita da una coreografia di soldati d’epoca con sgargianti uniformi, che davano all’evento un tocco di retrò suggestivo e coinvolgente.  Stavolta invece la sede è situata presso l’aula magna della nostra biblioteca. Luogo ideale per questa manifestazione in quanto avvolti da ampie e alte scaffalature contenenti libri antichi e incunaboli che suscitano sempre un timore reverenziale, misto ad un senso di comune appartenenza, si matura l’esatta convinzione di essere stati invitati nel posto giusto. Fortunatamente l’ampia sala è occupata quasi per intero da un pubblico silenzioso, dunque motivato. Guardo intanto il lungo tavolo dove sono seduti i relatori che enumero da sinistra a destra. Il primo che svolge il ruolo di moderatore e di stimolo culturale è l’amico Maurizio Dossena. Segue poi Carlo Emmanuele Manfredi, Massimo Polledri. Tagliaferri e per ultimo Corvi Mora. Ore 11 e un quarto, comincia il dibattito con Il moderatore Dossena che rivolge i complimenti al gruppo di Progettazione e al Comitato scientifico che hanno svolto un lavoro importante con persone diverse ed anche con competenze diverse. Le quali messe a lavorare insieme, hanno prodotto un libro di vera divulgazione e, in aggiunta, di informazione corretta. La parola passa poi al coordinatore dei lavori, Polledri. Elegante nella figura e nel modo di esprimersi, inizia con un tono fra il sarcastico ed il serioso chiedendo al pubblico, ragione del titolo: Napoleone wargame. Cos’è si chiede, è forse un gioco da bambini o cosa? In realtà -continua recuperando il tono serio- può anche essere un gioco, ma estremamente carico di simbolismo. Perché nella storia, nel periodo che va dal 1796 al 1816, si è verificato un cambiamento quasi paragonabile a quello di Cristo, caratterizzato in entrambi i casi da un prima e un dopo. Un cambiamento che ha riguardato tutta l’Italia, dove alle imposizioni di Napoleone legate alla tassazione della dimensione delle finestre, alla coscrizione obbligatoria e alla posizione antireligiosa, si sono create reazioni popolari contro il dittatore con 300 mila insorti e conclusasi con almeno 40 mila morti fra gli stessi. Anche Piacenza allora una città di 30 mila anime e di circa 3 mila preti, è stata interessata dalle lotte antinapoleoniche ed i morti da noi accertati sono 41. Con Napoleone non si contano-continua il relatore- le distruzione di un’infinità di chiese, ma non il collegio Alberoni per la furbizia dei suoi seminaristi che presentarono il loro impegno scolastico tutto rivolto alla studio militare e furono risparmiati dal saccheggio. In sostanza quale è il giudizio di Polledri su Napoleone? Duplice ma al ribasso. Perché se ha avuto il merito di istituire il codice del diritto che prende il suo nome, in realtà è stato, pur nell’ambito delle sue grandiose imprese militari, un uomo forte con un’idea altrettanto forte della stato. Per questo motivo una figura, la sua, non pienamente apprezzabile. È l’ora di Corvi Mora che dà di Napoleone una valutazione non tanto politica o militare, ma solo in chiave spirituale o meglio  religiosa. Queste le parole che mette in bocca al grande francese: onorare l’imperatore equivale ad onorare Dio. E ancora. Nella religione non c’è l’incarnazione ma solo l’ordine sociale Infine: se un tempo c’erano due poteri quello militare e quello ecclesiastico, ora c’è solo il potere del popolo e del corpo dei magistrati, ma il giudice supremo sono solo io. In qualità di nuovo Dio, Napoleone si pone allora  il desiderio di garantire la sua dinastia con l’istituzione di nuovi principi o re. Cosi accadde al fratello maggiore Giuseppe nominato re di Napoli. Quindi alla sorella Paolina già principessa Borghese, sistemata a governare il ducato di Guastalla. Per ultimo toccò all’altra sorella Carolina, moglie di Marat, diventata regina di Napoli. Per finire quale il suo giudizio su Napoleone. Una calamità, la implicita risposta. Sia perché mosso esclusivamente dai suoi  interessi  personali, esercitando il potere con tasse su tasse. Sia perché ha contrapposto la cultura cristiana con il suo modo di fare fondamentalmente laico e quindi anticristiano. Per questo il giudizio è assai negativo, causa fra l’altro la ferocia dimostrata contro i suoi oppositori. A lui si deve infatti la distruzione del paese di Mezzano Scotti e di Pianello con l’uccisione dei due rispettivi parroci.  La passionale relazione Di Corvi Mora, si chiude, auspicando per le vittime di Napoleone e per tutti gli insorti dimenticati dalla storia, l’intitolazione a Piacenza di una via o di una piazza e come ricordo di una lapide a memoria del loro sacrificio.  