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Taglio guardie mediche / Ferriere

«No confusione nell'ordinanza di Ferriere ma nella copertura sanitaria del servizio pubblico»

Lo scrivono in una nota gli esponenti del Coordinamento provinciale dei comitati su salute e medicina territoriale: «Urgente un serio confronto sulle scelte di investimento per i prossimi anni»

«Per la Prefettura crea confusione il documento del sindaco di Ferriere che vieta di ammalarsi? No, la provocazione è una denuncia di questa confusione, legata alla carenza di personale, che certamente nasce dall'emergenza Covid, ma anche da anni di politiche di taglio alla sanità, di tetti (nazionali e regionali) alle assunzioni, da anni di “numero chiuso alle facoltà di medicina, da condizioni contrattuali che hanno portato migliaia di giovani medici ed infermieri diplomati a cercare lavoro all'estero o nella sempre maggiore presenza della sanità privata». Ne sono convinti gli esponenti del Coordinamento provinciale dei comitati su salute e medicina territoriale, dopo che la Prefettura di Piacenza aveva “tirato le orecchie” al sindaco del Comune Valnurese Carlotta Oppizzi, per aver pubblicato un documento con il quale vietava alla popolazione di ammalarsi per la mancanza di medici in seguito all’accorpamento della guardia medica con quella di Bettola. Lo ricordiamo, per la Prefettura il documento pubblicato sulla pagina Facebook del Comune e che ha avuto ampia risonanza mediatica, «non è un un'ordinanza sindacale, se non nell'aspetto, ma ha carattere puramente comunicativo» e creerebbe confusione tra la gente.

Così “denunciano” dal Coordinamento dei comitati sorti in difesa della sanità piacentina: «Il Piano sociosanitario provinciale, approvato nel 2017, mostra limiti periodicamente sottolineati da diverse amministrazioni locali - quando devono rendere conto ai loro cittadini delle ricadute negative di questo piano sulla loro realtà locale -, e che lo stesso Ministro Speranza, nella sua ultima visita nel Piacentino aveva denunciato come “Jurassico”. Peccato che poi nulla si sia mosso concretamente per rimettere veramente mano a quel piano sociosanitario, tutt'ora in vigore, che richiederebbe invece una urgente revisione, soprattutto sulla rete ospedaliera, sulla medicina territoriale e sulla effettiva integrazione tra i due livelli».

Secondo gli esponenti dei comitati «oggi l’urgenza è quella di riaprire un serio confronto sulle scelte di investimento per i prossimi anni. Di fronte alle fragilità con cui oggi ci confrontiamo non serve affidarsi solo al progetto di nuovo ospedale, per altro pronto se va bene fra non meno di 10 anni (con conseguente riconversione e ridimensionamento degli altri), ma rimettere subito in condizioni di operare al meglio i quattro centri sanitari (ospedali di Piacenza, Castel San Giovanni, Fiorenzuola, Bobbio) attorno a cui creare quella rete di medicina territoriale che non può basarsi solo sulla presenza dei medici di medicina generale».

«La confusione vera, quella che andrebbe risolta – prosegue la nota -, nasce dalla riduzione della copertura sanitaria del servizio pubblico, che non è causata solo dall'emergenza Covid (semmai l'ha resa ancor più evidente), ma da scelte nazionali, regionali, di piano provinciale che bisogna avere il coraggio di cambiare. Sappiamo ora che il prossimo 11 gennaio è convocata una seduta della conferenza sociosanitaria provinciale con all'ordine del giorno una prima discussione sull'utilizzo dei fondi del Pnrr e una risposta alle recenti polemiche sulle guardie mediche sospese e sul pronto soccorso di Castel San Giovanni. C'è da augurarsi che in questa seduta si provi ad aprire ad una visione più generale capace di ripensare al piano provinciale per portarlo a rispondere più direttamente ai bisogni che il territorio esprime, oggi (potenziando le strutture già esistenti) e non fra 10 anni (con un nuovo ospedale che concentrerà sul solo capoluogo la maggior parte degli interventi)».

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