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«Nei campi della Bassa le leggende vengono con l’acqua»

Il Grande Fiume e Giovannino Guareschi: nel cinquantesimo della sua scomparsa lo scrittore bassaiolo è stato ricordato in tanti modi nella sua terra. Nel suo “Mondo piccolo” in poco tempo si passa dalle alluvioni ai periodi di grande siccità: è la Bassa, con i suoi problemi

In seguito si ritrae e d’estate rende i campi agricoli vittime della siccità, altra piaga che danneggia il lavoro agricolo nei campi. Senz’acqua, che la gente del Mondo piccolo con grande operosità sanno convogliare, le coltivazioni sono in difficoltà.

Il fiume era calato e la corrente diminuiva continuamente di forza[11]

Il grande fiume aveva esaurito la sua mattana e le acque, arrivate a lambire la base dell’argine maestro, si erano ritirate. Ai piedi della don-camillo-e-peppone-750x400-2discesa che, dalla strada dell’argine, portava a un fienile della zona golenale, affiorarono dal fango due motociclette[12].

Oppure accade il contrario: il fiume d’improvviso prende a regalare terra e un poveretto che possedeva, tra l’argine e il fiume, una strisciolina di cinque o sei biolche di pioppeto, si trova a un tratto padrone d’un grande e grasso podere[13].

Alla terra del beneficio parrocchiale il fiume giocò lo scherzo del primo tipo e smise di mangiar terra soltanto quando fu arrivato a una decina di metri dal fabbricato colonico che stava addossato all’argine e che nessuno volle più abitare[14]

Il grande fiume scorreva placido e non soffiava vento[15]

In certi periodi l’acqua viene anche a mancare e i campi hanno sete. Dopo gli affanni per il grande fiume gonfio d’acqua, sopraggiunge l’ansia per la secca del corso, che impedisce all’agricoltura di andare avanti con regolarità.

«Se almeno poteste far piovere un po’ la campagna è secca, i bacini delle centrali sono vuoti». «Pioverà, pioverà, don Camillo» lo rassicurò il Cristo. «È sempre piovuto da che mondo è mondo.  La macchina è combinata in modo tale che, a un bel momento, deve piovere. O sei del parere che l’Eterno abbia sbagliato nell’organizzare le cose dell’universo?»[16].

D’estate, quando la siccità asciugava i pozzi, e sotto le vampate di sole, le foglie degli olmi prendevano il colore del bruciaticcio e i prati si spelacchiavano, alla Badia l’erba medica, fresca e grassa, arrivava fino a metà gamba[17].

Questo succedeva perché la terra della Badia era ladina e sentiva poco l’asciutto, ma soprattutto perché il podere – una striscia di settecento metri per cinquecento – aveva il lato più lungo disteso a piè dell’arginetto del canale Rovaccia – poca o tanta – acqua ce n’era sempre e, sotto sotto, ristorava i campi attraverso i quali passava. (…) Non ci misero molto ad arrivare al boschetto di pioppi in mezzo al quale si nascondeva la «cosa meravigliosa». Rivista così, in un pomeriggio domenicale dicembrino, la «cosa meravigliosa» risultò più che altro una grande pozzanghera di acqua marcia. Ma il giovanotto e la ragazza ci trovarono un sacco di cose belle. E, siccome l’argine era vicino, dopo aver rimirato il laghetto vollero salire sull’argine. (…) «Lo può bere. E poi, qui, l’acqua non è molto sicura a berla cruda. Pozzo vecchio a camicia che arriva appena appena alla falda superficiale»[18].

 

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