Annuisce Dossena dimostrando di condividere la relazione. Il testimone passa ora a C. Emanuele Manfredi che tocca il tasto nostalgico nei confronti della biblioteca, in cui ha trascorso come uomo di studio almeno 30 anni della propria vita. Quindi si complimenta con la dottoressa Poli, presente in aula, per il suo incarico di Presidente della Deputazione di Storia Patria, sezione di Piacenza, affronta poi l’argomento degli insorti quasi dimenticati dalla storiografia di casa nostra con l’unica eccezione forse di Giarelli. Una reazione di popolo questa degli insorti, che ha interessato tutta l’Italia dalle alpi alla Calabria e che è stata spesso liquidata  come  rivolta di semplici montanari o addirittura di briganti. Una dimenticanza che si è mantenuta anche dopo la restaurazione. Il perché? Forse la ragione di Stato. Quella che vedeva insediata nel ducato di Parma e Piacenza, l’arciduchessa Maria Luigia ex moglie di Napoleone che verosimilmente non se la sentiva di parlare male dell’ex marito già esiliato e vinto. Lo stesso disinteresse, capitò con la dinastia dei Borbone, almeno fino al 2006, quando l’ultimo discendente di questa nobiltà, venuto come sua abitudine a Piacenza (così faceva almeno una volta l’anno), ebbe modo di ricordare con una decorazione la memoria dei due  parroci uccisi a Mezzano Scotti e a Pianello.  Finita  questa  relazione interviene Dossena ,sempre puntuale e preciso  nelle sue osservazioni, ricordando che la storia deve essere onorata con fare scientifico. A questo proposito cita la compagnia teatrale: La Maschera di Cristallo per una  sua rappresentazione scenica, fatta appunto  sul tema, in chiave scientifica. Ed ora il cosiddetto bastian contrario W. Tagliaferri, presentato da Dossena sia come cultore napoleonico , sia come collezionista  di reperti del grande imperatore. Tanto che prevedendo una relazione in controtendenza, il moderatore la rende comunque accettabile, in base a due principi: la vocazione al contributo dialettico anche verso posizioni diverse e la stima verso l’amico considerato competente e di grande onestà intellettuale. Comincia così l’ultima relazione della mattinata, con il personaggio  in questione che si erge in piedi e parla in modo rilassato e semplice senza nessun atteggiamento dottorale. La cosa lo rende subito simpatico anche perché adotta un modo di procedere di serena e perspicace provocazione, col dire: non credo che Napoleone odiasse il Papa se lo ha portato con sé a Parigi. Ilarità. E ancora. Non credo nemmeno che sia stato contrario alla religione, se esiste una chiesa intitolata a San Napoleone. Sorrisi in sala.  Seguono poi altre considerazioni controcorrente del tipo: gli insorti italiani forse non erano consapevoli di quello che facevano. Infatti erano uomini semplici (o briganti?) perché nessun borghese o nobile ha mai fatto parte delle loro proteste. Poi per quanto riguarda la distruzione di chiese da parte dell’esercito napoleonico, cita una testimonianza storica del prete di Tuna che sosterrebbe il contrario.  Poi due constatazioni: in guerra gli eserciti sono tutti uguali in fatto di violenza o di stupri. Riporta poi la frase di disse Cosimo de’ Medic, secondo cui le guerre non si fanno coi Pater noster. Qual è allora il suo giudizio di Tagliaferri su Napoleone?  Non lo dice in modo esplicito, ma l’aria è quella di ritenersi molto soddisfatto. Perché se Napoleone è stato il becchino della rivoluzione, ha creato, con spirto messianico, una nuova classe nobiliare. Sostituendo la vecchia con quella dei suoi generali. Conferendo ai suoi soldati tante legioni d’Onore in base al merito. In sostanza Napoleone è stato un grande comunicatore paragonabile, fatte le debite proporzioni, con gli attuali fruitori di internet.  Allora rappresentata dalle stampe, dalle incisioni, dai quadri del David , tutti inneggianti le sue imprese eroiche. Per finire altri meriti indiscussi, sono l’istituzione del codice del diritto con il risultato di dividere quello civile da quello penale. E la fondazione della Scuola Normale di Pisa istituita per creare una classe dirigente per il paese. Per ultimo cita l’esiliato di Sant’Elena che poco prima della morte disse di sé: sono stato soltanto un uomo.  Intanto si sono fatte le dodici e trenta e la conferenza si chiude con l’ultimo appello del moderatore Dossena , che riferendosi al presente e a quante cose ci sarebbero ancora da dire sulla figura di  Napoleone, auspica un futuro in grado di colmare queste lacune. Chiusi i lavori, passo nella  contigua sala dove sono esposti, quasi fosse un museo. tantissimi reperti napoleonici.  Cosicché fra stampe, libri, piatti d’epoca e non, statuette e monete commemorative,  ci si riempie di  quello stupore  che fa quasi rivivere in noi, l’epopea del grande imperatore francese. 

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